Si chiama NanoTracer, viene dall’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova, ed è un test genetico che consente di smascherare le frodi alimentari.
C’è una grande novità sul fronte dell’innovazione e della tecnologia Made in Italy nell’ambito della lotta alle truffe, contraffazioni e frodi agroalimentari. Il progetto NanoTracer – portato avanti dal gruppo Nanobiointeractions & Nanodiagnostics dell’Istituto Italiano di Tecnologia (Iit), in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano Bicocca – è stato illustrato in uno studio pubblicato sulla rivista internazionale Angewandte Chemie. NanoTracer è un test genetico semplificato che consente una tranciabilità genetica dei cibi. Con una strumentazione minima, un investimento decisamente low cost (circa 10 euro a test) e un tempo di sole due ore, diventa possibile individuare i “codici a barre genetici” dei cibi, cioè le parti di Dna che individuano univocamente una specie. Con il test NanoTracer si può capire – per esempio – se un pangasio è stato spacciato per pesce persico, se lo zafferano è puro o è stato mischiato ad altre spezie meno nobili, e può essere facilmente smascherata qualsiasi altra truffa o frode alimentare consistente nell’utilizzo di prodotti di derivazione animale o vegetale diversi da quelli dichiarati.
Non si sa ancora quando NanoTracer potrebbe arrivare sul mercato. La tecnologia è potenzialmente utilizzabile anche da personale non specializzato, e potrebbe certamente essere sfruttata dalle aziende che hanno laboratori di controllo qualità, dai produttori che vogliono controllare in tempo reale gli ingredienti che stanno acquistando, dal canale Gdo per il controllo della merce che viene messa in vendita sugli scaffali, e da buyer e rivenditori all’ingrosso e al dettaglio in Italia e in tutto il mondo.. Dopo la cosiddetta “Tac dell’olio di oliva” – di cui abbiamo parlato un paio di anni fa qui su Universofood – con NanoTracer l’innovazione italiana in ambito food compie un altro importante passo in avanti.