Si conclude il lungo iter legislativo sugli Ogm: è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea la direttiva che stabilisce per ogni Stato membro la possibilità di vietare le coltivazioni di Ogm sul proprio territorio.
Qui su Universofood abbiamo seguito fin dall’inizio la complessa vicenda degli Ogm in Italia e in Europa. A livello europeo gli Ogm sono sempre stati un fallimento: l’unico prodotto Ogm coltivato in Europa è il mais MON810, che è presente solo in cinque Paesi Ue (Spagna, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovacchia e Romania) con coltivazioni di dimensioni irrisorie (circa 140.000 ettari piantati in un anno, contro i quasi 70 milioni di ettari piantati in un anno soltanto negli Stati Uniti). Sul piano legislativo c’è sempre stata un’ambiguità di fondo rispetto alla possibilità per ogni Stato membro di limitare o vietare le colture Ogm: in teoria fino ad oggi gli Ogm non potevano essere vietati (sentenza della Corte di Giustizia europea del 18 maggio 2013: “la messa in coltura di Ogm quali le varietà del mais MON 810 non può essere assoggettata a una procedura nazionale di autorizzazione quando l’impiego e la commercializzazione di tali varietà sono autorizzati ai sensi dell’articolo 20 del regolamento n. 1829/2003 e le medesime varietà sono state iscritte nel catalogo comune previsto dalla direttiva 2002/53”); tuttavia, di fatto, diversi Stati europei hanno vietato gli Ogm in base alla cosiddetta “clausola di salvaguardia” (Direttiva europea 2001/1: ogni Stato dell’Unione Europea può vietare le coltivazioni ogm se ha ragioni fondate per ritenere che gli Ogm in questione determinino dei rischi per l’ambiente, per l’ecosistema o per la salute umana).
Dunque la Francia, nell’aprile del 2014, ha vietato le colture Ogm in base alle “clausola di salvaguardia”. E lo stesso è avvenuto in Italia, con questo complesso iter: nel giugno del 2013 l’agricoltore friulano (Giorgio Fidenato semina 6.000 metri quadrati di mais in Friuli; il Governo Letta decide subito di intervenire per e vietare gli Ogm in Italia, e il divieto arriva il 12 luglio 2013 con Decreto interministeriale (divieto della durata di diciotto mesi in attesa di un pronunciamento dell’Unione Europea); Giorgio Fidenato fa ricorso contro il decreto del governo Letta, ma il ricorso viene bocciato nell’aprile del 2013 dal Tar del Lazio, dopo che è stata accertata una contaminazione delle colture Ogm di Fidenato sulle colture non Ogm limitrofe (ci sono stati dunque quelli che la “clausola di salvaguardia” definisce “rischi per l’ambiente o per l’ecosistema”); il 12 giugno 2014 il Consiglio di Stato conferma la decisione del Tar; il 24 giugno 2014, all’interno del Decreto “Campolibero”, il Governo Renzi stabilisce che coltiva Ogm in Italia rischia la reclusione da sei mesi a tre anni e una multa da 10.000 a 30.000 euro, e che spetta alle regioni definire, nell’ambito del proprio territorio, le modalità e tempi con cui il trasgressore deve (a proprie spese) rimuovere le coltivazioni vietate; nel gennaio del 2015 la Valle d’Aosta – prima regione italiana – vieta le colture Ogm con un Disegno di Legge approvato all’unanimità dal Consiglio Regionale.
Nel frattempo a livello europeo viene trovato un accordo che mette la parola fine a ogni ambiguità legislativa intorno alla questione Ogm: ogni Stato europeo è libero di decidere autonomamente e liberamente se consentire o vietare le coltivazioni Ogm sul proprio territorio. Ora questo accordo diventa una legge dell’Unione Europea – Direttiva Ue 2015 / 412 dell’11 marzo 2015 – pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 13 marzo 2015.
Questo il commento della Coldiretti: “finalmente l’Italia è libera di non coltivare Ogm, come ha fatto fino ad ora e come chiedono quasi 8 cittadini su 10 (76 per cento) che si oppongono al biotech nei campi. Siamo di fronte ad un importante e atteso riconoscimento della sovranità degli Stati nonostante il pressing e le ripetute provocazioni delle multinazionali del biotech. L’Europa da un lato, le Alpi e il mare dall’altro, renderanno l’Italia finalmente sicura da ogni contaminazione da Ogm a tutela della straordinaria biodiversità e del patrimonio di distintività del Made in Italy. Per l’Italia gli organismi geneticamente modificati (Ogm) in agricoltura non pongono solo seri problemi di sicurezza ambientale, ma soprattutto perseguono un modello di sviluppo che è il grande alleato dell’omologazione e il grande nemico del Made in Italy”.
(Luigi Torriani)
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