E’ ufficiale: a partire dal 23 novembre 2014 in tutti i pubblici esercizi (ristoranti, pizzerie, mense e bar) è obbligatorio servire l’olio extravergine di oliva in contenitori dotati di tappo antirabbocco, per evitare “allungamenti” e frodi. Addio, dunque, alle vecchie oliere per gli oli extravergini.
Qui su Universofood ci siamo occupati molte volte del problema delle truffe e delle frodi nella filiera dell’olio di oliva, parlando del libro-inchiesta “Extraverginità. Il sublime e scandaloso mondo dell’olio di oliva” di Tom Mueller, del fumetto interattivo del New York Times “Extra Virgin Suicide. The adulteration of italian olive oil“, del fatto che il Gruppo Deoleo (in parte inglese, in parte spagnolo) vende 300 milioni di litri di olio spagnolo con marchi italiani (Bertolli, Carapelli, Sasso), della notizia che due tra i più importanti marchi italiani di olio (Sagra e Filippo Berio) sono stati venduti a una multinazionale cinese, del fatto che il recente calo nella produzione di olio determina un ulteriore aumento del rischio di truffe e frodi, e dei dati che segnalano per il 2014 un’ulteriore crescita dell’import di olio di oliva in Italia (+45%). Non è un mistero per gli addetti ai lavori la maggior parte dell’olio di oliva venduto con marchi italiani o non olio italiano e non ha nemmeno una proprietà italiana, oppure ha una proprietà italiana ma è una miscela di oli di oliva di importazione di bassa qualità (che arrivano per lo più da Spagna, Grecia, Tunisia e Medio Oriente). D’altronde l’Italia è il primo Paese al mondo per le importazioni di olio di oliva, e secondo la Coldiretti almeno due bottiglie di olio su tre vendute in Italia contengono del tutto o in parte degli oli stranieri. Una situazione intollerabile anche perché è sempre avvenuta sostanzialmente all’insaputa dei consumatori per via di un problema di trasparenza e completezza delle etichette (l’unico obbligo è sempre stato quello di segnalare – in genere a caratteri microscopici – che si tratta di una “miscela di oli comunitari” o “comunitari e extracomunitari”, e intanto restano nome, marchio e immagini che richiamano all’italianità).
In attesa della totale implementazione delle nuove norme europee per la trasparenza delle etichette degli oli (nelle stesse nuove normative che introducono l’obbligo del tappo antirabbbocco – comunque – si prevede una “diversa e più evidente rilevanza cromatica rispetto allo sfondo, alle altre indicazioni e alla denominazione di vendita” dell’indicazione in etichetta che segnala l’origine non italiana dell’olio), nel frattempo il Parlamento – nell’ambito dell’approvazione definitiva della Legge Comunitaria 2013 Bis – ha introdotto l’obbligo di servire l’olio extravergine nei pubblici esercizi esclusivamente all’interno di bottiglie dotate di tappo antirabbocco (obbligo che era già previsto peraltro, anche se di fatto non era mai entrato in vigore, dalla Legge del 2012 salva olio Made in Italy o Legge Mongiello dell’allora Governo Monti). In sostanza vengono vietate le oliere: chi serve olio extravergine in un ristorante, in una pizzeria, in una mensa o in un bar deve farlo utilizzando bottiglie etichettate e chiuse che garantiscano rispetto al rischio di frodi (il ristoratore, utilizzando un’oliera, potrebbe – per esempio – “allungare” l’olio o spacciare per extravergine un olio che non lo è). Le sanzioni – per i trasgressori – vanno da 1.000 euro fino a 8.000 euro con confisca del prodotto. Il passaggio chiave della nuova normativa è all’ articolo 7 – comma 2: “Gli oli di oliva vergini proposti in confezioni nei pubblici esercizi, fatti salvi gli usi di cucina e di preparazione dei pasti, devono essere presentati in contenitori etichettati conformemente alla normativa vigente, forniti di idoneo dispositivo di chiusura in modo che il contenuto non possa essere modificato senza che la confezione sia aperta o alterata e provvisti di un sistema di protezione che non ne permetta il riutilizzo dopo l’esaurimento del contenuto originale indicato nell’etichetta”. Per gli oli di oliva non extravergini, dunque, si possono continuare ad utilizzare le oliere, e peraltro il ristoratore può servire al tavolo olio extravergine di oliva italiano di alta qualità ma nel frattempo utilizzare in cucina per preparare i piatti un olio di oliva di bassa qualità; in ogni caso, per l’olio servito in tavola, si garantisce maggiormente il consumatore rispetto a frodi e truffe.
Secondo la Coldiretti “il tappo antirabbocco per tutti i contenitori di olio extra vergine di oliva serviti nei pubblici esercizi rappresenta una tutela per produttori, consumatori ed anche per i ristoratori rispetto dalla concorrenza sleale di chi spaccia come extravergine italiano un prodotto importato di bassa qualità. D’altra parte c’è stato il tempo sufficiente per adeguarsi poiché la norma sul tappo antirabbocco risale al febbraio 2013 e con la legge comunitaria è stata ora implementata con l’introduzione di sanzioni per le inadempienze. Una misura che tutela gli operatori che dal campo alla tavola puntano sul Made in Italy e sulla qualità dell’offerta alla propria clientela ma che aiuta anche l’economia nazionale in un difficile momento di crisi”. Ben diversa è la posizione della Fipe – Federazione Italiana Pubblici Esercizi. Il Presidente di Fipe Toscana e vice Presidente di Fipe nazionale Aldo Cursano ha dichiarato: “l’obbligo di mettere sulla tavola dei ristoranti bottiglie di extravergine con tappo antirabbocco è un’onta per le oltre 100mila imprese del settore. È come se per evitare che ci siano automobilisti che superano i limiti di velocità si imponesse di installare su ogni automobile un limitatore di velocità. Produttori ed imbottigliatori devono smetterla di dirci come fare impresa imponendoci, via legge, obblighi inutili e costosi che si trasformeranno in un boomerang anzitutto per i produttori di qualità. La ristorazione italiana è un terminale importante per le produzioni agroalimentari e per l’olio extravergine di oliva in particolare. Secondo l’ufficio studi della Fipe, un ristorante spende mediamente 3.800 euro l’anno per l’olio extravergine destinato alla sala. Per i 104mila ristoranti in attività vuol dire una spesa di 400 milioni di euro. La ristorazione di qualità ha nel 46% dei casi un carrello degli oli con in media 4,2 oli Dop di cui 1,1 biologico. Significativa è anche la presenza di oli non a denominazione: se ne contano in media 2,4 a cui si aggiungono 1,7 di origine biologica. Le inchieste degli organi di controllo documentano in modo inequivocabile che le frodi sull’olio si fanno altrove, non al ristorante che anzi è esso stesso vittima di un sistema di speculazione messo in pratica da imbottigliatori e produttori senza scrupoli. Affrontare il problema con il tappo antirabbocco al ristorante è un’azione di depistaggio che contrasteremo in ogni modo. Stiamo valutando di intraprendere iniziative clamorose come quella di togliere l’extravergine dal tavolo mettendolo a disposizione solo su richiesta. I nostri fornitori devono capire che le relazioni di filiera si costruiscono nel rispetto del nostro lavoro non chiedendo leggi a nostre spese“.
(Luigi Torriani)
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