L’appuntamento è a Milano nei giorni sabato 21, domenica 22 e lunedì 23 febbraio 2015 per la prima edizione di Live Wine, il nuovo grande Salone Internazionale del Vino Artigianale.
Live Wine è il primo salone internazionale del vino artigianale di Milano. Organizzato in collaborazione con Vini di vignaioli – Vins de vignerons e con Ais Lombardia, Live Wine si svolge presso il Palazzo del Ghiaccio (via Giovanni Battista Piranesi 14) nei giorni di sabato 21, domenica 22 e lunedì 23 febbraio 2015: sabato dalle ore 10.00 alle ore 19.00 (dalle 10.00 alle 12.00 solo per operatori di settore), domenica dalle ore 10.00 alle ore 19.00 (dalle 10.00 alle 12.00 solo per operatori di settore; il pomeriggio con possibilità di lasciare i bambini in un’Area Piccoli con un’animatrice), lunedì dalle ore 10.00 alle ore 18.00 (dalle 10.00 alle 12.00 solo per operatori di settore). Il biglietto d’ingresso costa 15 euro e comprende un calice di degustazione in omaggio, il catalogo degli espositori e il diritto alla degustazione di tutti i vini presentati. Per maggiori informazioni scrivere a info@livewine.it.
In arrivo vignaioli italiani e europei, con un’ampia offerta di vini artigianali di qualità in rappresentanza delle migliori regioni vitivinicole e delle migliori produzioni territoriali. Le degustazioni, gli incontri e le tavole rotonde sono a cura di Samuel Cogliati, mentre Dan Lerner coordina gli eventi fuori salone Live Wine Night, tre serate di degustazioni a tema in locali di Milano selezionati.
La filosofia di Live Wine è spiegata dagli organizzatori in questi termini: “il vino che trovate a Live Wine è prodotto e imbottigliato da chi lo segue personalmente in vigna e in cantina, viene da un vitigno che non è stato trattato con prodotti chimici di sintesi, l’uva da cui proviene è stata vendemmiata manualmente e non contiene additivi non indicati in etichetta. Ecco quello che ci piace trovare nei vini che beviamo: varietà. Si potrebbe parlare di diversità o anche di biodiversità, ma la parola varietà include molti aspetti che nel vino consideriamo dei pregi. Come abbiamo già cercato di comunicare col nostro marchio, i vini che ci piacciono hanno una quantità di colori che già da soli valgono l’esperienza di conoscerli. Non soltanto ‘giallo paglierino chiaro’ o ‘rosso rubino con riflessi purpurei o granati’ come spesso viene definito qualsiasi vino, ma un’infinita varietà di colori dovuti al vitigno, alla vinificazione, al suolo, all’eventuale filtratura e mille altre varianti. E poi le varietà di vitigni. In questo in Italia siamo veramente privilegiati perché possediamo una quantità di varietà autoctone che forse solo il Caucaso, dove il vino è nato 7000 anni fa, può superarci. Se poi aggiungiamo quelle francesi, quelle spagnole, portoghesi, tedesche, austriache, slovene ecc. vedremo che la varietà di vini che ne viene fuori è immensa. Infine le varietà di gusto. Ogni vino è un mondo a sé, un’esperienza particolare che non deve essere concepita a tavolino per piacere a tutti, ma un insieme di fattori che includono il vitigno, il suolo, il clima, il microclima, l’annata, il momento della vendemmia, le scelte di lavorazione in cantina, perfino la personalità di chi lo produce. Ogni fattore ne determina le caratteristiche finali. Il vino che ci piace non è un semplice prodotto, ma un alimento vivo accompagnato nella sua trasformazione da un artigiano che non utilizza additivi non dichiarati in etichetta. Inoltre vorremmo che fosse genuino, una parola che a molti può suonare retorica, ma che ha un significato ben preciso: un vino dev’essere il meno artefatto possibile e allo stesso tempo avere caratteristiche di buona bevibilità e di relativa salubrità. Per fare questo crediamo sia importante partire da un vigneto non trattato con prodotti chimici di sintesi, i quali non solo sono responsabili della morìa di insetti indispensabili per l’ecosistema, ma hanno la facoltà di distruggere qualsiasi forma di microfauna presente nel sottosuolo, importantissima per la sua vitalità e capace di influire sulle caratteristiche organolettiche dell’uva. Il vigneto che ci piace è popolato da piccoli e microbici esseri viventi dentro e fuori dal suolo. Poi deve avere personalità, carattere, possedere un’anima che lo renda vivo e speciale. Per ottenere questo siamo convinti che solo la cura e la dedizione di un artigiano, che non utilizza lieviti selezionati, né le decine di additivi permessi dalla moderna enologia, può garantirne la riuscita. Il vino che ci piace porta dentro la bravura e la personalità di chi lo produce. In ultimo, ma non per questo meno rilevante, non deve avere quantità eccessive di solfiti aggiunti. La legge, a nostro parere, permette nel vino quantità esagerate di questi conservanti che possono alterare il gusto e in ogni caso sono nocivi. Premettendo che nel vino il danno maggiore alla salute arriva dall’alcol, crediamo tuttavia che, se si ritiene necessario proteggere il proprio vino aggiungendo dei solfiti, questi vadano usati in minima quantità. Va detto che il vino produce naturalmente una piccola quantità di solfiti in fase di fermentazione e che alcuni produttori ottengono vini eccezionali senza aggiungerli mai. Per questo motivo abbiamo chiesto ai nostri vignaioli di portare a LIVE WINE solo vini che non superino questi parametri: limite di 50 mg/l di solforosa totale per i vini rossi (la legge ne permette fino a 150 mg/l); limite di 70 mg/l di solforosa totale per i vini bianchi e rosati (la legge ne permette fino a 200 mg/l); limite di 100 mg/l di solforosa totale per i vini dolci (i limiti di legge vanno dai 200 ai 300 mg/l a seconda delle tipologie)”.
(Luigi Torriani)
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