Export vinicolo 2021: i dati, pubblicati a marzo 2021 e relativi all’anno 2020, segnalano una sostanziale tenuta – di fronte all’emergenza Covid – dell’export italiano nel settore vini.
Le elaborazione Ismea e Uiv (Unione Italiana Vini) sui dati Istat, pubblicate nel marzo del 2021, segnalano – per l’anno 2020 – un export vinicolo italiano che scende in valore soltanto del 2,3% rispetto al 2019, per un totale di 6,285 miliardi di euro. Un -2,3% che è in realtà un ottimo risultato, in piena pandemia, rispetto ai nostri maggiori competitor, ovvero la Francia (che nel 2020, rispetto al 2019, ha perso il 10,8% in valore nelle esportazioni di vini, per un totale – comunque superiore al dato italiano – di 8,7 miliardi di euro), e la Spagna (-3,2% nel 2020 sul 2019). Per quanto riguarda le quantità di vino esportate, nel 2020 – con un calo soltanto del 2,4% rispetto al 2019 – l’Italia, con oltre 20,8 milioni di ettolitri, si attesta come il Paese leader mondiale, davanti alla Spagna. In un contesto nel quale il Made in Italy, nel suo complesso, ha subito una contrazione del 9,7% nelle esportazioni (nel 2020 rispetto al 2019), i risultati del settore vinicolo appaiono dunque, in senso relativo, brillanti.
Per quanto riguarda i diversi comparti del mondo wine, il 2020 è stato un anno relativamente buono per i vini Igp (+1,2% di export rispetto al 2019, per un totale di 1,5 miliardi di euro), per i vini fermi in bottiglia (-1,5%, per un controvalore di 3,9 miliardi) e per i vini Dop (-2,9%, per un totale di oltre 4 miliardi di euro esportati nel 2020), mentre le perdite sono più significative per gli spumanti (-6,9%) e per i vini comuni (-5,3%).
Per quanto riguarda i mercati di sbocco del vino italiano, nel 2020 si registra per i nostri vini addirittura una crescita dell’export in ambito Ue (+0,7% nel complesso e +3,9% in Germania), una perdita relativamente contenuta sul mercato Usa (-5,6%, con i vini italiani esentati dai dazi di Trump) e in Russia (-3,6%), e invece un calo più significativo in Gran Bretagna (-6,4%), e soprattutto in Cina (-26,5%) e in Giappone (-15,5%).
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