Proseguono da mesi, e non accennano a placarsi, le polemiche sulla presenza di Eataly a Expo Milano 2015. Vediamo quali sono i punti critici e come si sta difendendo Farinetti.
Eataly, il colosso dell’alimentare e della ristorazione guidato da Oscar Farinetti (e partecipato al 40% da alcune cooperative del sistema Coop) è presente a Expo Milano 2015 con uno spazio di 8.000 metri quadri e 20 ristoranti. L’importo atteso dei ricavi – tra maggio e ottobre – è di 44 milioni di euro, anche grazie a un orario di chiusura posticipato rispetto a quello abituale degli Expo (alle 23.00 anziché alle 20.00) e a un prezzo per l’ingresso serale molto ridotto (solo 5 euro), elementi questi ultimi che hanno già suscitato le ire dei ristoratori milanesi. Un bel colpo dunque per Farinetti, che nel frattempo è impegnato anche sul fronte bolognese con il maxi progetto di Eataly World – F.I.C.O.
Ma c’è un problema: la modalità con cui Farinetti si è aggiudicato la presenza a Expo. Il Cda di Expo, guidato dall’amministratore delegato e Commissario unico Giuseppe Sala, ha deliberato l’appalto per Eataly nel giugno nel 2013, senza gare d’appalto. Il 29 gennaio 2015 l’Autorità Nazionale Anticorruzione presieduta da Raffaele Cantone ha chiesto la documentazione relativa al contratto con Eataly; la dicumentazione è stata fornita da Sala e il 7 aprile Cantone con una delibera è intervenuto di nuovo sollevando una serie di dubbi, che sono stati diffusi in anteprima dal Fatto Quotidiano. Le perplessità dell’Autorità Nazionale Anticorruzione sono – in sintesi – le seguenti:
– Non sono chiare le circostanze che hanno portato alla collaborazione tra Expo e Eataly. Non c’è stata nessuna gara d’appalto, un’assenza che è stata giustificata sulla base dell’ “unicità tecnica di Eataly”, ovvero in base al fatto che la massima fama e autorevolezza di Eataly sarebbero talmente evidenti da rendere superflua la gara d’appalto. Ma in che senso sarebbero “evidenti” e “”sulla base di quali valutazioni è stata determinata l’unicità tecnica di Eataly, atteso che non risulterebbe effettuata alcuna preventiva ricerca di mercato”?
– L’importo atteso dei ricavi dello spazio Eataly a Expo è di 44 milioni; alla società concessionaria (Expo) andrà il 5% dei ricavi più probabilmente un 1% (previsto se i ricavi superano i 40 milioni). A Eataly spetta dunque da contratto il 95% del fatturato. “Su quali basi” queste percentuali “sono state determinate”?
– Da contratto è prevista la deduzione delle spese per la realizzazione delle celle frigorifere risultano ‘a carico di Expo gli oneri derivanti dai consumi di elettricità e di acqua”. Quanto costa a Expo la concessione a Eataly? “Qual è il valore stimato del contratto di concessione da determinarsi ai sensi dell’art. 29 del decreto legislativo 163/2006” che regola gli appalti pubblici?”
– Eataly intende dividere gli spazi ricevuti in concessione a Expo in 20 aree regionali con il coinvolgimento di un centinaio di ristoratori, a cui andrebbero – secondo quanto affermato da Farinetti – il 70% dei ricavi (dunque di fatto solo il 25% dei ricavi rimarrebbe a Eataly e il 5% a Expo). Ma Expo “come intende regolare i rapporti con tali operatori terzi, anche nell’ambito del Protocollo di legalità” e rispetto ai controlli antimafia? Chi sceglie i ristoratori? Farinetti in totale autonomia? E come vengono regolati i rapporti tra Farinetti e i ristoratori e tra i ristoratori e Expo?
