Prosegue la vendita ad aziende estere dei marchi più importanti dell’agroalimentare italiano. Il Gruppo cinese Bright Food ha acquisito la maggioranza del Grippo oleario toscano Salov, proprietario dei marchi di olio d’oliva Sagra e Filippo Berio.
Qui su Universofood abbiamo parlato più volte di un fenomeno che ha caratterizzato il settore alimentare italiano negli ultimi trent’anni, con un’impressionante escalation dall’inizio della Crisi ad oggi: la vendita a imprenditori stranieri delle grandi aziende e dei grandi marchi dell’agroalimentare italiano. Soltanto negli ultimi mesi l’Italia ha perso la Pasta Garofalo (passata a giugno agli spagnoli di Ebro Foods) e il gruppo oleario Salov (marchi di olio Sagra e Filippo Berio), passato al Gruppo cinese Yimin, una sussidiaria del Gruppo Bright Food, che è di proprietà al 100% del Governo cinese, ha un giro d’affari di 17,3 miliardi di dollari e ha già acquisito di recente l’inglese Weetabix, l’australiana Manassan Food e l’israeliana Tnuva.
La maggioranza di Salov è stata venduta ai cinesi dagli eredi dell’azienda Dino Fontana e Filippo Berio. I due marchi oleari di Salov – Sagra e Berio – sono tra i più importanti del settore: Sagra è tra le prime dieci marche di olio vendute in Italia, Filippo Berio è uno degli oli italiani più venduti nel mondo (negli Stati Uniti ha una quota di mercato intorno al 20%, in Inghilterra addirittura intorno al 30%).
Guardando ai grandi marchi oleari venduti nell’ambio della Gdo è sempre più difficile, dunque, parlare di olio “italiano”, per due motivi: prima di tutto per la gravità del fenomeno del falso Made in Italy nella filiera dell’olio (gran parte dell’olio di oliva prodotto ed etichettato da aziende italiane è in realtà una miscela di oli di importazione, come denunciato dall’ottimo libro-inchiesta Extraverginità di Tom Mueller, ripreso poi dal New York Times nel fumetto satirico “Extra Virgin Suicide – The Adulteration of Italian Olive Oil”); in secondo luogo perché molti dei marchi italiani di olio più celebri sono stati venduti all’estero (Bertolli, Carapelli e Sasso sono della Deoleo, ex Gruppo SOS, che è per il 30% spagnola e per il 70% inglese; Sagra e Berio – come detto – sono cinesi).
Il fenomeno – particolarmente grave nella filiera dell’olio – riguarda tutto l’agroalimentare italiano. In sintesi, negli ultimi trent’anni il nostro Paese ha perso i seguenti grandi marchi alimentari (oltre a questo bisogna poi considerare il fenomeno della vendita a imprenditori stranieri dei terreni agricoli): Invernizzi formaggi (venduta alla Kraft nel 1985, poi alla Lactalis nel 2003), Buitoni pasta (passata nel 1988 alla Nestlé), Perugina dolci (1988, Nestlé), Italgel-Antica Gelateria del Corso (1993, Nestlé), Fattorie Scaldasole (1995, Heinz, poi Andros 2005), Stock (1995, Eckes A.G., poi Oaktree Capital Management), Sanpellegrino acqua e bevande (1998, Nestlé), Locatelli formaggi (1998 Nestlé, poi Lactalis), Peroni birra (2003, SABMiller), Olio Sasso (2005, gruppo spagnolo SOS, poi diventato Deoleo), Olio Carapelli (2006, gruppo spagnolo SOS), Galbani (2006, Lactalis), Olio Bertolli (2008, Unilever, poi SOS), Orzo Bimbo (2008, Nutrition&Santè S.A. del gruppo Novartis), Rigamonti Salumificio Spa (2008, passata a dei brasiliani attraverso la società olandese Hitaholb International), Italpizza (2008, Bakkavor Acquisitions Limited), Delverde Industrie Alimentari Spa (2009, Molinos Delplata Sl del gruppo argentino Molinos Rio de la Plata), Boschetti Alimentare (2010, Financière Lubersac, che detiene il 95%), Ferrari Giovanni Industria Casearia Spa (2010, passa per il 27% alla francese Bongrain Europe Sas), Parmalat (2011, diventa della francese Lactalis), Gancia Spumanti (2011, va per il 70% al russo Rustam Tariko), Fiorucci Salumi (2011, va allla spagnola Campofrio Food Holding S.L.), Zucchero Eridania Italia Spa (2011, per il 49% va al gruppo francese Cristalalco Sas), Pelati AR – Antonino Russo (2012, nasce una nuova società, la “Princes Industrie Alimentari SrL”, controllata al 51% dalla Princes, controllata dalla giapponese Mitsubishi), Star (2012, passa al 75% agli spagnoli Gruppo Gallina Blanca), Eskigel gelati per la Gdo (2012, va ad inglesi con azioni in pegno di un pool di banche), Riso Scotti (2013, ceduto per il 25% alla spagnola Ebro Foods), Chianti Classico (2013, un imprenditore della farmaceutica di Hong Kong ha acquistato l’azienda agricola Casanova – La Ripintura, a Greve in Chianti, nel cuore della Docg del Gallo Nero, prima volta nella storia che una delle 600 aziende socie del Gallo Nero passa in mani orientali), Pasticceria Confetteria Cova (2013, acquisizione da parte della multinazionale del lusso Lvmh di una partecipazione di maggioranza nel capitale sociale), Pernigotti (2013, venduta ai turchi di Oksoz); Pasta Garofalo (2014, venduta per il 52% agli spagnoli di Ebro Foods), Gruppo oleario toscano Salov – marchi di olio Sagra e Filippo Berio (2014, acquisizione da parte del Gruppo Yimin, una sussidiaria del Gruppo cinese Bright Food). Un caso recente di segno opposto (un’azienda italiana che acquisisce un marchio alimentare straniero) è quello della Ferrero che ha acquistato la turca Oltan.
(Luigi Torriani)
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