È l’italiano Enrico Crippa – chef del ristorante tristellato Piazza Duomo di Alba (Cn) – il migliore chef del mondo secondo l’Académie Internationale de la Gastronomie, che ha assegnato a Crippa per il 2017 il massimo riconoscimento Gran Prix de l’Art de la Cuisine.
Il premio, che a partire dal 1990 viene assegnato ogni anno a Parigi al cuoco ritenuto ai vertici della cucina contemporanea, è considerato dagli addetti ai lavori come una sorta di Premio Nobel dell’alta cucina. Prima di Crippa sono quattro gli italiani ad aver vinto il Gran Prix de l’Art de la Cuisine: Giorgio Pinchiorri (con Annie Feolde, nel 1993), Nadia Santini (nel 1998), Alfonso Iaccarino (nel 2000), e naturalmente – nel 2010 – Massimo Bottura, che con l’Osteria Francescana di Modena è al primo posto della classifica The World’s 50 Best Restaurants ed è al vertice delle classifiche delle guide italiane di settore.
Enrico Crippa, migliore cuoco del mondo 2017 secondo l’Académie Internationale de la Gastronomie, è lo chef del ristorante Piazza Duomo di Alba, in provincia di Cuneo, che è uno degli otto ristoranti italiani con Tre Stelle Michelin (gli altri sono: Osteria Francescana, Le Calandre, Da Vittorio, Dal Pescatore, Enoteca Pinchiorri, La Pergola, Reale). Il ristorante Piazza Duomo è – dopo l’Osteria Francescana di Massimo Bottura – il secondo ristorante italiano nella classifica The World’s 50 Best Restaurants (al diciassettesimo posto assoluto) e il secondo ristorante migliore d’Italia nella classifica comparativa delle guide italiane di settore (Michelin, Gambero Rosso, Touring, L’Espresso).
Intervistato da Reporter Gourmet, Enrico Crippa ha commentato così la vittoria al Gran Prix de l’Art de la Cuisine 2017: “che dire? Non conosco ancora data e luogo della cerimonia, ma sono molto contento. Fra i premiati delle scorse edizioni ci sono mostri sacri della cucina mondiale quali Blumenthal, Adrià, Roca, Keller, Michel Bras… Solo leggere questi nomi mi riempie di orgoglio. Per chi fa il cuoco, un premio che ha una simile denominazione in francese ha tutto un altro sapore. A maggior ragione per chi ha formato gran parte della sua cucina oltre confine. Mi riferisco al mio stage da Michel Bras, da cui purtroppo non sono riuscito a lavorare: mi ha trasmesso i concetti di vegetale e di orto che sto portando avanti, letteralmente sul campo. E anche a Christian Willer, cui devo l’impostazione del lavoro artigianale nella battaglia, se così si può dire. Anche se continuo a sentirmi figlio innanzitutto di Marchesi, che mi ha chiamato per farmi i complimenti, un gesto che mi ha emozionato. È stato il primo chef con cui mi sono confrontato anche in astratto, non solo cucinando; mi ha fatto capire tante cose, che un cuoco deve conoscere il bello e avere un suo stile nel piatto. Questo premio lo dedico a loro, ma anche alla famiglia Ceretto, a tutti i miei ragazzi, alla mia famiglia e a mia mamma Adriana, che adesso ha comprato il tablet e mi segue passo passo. Cosicché sicuramente mi chiederà presto che premio mi hanno dato. Adesso siamo nel periodo più complicato dell’anno: due o tre settimane di vuoto, quando gli ospiti non hanno più voglia di piatti invernali, ma ancora manca la materia della primavera, in attesa della rinascita di tutto. Siamo in studio e fra venti giorni uscirà il nuovo menù, nel quale proseguiremo la nostra ricerca sugli impiattati a macchie, approfittando della frequentazione di grandi artisti contemporanei propiziata dai Ceretto”.