Nuove regole in etichetta per latte e derivati (burro, yogurt, formaggi, latticini): diventa obbligatoria l’indicazione di origine. Lo schema di decreto del governo Renzi che introduce l’obbligo dell’indicazione di origine per i prodotti lattiero-caseari – secondo quanto reso noto dal Mipaaf – è già stato inviato a Bruxelles ed è in attesa dell’autorizzazione dell’Unione Europea. Che cosa cambia?
Le etichette di latte e derivati seguono il Regolamento UE n.1169/2011. Ad oggi l’obbligo dell’indicazione di origine c’è soltanto per il latte fresco, e non c’è per il latte a lunga conservazione e per il latte contenuto come materia prima in altri prodotti (formaggi, latticini, yogurt, burro). Il decreto del governo Renzi inviato a Bruxelles e in attesa di approvazione introduce l’indicazione obbligatoria in etichetta – anche per il latte a lunga conservazione e per tutti i derivati del latte – del Paese di mungitura, del Paese di confezionamento e del Paese di trasformazione. Se le tre fasi (mungitura, confezionamento, trasformazione) avvengono in uno stesso Paese è possibile indicare in etichetta una sola dicitura (per esempio: “ORIGINE DEL LATTE: ITALIA” o “ORIGINE DEL LATTE: FRANCIA). È inoltre consentito – se le tre fasi avvengono in più Paesi diversi dall’Italia – non indicare ogni Paese ma limitarsi alle diciture più generiche di: “Origine del latte: Paesi UE”, oppure “Origine del latte: Paesi NON UE”, oppure “Origine del latte: Paesi UE E NON UE”. Il latte e i suoi derivati entrano dunque nel novero degli alimenti con l’obbligo dell’indicazione di origine in etichetta (carne bovina, carne di pollo e derivati, miele, uova, frutta e verdura fresche, passata di pomodoro, pesce, olio extravergine di oliva), mentre a tutt’oggi restano privi di indicazione di origine in etichetta il riso, il pane, la pasta, il concentrato di pomodoro e i sughi pronti, i salumi, la carne trasformata, la carne di coniglio e la frutta e verdura trasformata.
Le nuove regole dovrebbero aiutare un settore – quello lattiero-caseario italiano – che conta oggi 34.000 allevatori e 4,8 miliardi di euro di produzione in fase agricola e 3.400 imprese per un totale di 39.000 occupati e 14,5 miliardi di fatturato in fase industriale (dati Mipaaf). Un settore che sta attraversando una fase molto difficile, tra la fine del sistema delle quote latte (con problemi dunque di sovrapproduzione e calo dei prezzi), il problema dei prezzi all’origine troppo bassi (su cui è intervenuto di recente anche papa Francesco), la Crisi (tra il 2007 e il 2015 ha chiuso in Italia una stalla su cinque, con la perdita di 32.000 posti di lavoro), il falso Made in Italy e lo scontro con l’Europa sul latte in polvere.
Secondo il ministro Maurizio Martina “siamo davanti a un passo storico che può aiutare tutto il sistema lattiero caseario italiano. Parliamo di un settore che nel suo complesso vale più di 20 miliardi di euro e che vogliamo dotare di ancora più strumenti per competere. Ci sono analisi che dimostrano la propensione dei consumatori anche a pagare di più per un prodotto che sia d’origine italiana tracciata. Con questo decreto sarà possibile sfruttare questi spazi, perché finalmente i consumatori potranno essere pienamente informati. L’indicazione chiara ed evidente dell’origine della materia prima è un elemento cruciale per valorizzare il lavoro di più di 34mila allevatori che rappresentano il cuore pulsante di questo settore. Il nostro impegno per salvaguardare il loro reddito è quotidiano e spingiamo perché ci sia un ulteriore rafforzamento dei rapporti di filiera nel nostro Paese. Lavoriamo ancora a Bruxelles perché questa sperimentazione apra la strada ad un passo europeo ancora più forte”.
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