Negli ultimi cinque anni in Italia hanno chiuso quasi 12.000 stalle: è il bilancio drammatico presentato dalla Coldiretti il 5 maggio, in occasione della Giornata nazionale della carne italiana.
Giovedì 5 maggio 2016 si è tenuta la prima “Giornata nazionale della carne italiana“, organizzata dalla Coldiretti, con appuntamenti in tutta Italia e con una grande mobilitazione degli operatori di settore al Lingotto di Torino. Nell’occasione la Coldiretti in un comunicato stampa ha fatto il punto della situazione sull’andamento del settore allevamento in Italia, delineando questo quadro: negli ultimi cinque anni hanno chiuso quasi 12.000 stalle da carne in Italia, con la scomparsa di 300.000 bovini, 500.000 maiali e 700.000 conigli. Ad oggi sono rimasti in Italia soltanto 80.000 allevamenti di bovini da carne, 5.000 allevamenti di maiali e 4.500 allevamenti di di polli. È sempre più a rischio dunque una filiera – quella delle carni – che in Italia dà lavoro a 180.000 persone per un valore economico di 30 miliardi di euro. E la situazione continua a peggiorare: nell’ultimo anno (nel 2015) sul mercato italiano sono scese del 9% le vendite di carne fresca di maiale, del 6% le vendite di carne bovina e dell’1% le vendite di carne di pollo.
Oltre alla crisi e al crollo del potere d’acquisto delle famiglie italiane, ci sono – nel settore dell’allevamento – delle criticità specifiche. Innanzitutto la crescita delle importazioni: oggi il 40% della carne bovina e il 35% della carne di maiale consumata in Italia è di provenienza estera, e il problema del falso Made in Italy si è aggravato begli ultimi anni (secondo la Coldiretti il 65% dei prosciutti venduti come “italiani” è in realtà prodotto con animali allevati all’estero, e il 75% dei cartoni di latte a lunga conservazione venduti da aziende italiane contiene latte di importazione). Ci sono poi problemi legati ai prezzi all’origine troppo bassi pagati agli allevatori (lo stesso discorso vale anche per gli agricoltori), all’abbassamento dei prezzi legato alla fine del sistema delle quote latte, e al forte squilibrio contrattuale tra gli allevatori e le grandi industrie del settore. C’è un problema legato agli allarmismi alimentari come quello della “carne rossa cancerogena“, e c’è anche – certamente – una crescita dei fenomeni del vegetarismo e del veganismo: oggi (dati Eurispes) il 7,1% degli italiani si dichiara vegetariano e l’1% si dichiara vegano, ovvero l’8% degli italiani nel 2015 non ha mangiato carne (nel 2014 la percentuale era del 5,9%). Nel 2015 la carne si è fermata al 22% del budget alimentare medio delle famiglie italiane (97 euro al mese di spesa per la carne, 85 grammi al giorno a testa), ed è stata superata dall’ortofrutta. I consumi pro capite di carne degli statunitensi sono oggi superiori del 60% rispetto agli italiani, e nel consumo pro capite di carne gli australiani ci superano del 54%, gli spagnoli del 29%, i francesi e i tedeschi del 12%.