A marzo 2015 finisce ufficialmente il regime delle quote latte. Ma nel frattempo il settore deve fare i conti con un crollo dei prezzi, e gli operatori di settore chiedono nuove regole.
Il sistema delle quote latte è stato introdotto in Europa nel 1984 con questa impostazione: ogni anno viene assegnata ad ogni Paese membro Ue una quota massima di latte che può essere prodotto e venduto; se la quota viene sforata i produttori di latte pagano una multa. Lo scopo e il senso del sistema delle quote latte è quello di evitare sovrapproduzioni di latte con conseguente crollo dei prezzi. Il sistema è stato poi negli anni molto criticato, e in particolare gli operatori di settore hanno sempre sottolineato come la quota assegnata all’Italia fosse troppo bassa. Gli allevatori italiani, di fatto, hanno sempre rispettato le quote negli anni 2010-2014, ma hanno fatto continui sforamenti tra il 1995 e il 2009, con multe che sono lievitate fino a 2,2 miliardi di euro, e con l’Unione Europea che è intervenuta prima con una lettera poi con un parere motivato per chiedere al governo italiano di riscuotere tutte le multe.
Il sistema delle quote latte, considerato obsoleto, va ufficialmente in pensione a partire dal 31 marzo 2015. Ma nel frattempo si aggrava proprio il problema che aveva portato a introdurre il sistema delle quote: la sovrapproduzione con conseguente calo dei prezzi. A causa della diminuzione della domanda (legata al calo del mercato interno per via della Crisi ma soprattutto a criticità nell’export quali in particolare l’ embargo russo e il crollo della domanda in Cina) negli ultimi sei mesi il prezzo del latte in Europa è sceso del 50%. Gli operatori di settore chiedono dunque all’Unione Europea delle nuove regole.
L’assessore all’Agricoltura della Lombardia Gianni Fava ha chiarito il problema in questi termini: “il 2015 è un anno cruciale per il comparto lattiero caseario lombardo ed europeo e gli allevatori non possono affrontare incognite come la fine del regime delle quote latte, prezzi in altalena non tutelati da specifiche misure assicurative, la chiusura delle frontiere con la Russia e la mancanza di protezione delle Dop nel contesto internazionale, con l’aggravante di un’intesa sino-americana che blinda il paradosso di un riconoscimento dei nomi statunitensi di quelle che in realtà sono le grandi Dop comunitarie”. Paolo De Castro (Pd), coordinatore per il gruppo dei Socialisti nella Commissione Agricoltura del Parlamento Europeo, ha annunciato che arriveranno a breve delle proposte sul tema: “noi socialisti saremo i primi a fare delle proposte entro marzo, che contiamo di combinare insieme a quelle dei popolari e che speriamo vengano tradotte in un atto legislativo in primavera. La situazione ormai si sta aggravando di settimana in settimana. Abbiamo già un incremento di produzione di latte a livello europeo di circa il 5% nel 2014, a cui si aggiunge il calo interno dei consumi di latte e formaggi dovuto alla crisi economica e l’embargo russo, che ha bloccato l’export. Possiamo trovare dei meccanismi che assomigliano alle quote ma non lo sono, che diano degli obiettivi produttivi Paese per Paese, indicando dove va l’aumento di produzione, evitando di ammazzare i piccoli produttori europei, oppure meccanismi di incentivo o disincentivo per mantenere quell’obiettivo di produzione”. Secondo Cesare Baldrighi, presidente del Consorzio di tutela del Grana Padano e responsabile settore latte di Agrinsieme: “servono misure nel breve e nel medio-lungo periodo che pongano rimedio al calo di consumi, interno ed esterno, e ridiano ossigeno al settore. Bisognerebbe prevedere interventi mirati alle situazioni di effettiva necessità, frenando incrementi produttivi repentini non accompagnati da incrementi della domanda e, allo stesso tempo, bisognerebbe sensibilizzare maggiormente mercato e prezzi. Nel medio periodo servono poi più risorse per la promozione internaed esterna dei prodotti ad alto valore aggiunto e la rimozione delle barriere all’export sia per questi prodotti che per le commodity. Se queste misure non dovessero attuarsi, assisteremo al crollo della produzione di latte in Europa che ci renderebbe in gran parte dipendenti dall’estero”.
(Luigi Torriani)
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