– Nel contratto di Expo con Eataly sta scritto che il contratto può essere modificato solo previo accordo di ambo le parti. Ma “l’inserimento della clausola per cui ‘il presente contratto può essere modificato solo su accordo di entrambe le parti da stipularsi per iscritto’ non appare ammissibile trattandosi di un contratto pubblico”. Inoltre “manca la previsione, tra le cause di risoluzione per inadempimento e le clausole risolutive espresse, della violazione agli obblighi derivanti dal Protocollo di legalità”, e “non sono indicate penali legate al livello del servizio reso, nonostante tra le richiamate caratteristiche di unicità vi sia un’offerta alimentare di qualità a prezzi accessibili”. Infine: l’articolo due del contratto di concessione prevede che “all’interno del perimetro Eataly potrà altresì, previa approvazione da parte della direzione di Expo, organizzare e svolgere specifiche iniziative ed eventi culturali e didattici, volti a valorizzare la propria esperienza, a promuovere e valorizzare il patrimonio enogastronomico nazionale e a diffondere i valori connessi a Expo”, ma in questo modo “le vantate peculiarità di Eataly non risultano teleologicamente connesse con la prestazione dedotta in contratto, che, per come descritta, consisterebbe genericamente nella ristorazione e somministrazione di alimenti e bevande al pubblico, ancorché di livello qualitativo elevato”.
Questa la risposta pubblica di Oscar Farinetti: “non ho deciso io di non fare l’appalto. Sono quelli di Expo che ci hanno cercato, individuando in Eataly, come in altri soggetti, un’unicità italiana, che è lampante. Expo chiedeva non solo di creare un servizio di ristorazione, ma di celebrare la biodiversità italiana. Siamo l’azienda italiana più famosa e autorevole all’estero, l’unica con un’importante catena di retail nel mondo. L’azienda pubblica Usa che realizza il World Trade Center di New York ha offerto i due punti vendita più importanti a Eataly e ad Apple. Senza polemica: lo dicono gli americani, che siamo unici. Invece in Italia ci siamo ridotti all’autodistruzione, a parlare di queste miserie rovesciando sul web le incazzature di minoranze malmostose col rospo in gola. Onorare la richiesta dell’Expo è stato doloroso. C’è poco tempo e siamo impegnati ad aprire cinque punti vendita nel mondo. Avremmo preferito dedicarci ai nostri affari, ma non me la sono sentita di rifiutare la sfida: celebrare la biodiversità italiana facendo diventare protagoniste le piccole osterie, divise per regioni, con 4-5 piatti forti ciascuna. Ne abbiamo scelte cento, avevamo richieste per il doppio. E poi la parte didattica con università di Pollenzo, scuola Holden, Sgarbi per l’arte. Facce della biodiversità italiana, una cosa bellissima. Non è mio compito decidere se si doveva fare l’appalto, ma non farlo mi pare intelligente. Abbiamo fatto un contratto pulito tra persone oneste: i ristoratori che sono in crisi prendono il 70% dei ricavi, l’Expo il 5%. Nessun rischio di infiltrazione sospetta, noi garantiamo e comunque i dati sono a disposizione dell’organizzazione. Ma quale business! Cucine e impianti sono un investimento enorme per soli sei mesi: difficile ammortizzarlo. Infatti stiamo pensando a come riutilizzarli. È impensabile portare a casa utili, andrà bene se non perderemo soldi. Si parla di 44 milioni di fatturato, ma sarebbe un miracolo, ci proviamo ma è difficile. Contiamo di fare pari con 1 milione di pasti e 20 di fatturato. E va bene, perché non sono dannato per il denaro. Eataly non ha mai distribuito utili: tutti reinvestiti. Nessuno sarà obbligato a mangiare da Farinetti, ci saranno altri 150 punti di ristorazione. Peraltro mi sembra normale che Eataly, che rappresenta la ristorazione di qualità, sia nell’Expo. Eppure la propensione alla critica e alla disistima travolge la realtà, ogni azione provoca una reazione maliziosa. Ho deciso di reagire con un gesto di protesta, parlando solo bene degli altri. Persino dei fascisti, il peggio del peggio. Anche Gasparri, che in tv mi ha accusato di aver fregato tutti: lo invito a mangiare in un’osteria all’Expo. È una storia di bellezza. Gli piacerà“.
(Luigi Torriani)
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