Prosegue inarrestabile la crescita delle importazioni di olio di oliva in Italia, con una vera e propria invasione di olio tunisino nei primi mesi del 2015: +681% in tre mesi.
Qui su Universofood ci siamo occupati molte volte delle criticità e dei problemi della filiera dell’olio nel nostro Paese. L’Italia vanta i migliori oli extravergine del mondo ed è il secondo Paese esportatore di olio dopo la Spagna. Ma l’Italia è anche il primo Paese importatore di olio di oliva al mondo, molti degli oli venduti in Italia con marchio italiano sono in realtà una miscela di oli di importazione di bassa qualità (secondo la Coldiretti due bottiglie di olio su tre vendute in Italia non sono italiane), molti marchi storici del Made in Italy oleario non hanno proprietà italiana, e le truffe e le frodi sono in aumento, come ha mostrato la recente Operazione Olio di Carta. Nel 2014 le importazioni di olio in Italia sono cresciute del 45%, mentre la produzione è scesa di oltre il 30% (il 17% a livello mondiale).
Ora i dati diffusi a Expo Milano 2015 dalla Coldiretti segnalano addirittura per il primo trimestre del 2015 una crescita del 681% dell’import di olio di oliva dalla Tunisia, che è il terzo Paese fornitore di olio all’Italia, dopo Grecia e Spagna. E nel frattempo la filiera italiana è colpita dall’emergenza Xylella, il batterio che sta decimando gli ulivi del Salento.
Il problema della crescita delle importazioni di olio di oliva in Italia – e soprattutto il problema delle contromisure che dovrebbero adottare il legislatore e i consumatori per evitare le frodi – è sintetizzato dalla Coldiretti in questi termini: “l’Italia è il primo importatore mondiale di oli di oliva, che vengono spesso mescolati con quelli nazionali per acquisire, con le immagini in etichetta e sotto la copertura di marchi storici, magari ceduti all’estero, una parvenza di italianità da sfruttare sui mercati nazionali ed esteri. Il consiglio di Coldiretti è quello di guardare con più attenzione le etichette ed acquistare extravergini a denominazione di origine Dop, quelli in cui è esplicitamente indicato che sono stati ottenuti al 100% da olive italiane o di acquistare direttamente dai produttori nei frantoi o nei mercati di Campagna Amica. In queste condizioni occorre anche inoltre dare concreta applicazione alle norme già varate con la definizione delle sanzioni per inadempienza per l’uso obbligatorio dei tappi antirabbocco nella ristorazione (dove si continuano a trovare le vecchie oliere che permettono i miscugli), e bisogna applicare i i controlli per la valutazione organolettica che consentirebbero di distinguere e classificare gli oli extravergini d’oliva e soprattutto quelli dei regimi di importazione, per verificare la qualità merceologica dei prodotti in entrata come previsto dalla legge “salva olio”, la n. 9 del 2013. Il problema è la mancanza di trasparenza, nonostante sia obbligatorio indicare per legge l’origine in etichetta dal primo luglio 2009, in base al Regolamento comunitario n.182 del 6 marzo 2009. Sulle bottiglie di extravergine ottenute da olive straniere in vendita nei supermercati è di fatto quasi impossibile, nella stragrande maggioranza dei casi, leggere le scritte ‘miscele di oli di oliva comunitari’, ‘miscele di oli di oliva non comunitari’ o ‘miscele di oli di oliva comunitari e non comunitari’, obbligatorie per legge nelle etichette dell’olio di oliva. La scritta è riportata in caratteri molto piccoli, posti dietro la bottiglia e, in molti casi, in una posizione sull’etichetta che la rende difficilmente visibile. Inoltre spesso bottiglie con extravergine ottenuto da olive straniere sono vendute con marchi italiani e riportano con grande evidenza immagini, frasi o nomi che richiamano all’italianità fortemente ingannevoli. I consumatori dovrebbero fare la spesa con la lente di ingrandimento per poter scegliere consapevolmente. In attesa che vengano strette le maglie larghe della legislazione per non cadere nella trappola del mercato”.
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