Le vendite di cibi etnici in Italia sono in crescita del 18% nel 2015, e ad oggi un italiano su cinque va in un ristorante etnico almeno una volta al mese.
Secondo un’analisi della Coldiretti su dati Coop il consumo di cibi etnici (prodotti alimentari di provenienza extraeuropea e che non hanno una presenza tradizionale e consolidata nella nostra alimentazione) è cresciuto del 18% nel primo semestre del 2015 rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Dal 2007 ad oggi il consumo di cibi etnici in Italia è quasi raddoppiato (+93%), e il fenomeno è spiegabile solo in parte con l’aumento dell’immigrazione. Ad oggi il 16% degli italiani compra abitualmente prodotti alimentari etnici da consumare in casa, e il 20% degli italiani va in un ristorante etnico almeno una volta al mese.
Ma non tutti i prodotti etnici piacciono. Gli insetti in particolare, mentre sono consumati in Olanda e Belgio, negli altri Paesi europei – compresa l’Italia – sono praticamente introvabili. E i cibi esotici venduti a Expo Milano 2015 (insetti, ragni fritti, pesce palla, coccodrillo, vino di serpente,…) sono stati considerati “eccessivi” dai più e hanno incontrato un gradimento relativamente ridotto. Ad essere invece ormai ampiamente entrata nelle abitudini degli italiani è la cucina giapponese nella sua versione occidentalizzata, con i ristoranti giapponesi che sempre di più sostituiscono i ristoranti cinesi (pur restando cinesi – spesso – il gestore e il personale), e con il sushi e il sashimi che sono in cima alla scala di gradimento dei prodotti etnici. Ma sono in crescita anche altri prodotti, trainati certamente anche dalla diffusione della cucina vegetariana e vegana, e in particolare il cavolo pak choi (un cavolo cinese utilizzato prevalentemente fritto e in zuppa), la Jiucài (una specie di erba cipollina), e la curcuma (lo “zafferano delle Indie”).