Il 17 e 18 ottobre 2014 si è tenuta la quattordicesima edizione del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione di Cernobbio, organizzato dalla Coldiretti e dallo Studio Ambrosetti. Vediamo, in sintesi, gli interventi dei relatori intervenuti al Forum 2014.
Le sintesi degli interventi che presentiamo sono state diffuse dalla Coldiretti in un comunicato stampa (qui la sintesi degli interventi al Forum 2013). Il neretto nelle frasi più significative è nostro.
FORUM INTERNAZIONALE DELL’AGRICOLTURA E DELL’ALIMENTAZIONE DI CERNOBBIO 2014. SINTESI DEGLI INTERVENTI:
Maurizio Martina
Ministro delle politiche agricole e forestali
“Abbiamo ereditato strumenti importanti come la Pac, che però non sono intoccabili ma anzi hanno bisogno di essere più flessibili e rimodulabili. Ci sono 5 priorità da affrontare nell’immediato futuro. Il primo punto e’ quello relativo agli strumenti necessari per fronteggiare le crisi come quella che si è verificata con la Russia. È’ una partita aperta perché attualmente la Pac non prevede misure idonee. Ed è pessima la recente decisione della Commissione di tagliare di 450 milioni il bilancio della Pac: non è accettabile che i costi della crisi russa vengano scaricati sul settore primario”.
Il secondo punto riguarda la tracciabilità e l’etichettatura, un aspetto fondamentale non solo per l’agricoltura italiana ma anche per quella europea. “L’origine e’ un valore che dobbiamo proteggere” ha detto con convinzione Martina.
I giovani sono il terzo punto su cui ci si deve concentrare. Per il ministro il ricambio generazionale e’ una sfida strategica e deve essere affrontata con maggiore determinazione rispetto a quanto non faccia la Pac attuale.
Il quarto punto e’ quello della semplificazione. “La Pac oggi – ha rilevato il ministro – e’ troppo complessa. Abbiamo bisogno di costruire linee comuni tra stati membri ed evitare invece che le norme si accavallino tra loro”.
Il quinto punto interessa la filiera del latte. “In previsione della fine del regime delle quote – ha spiegato Martina – dobbiamo avviare un dibattito tra le varie realtà europee e stabilire un piano di indirizzò che tenga conto delle dinamiche di mercato che si creeranno e che già oggi sono intuibili”.
Roberto Maroni
Presidente Regione Lombardia
La Regione Lombardia è fortemente impegnata con Coldiretti nella lotta alla contraffazione in vista di Expo 2015. Con questa finalità insieme abbiamo stilato un documento che stiamo portando in Europa per farlo condividere ai vari governi e contrastare così questo fenomeno ormai largamente diffuso. Lo ha affermato il presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni al Forum internazionale dell’agricoltura e dell’alimentazione di Cernobbio, sottolineando il rapporto costruttivo che lo lega all’organizzazione agricola. “Il fenomeno dell’italian sounding – ha evidenziato – vale oltre 60 miliardi di euro, il doppio dell’export agroalimentare italiano. Se con il coinvolgimento dei paesi europei riusciamo a ridurlo almeno del 10 per cento avremo 6 miliardi in più per il nostro agroalimentare e avremo raggiunto un risultato importante e concreto per Expo. Questo impegno è prioritario per noi perché la Lombardia è la prima Regione agricola d’Italia ed è una realtà in continua evoluzione anche dal punto di vista ambientale che però mantiene questa vocazione.
Negli ultimi anni ci siamo confrontati con un grosso problema: la sensibile riduzione della superficie agricola che rappresenta il 40 per cento circa del nostro territorio e che negli ultimi 20 anni ha subito una forte contrazione. Nonostante questo però siamo stati in grado di aumentare la produttività”.
Maroni ha quindi annunciato di voler intervenire con una legge regionale per contrastare il consumo di suolo. “Abbiamo in programma di portare in consiglio regionale, il prossimo 11 novembre, una legge specifica – ha annunciato – in modo da porre regole ben precise. Se un terreno è agricolo deve restare tale e prima di modificarne l’indirizzo vanno utilizzate altre aree”.
Maroni ha quindi spiegato che oltre a combattere il fenomeno dell’illegalità con l’adesione all’Osservatorio creato da Coldiretti, si sta adoperando anche per la semplificazione appoggiando l’iniziativa del superCAA e la riduzione della pressione fiscale.
Carlo Petrini
Presidente Slow Food international
Fare una legge urgente sulla difesa del suolo agricolo, scommettere sui giovani con capitali adeguati per cominciare a lavorare, difendere i mercati contadini. Sono questi i tre interventi principali per assicurare la “durabilità” dell’agricoltura in Italia. Lo ha detto il presidente di Slw Food international, Carlo Petrini, intervenendo la XIV Forum anternazionale dell’agricoltura e dell’alimentazione promosso a Cernobbio da Coldiretti e Ambrosetti.
