Il commercio ambulante in Italia è cresciuto del 17% dal 2008 a oggi, con un boom dello Street Food, le bancarelle che vendono cibi e bevande.
Un tempo si parlava di “cibo di strada”, e c’erano il trippaio, il porchettaio, il ranaiolo, l’acciugaio, il polentaro, l’uomo dei gamberi, e tanti altri gastronomi di strada che popolavano le città italiane. Sull’argomento è uscito di recente un libro molto interessante – “C’erano una volta cibi di strada” di Carlo G. Valli – che abbiamo recensito qui su Universofood. Oggi si parla di “Street Food” come di un fenomeno tornato popolare e di moda, a cui il Gambero Rosso ha dedicato perfino un’apposita guida – con tutti i migliori chioschi, take away, furgoni ambulanti, paninerie, piadinerie, stuzzicherie e gastronomie itineranti.
Dall’inizio della crisi (2008) ad oggi – secondo uno studio della Coldiretti su dati Osservatorio nazionale sul commercio – Ministero dello Sviluppo economico – il commercio ambulante in Italia è cresciuto del 17%, con 34.905 imprese ambulanti in più, per un totale che ad oggi è di 189.291 imprese. Una crescita legata anche al boom dello Street Food: il 18% del totale delle imprese ambulanti in Italia è rappresentato da imprese che vendono cibi e bevande, per un totale di 34.905 gastronomi di strada. C’è dunque un andamento anticiclico degli ambulanti rispetto alla Crisi: mentre chiudono negozi, bar e ristoranti (nel 2015 in Italia ci sono 138.643 negozi, bar e ristoranti in meno rispetto al 2011), aprono imprese per il commercio ambulante su strada. Secondo la Coldiretti “a favorire lo sviluppo del commercio ambulante sono senza dubbio l’esigenza di ricostruire un rapporto più diretto e personale con il venditore e la comodità di fare acquisti convenienti e a basso prezzo all’interno dei centri urbani o dei piccoli paesi. In alcuni casi come per la frutta e verdura gioca un ruolo la sensazione di una maggiore freschezza dell’offerta. Ma i mercati rionali svolgono anche un importante ruolo sociale, e spesso rappresentano un presidio contro lo svuotamento dei centri storici che in alcune realtà rischiano l’abbandono o di rimanere preda della criminalità”.
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