Dopo quattordici anni torna sulle tavole la pajata, un classico della cucina romanesca che era stato vietato nel 2001 a seguito dell’emergenza Mucca Pazza (Bse). Resta però il divieto per una grande prelibatezza che le ultime generazioni non hanno mai potuto assaggiare: la cervella.
Il Regolamento comunitario 999/2001 del 22 maggio 2001, emanato per contrastare la diffusione della Bse o “Mucca Pazza”, ha tolto dal commercio alcuni classici della cucina italiana a base di carne bovina, e in particolare la fiorentina, la pajata e la cervella. Nel 2008 è arrivato il nulla osta per la fiorentina, e nel 2015 è finito il divieto per la pajata.
Piatto storico della cucina di Roma, celebre soprattutto con i rigatoni, la pajata è la prima parte dell’intestino tenue del vitello da latte. Negli ultimi anni, nelle trattorie e nei ristoranti, era stata sostituita dall’intestino di agnello. Il 17 marzo 2015 è arrivato il via libera dell’Unione Europea, e il 16 luglio c’è stata la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del nuovo Regolamento Ue 2015/1962. A partire dal ventesimo giorno seguente alla pubblicazione – dunque dal 5 agosto – la pajata torna ufficialmente in commercio, così come l’Ossobuco alla Finanziera e tutti i salumi confezionati con budello di bovino.
L’ultimo grande divieto legato all’emergenza Mucca Pazza riguarda la cervella. Storico piatto della tradizione italiana, eccezionale “alla milanese” (cioè impanata e cotta nel burro), la cervella nella sua versione filologicamente corretta si ottiene dal cervello di bovino adulto, e al momento rimane vietata. Può essere al massimo sostituita con succedanei come il cervello di maiale o di agnello.
Dall’Italia viene comunque salutata positivamente la progressiva eliminazione delle restrizioni legate al fenomeno Mucca Pazza, con il ritorno della pajata. Secondo il ministro della Salute Beatrice Lorenzin siamo di fronte a un “risultato eccellente che ripaga il nostro Paese degli sforzi compiuti in materia di controlli negli ultimi quattordici anni. Tornano sulle nostre tavole alimenti e ricette della tradizione e questo agevolerà anche la crescita occupazionale nelle aziende nazionali che utilizzano, per la realizzazione dei loro prodotti, taluni tessuti ora non più a rischio. Grazie alla nostra battaglia sulla sicurezza si amplia la gamma dei prodotti esportabili ed è una buona notizia per il Made in Italy”. Mentre secondo il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo le nuove norme Ue sono la “giusta conseguenza del fatto che dal 2009 non si registrano casi di mucca pazza tra i bovini in Italia, per il rigido sistema di controlli e per le misure di sicurezza messe in atto anche con grandi sacrifici dagli allevatori. Oggi l’Italia, con Giappone, Israele, Olanda, Slovenia e Usa, fa parte della ristretta cerchia di 19 Paesi, sui 178 aderenti all’Oie, che hanno raggiunto la qualifica sanitaria migliore di rischio ‘trascurabile’ per la mucca pazza”.
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Certamente tutto ottimamente svolto secondo le liberalizzazioni effettuate progressivamente dall’UE per controlli accurati e verifiche, ma ora non sarebbe il caso, data l’elevata storicita’ di alta tradizione Italiana, da Sud a Nord, di reinserire progressivamnete, dopo verifiche accurate ovviamente, anche per completare, la famosissima “Cervella di Vitello?” Grazie per la cortese attenzione. Massimo Bramati.
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