Pasticcerie: Confartigianato chiede che venga consentita la riapertura, ravvisando una discriminazione rispetto ai negozi di alimentari e alla Grande Distribuzione.
In questo periodo di emergenza Coronavirus gli addetti ai lavori e le associazioni di categoria si interrogano ogni giorno sulle ragioni che spingono il governo italiano a consentire l’apertura di alcune attività e non di altre. Il florovivaismo, per esempio, è esentato dai divieti, per cui fiori e piante possono essere venduti – oltre che in ambito Gdo – anche dai fioristi e da tutti i negozi specializzati. Nel caso del comparto dei dolci e prodotti da forno, invece, il ragionamento del legislatore è stato diametralmente opposto: i dolci oggi sono normalmente in vendita nei negozi di alimentari e nei supermercati, che sono normalmente aperti, mentre non posso essere venduti dalle pasticcerie, a cui è stata imposta per legge la chiusura. Secondo Confartigianato questa impostazione è sbagliata e le pasticcerie, che vendono prodotti alimentari a tutti gli effetti, dovrebbero avere la possibilità di rimanere aperte.
Questo il comunicato stampa di Confartigianato Alimentazione: “la chiusura e lo stop alla produzione e alla vendita delle pasticcerie artigianali, anche attraverso la modalità di asporto, comporterà, per il 70% delle 24 mila imprese di settore, con 74 mila addetti, perdite pari a 652 milioni di euro. C’è un’assurda discriminazione rispetto ai negozi di alimentari e alla grande distribuzione, ai quali è invece permessa la commercializzazione di prodotti dolciari. Ci sono incomprensibili disparità di trattamento tra attività con Codici Ateco diversi ma produzioni simili. Siamo i primi a rispettare le regole per difendere la salute dei cittadini, ma non accettiamo un’interpretazione delle norme che si traduce in una palese ed assurda penalizzazione delle pasticcerie pure a vantaggio di altre attività che vendono prodotti di pasticceria. Così si colpiscono le nostre aziende e si nega libertà di scelta ai consumatori“.