Glifosato: tra molte polemiche e nonostante la contrarietà di 9 Paesi Ue (tra cui Italia e Francia) il Parlamento europeo – guidato dalla Germania – ha rinnovato l’autorizzazione all’uso dell’erbicida fino al 2022.
Si è parlato molto del glifosato negli ultimi mesi, e la petizione Stop Glyphosate (che è una cosiddetta Ice – Iniziativa dei cittadini europei, cioè una mobilitazione popolare per chiedere alla Commissione Ue di modificare una legge) ha raccolto più di un milione e 300mila firme. Il glifosato è un erbicida, ovvero un diserbante che elimina le erbe infestanti. La molecola è stata sintetizzata negli anni Cinquanta nei laboratori della Cilag, e negli anni Settanta la Monsanto ha brevettato un prodotto a base di glifosato per uso agricolo mettendolo in commercio con il nome di Roundup. Dal 2001 il brevetto è scaduto e il glifosato è prodotto oggi da molte aziende (anche se la Monsanto resta leader di mercato) ed è l’erbicida più utilizzato nel mondo, sia in agricoltura sia nei giardini e negli ambienti urbani, per liberare strade e ferrovie dalle erbacce.
A partire dal 2012 è iniziato nella comunità scientifica un dibattito scientifico sulla tossicità del glifosato. Nel 2015 è arrivato il responso dell’IARC (l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro), che ha inserito il glifosato nella lista delle sostanze “probabilmente cancerogene” (categoria 2A). E’ bene precisare a questo proposito che nella stessa categoria sono inclusi – per esempio – le emissioni da frittura in oli ad alta temperatura, le carni rosse, le emissioni prodotte dal fuoco dei camini domestici alimentati a legna, le bevande bevute molto calde e l’esposizione a sostanze chimiche utilizzate nell’attività di parrucchiere. La categoria 2A include – in generale – quei prodotti la cui cancerogenicità ha una “evidenza sufficiente riscontrata negli animali ma evidenza limitata riscontrata nell’uomo”, e che non vanno confusi con i prodotti dimostrati come potenzialmente cancerogeni in termini direttamente causali (categoria 1A, che include per esempio il fumo, l’esposizione al sole, le carni trattate e gli alcolici). Sempre nel 2015 è arrivato il pronunciamento dell’Efsa (l’Autorità europea per la sicurezza alimentare), che ha dichiarato che “è improbabile che il glifosato costituisca un pericolo di cancerogenicità per l’uomo”. Infine nel 2016 un’analisi congiunta dell’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) e della Fao (Organizzazione delle Nazioni Unite per il cibo e l’agricoltura) ha chiarito che “è improbabile che il glifosato comporti un rischio di cancro per l’uomo come conseguenza dell’esposizione attraverso l’alimentazione”.
Nel frattempo associazioni ambientaliste, giornalisti e associazioni per i diritti dei consumatori hanno sollevato dei dubbi, e hanno continuato a sostenere la tossicità del glifosato sia per la flora, la fauna e gli ambienti naturali, sia per la salute dell’uomo (per i residui che restano nei cibi ma soprattutto per chi lavora in agricoltura ed è esposto massicciamente all’uso della sostanza). Da una parte è stata sottolineata l’inusuale somiglianza tra il rapporto dell’Efsa che assolve il glifosato e i dossier presentati dalla Monsanto e si sono avanzati dubbi su possibili connivenze tra multinazionali e organismi internazionali, dall’altra si è fatto notare che gli studi degli organismi internazionali hanno considerato la semplice molecola del glifosato, mentre i prodotti contenenti glifosato che sono in commercio contengono talvolta dei coformulanti che potrebbero avere caratteristiche di mutagenicità. I singoli Paesi europei sono dunque intervenuti con leggi proprie. In Italia l’intervento è arrivato nell’estate 2016 con un Decreto del Ministero della Salute che stabilisce che gli erbicidi a base di glifosato sono vietati nelle zone “frequentate dalla popolazione o da gruppi vulnerabili quali parchi, giardini, campi sportivi e zone ricreative, aree gioco per bimbi, cortili e aree verdi interne a complessi scolastici e strutture sanitarie”. E sempre il Ministero della Salute, nel novembre del 2016, ha vietato i prodotti che contengono ammina di sego polietossilata accoppiata al glifosato, combinazione che è considerata potenzialmente tossica per l’uomo.
L’Unione Europea ha rimandato per anni una decisione, e il voto del Parlamento Europeo è arrivato finalmente in data 27 novembre 2017: l’uso del glifosato continua ad essere autorizzato in area Ue fino al 2022, data in cui ci sarà una nuova votazione. Per altri cinque anni dunque gli erbicidi a base di glifosato continueranno ad essere utilizzati, e possono essere limitati (come ha fatto l’Italia) ma non vietati dagli Stati membri. Contro la decisione hanno votato nove Paesi Ue: Italia, Francia, Belgio, Grecia, Ungheria, Lussemburgo, Lettonia, Cipro e Malta. Il Portogallo si è astenuto, mentre a favore del glifosato hanno votato gli altri 18 Paesi Ue, guidati dalla Germania, accusata dagli ambientalisti di voler fare un favore alla multinazionale tedesca Bayer, che è impegnata nel tentativo di acquisizione della Monsanto, l’azienda leader di settore. In Italia contro il glifosato si è pronunciata la Coldiretti, mentre a favore si sono schierate Cia (Confederazione italiana agricoltori) e Confagricoltura. Al momento non esistono sul mercato alternative meno tossiche del glifosato per le aziende agricole. Tra cinque anni si vedrà.
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