Petrini ha esordito ricordando che “mai si è parlato in maniera così tanto invasiva di agricoltura, alimentazione, cucina, ma allo stesso tempo mai come in questo momento la situazione agricola è stata disperata, mai i piccoli agricoltori sono stati in ginocchio come in questo momento, mentre si chiudono le aziende nell’indifferenza totale”.
Secondo il presidente di Slow Food “dobbiamo essere coscienti che non mangeremo computer e nemmeno comunicazione, perciò bisogna valorizzare le potenzialità che ci invidiano in tutte la parti del mondo”. Ricordando che con il Governo Monti era emerso un barlume di volontà di dare uno stop al consumo di suolo agricolo, Petrini ha ricordato che siamo però ancora fermi.
“Dobbiamo prendere coscienza che questo sistema agro-alimentare è iniquo: stiamo perdendo fertilità dei suoli e disponibilità d’acqua. Questo ci deve fare riflettere perché rischiamo di consegnare alle generazioni future un mondo non sostenibile o, meglio per dirla alla francese no ‘durable’, non durevole, mentre invece dobbiamo pensare e fare interventi che durano nel tempo”.
Il problema del dissesto idrogeologico evidenziato dalle alluvioni e dalle frane di questi giorni, secondo Petrini non è una questione di opere non realizzate, ma di assenza dei contadini che presidiano il territorio. “Come diceva Pasolini – ha detto Petrini – se non avremo più contadini e artigiani, non avremo più futuro. Dobbiamo arrivare ad una alleanza tra contadini e cittadini per ridurre gli sprechi e sostenere l’economia del territorio”.
Innocenzo Cipolletta
Presidente Università di Trento
“E’ la qualità il motore della crescita dei nostri paesi ed è sulla qualità che dobbiamo scommettere per avere crescita e occupazione. Gli Italiani non devono mangiare di più; anno dopo anno devono mangiare meglio. La qualità è un valore: significa più attenzione alla programmazione, alla scelta, al trasporto, alla commercializzazione del prodotto. Significa capacità di venderlo. Ed è questa la chiave del nostro sviluppo”. E’ quanto ha sostenuto Innocenzo Cipolletta, Presidente dell’Università di Trento, nella relazione “Indicatori per la nuova Italia fra arretratezza e nuove dinamiche” proposta alla XIV edizione del Forum internazionale dell’agricoltura e dell’alimentazione.
L’intervento di Cipolletta si è aperto rilevando le “contraddizioni” (“ma viste non come un male, bensì come la dimostrazione del fatto che siamo pluridimensionali”) del nostro Paese. “Prima contraddizione che emerge dalle indagini d’opinione della gente: se si chiede agli Italiani una valutazione sulla propria situazione personale, oltre il 50 per cento risponde che le cose stanno andando bene. Ma se si chiede come va il Paese, allora il 90 per cento degli italiani intervistati dice che va male”. “C’è una logica in questo, legata al fatto che siamo un Paese resistente: le cose stanno andando male, però ciascuno di noi conserva nel suo proprio una forza che gli deriva dalla famiglia, dal patrimonio (siamo il Paese più patrimonializzato), dal fatto di credere in ciò che si sta facendo”.
“Altra contraddizione – ha rimarcato Cipolletta – sta nel fatto che, di fronte alla domanda su quale sia il problema principale del nostro Paese, la risposta degli Italiani pone al primo posto “le tasse” (seguite sul podio da “corruzione” ed “evasione”). “Per gli intervistati le tasse sono il primo elemento che frena la crescita. Al tempo stesso però, se si propone agli italiani di ridurre le tasse, ma di avere meno servizi la maggior parte degli intervistati dice no”. “Gli italiani tengono ai servizi collettivi – ha osservato Cipolletta –. Se riflettiamo su cosa rende appetibile vivere in un Paese, ci rendiamo conto che è più importante vivere in un Paese che abbia buoni servizi pubblici, piuttosto che in un Paese che abbia meno tasse. Sono i servizi e la loro qualità ad assicurare il livello di vita dei cittadini, a garantire la riduzione delle disuguaglianze”.
Per Cipolletta, Presidente dell’Università di Trento, la strada da percorrere non è quella delle manovre fiscali che, tutte tese alla riduzione delle tasse, si traducono nel sacrificio dei servizi pubblici. “Questo è un grave errore”.
Su cosa deve puntare l’Italia per crescere? “In un Paese maturo, sviluppato. La crescita non è addizione di consumi, accumulazione di cose. Questo avviene nei Paesi in via di sviluppo – è la tesi di Cipolletta –. Ma noi cresciamo perché cambiamo il prodotto, i nostri consumi. Perché ci sono oggetti e consumi di qualità superiore che rendono obsoleti gli oggetti e i consumi precedenti”. “Per un Paese sviluppato la chiave di crescita non è la quantità, ma la qualità – è la conclusione –. Più lavoro, più studio, più progettazione, più bellezza, più qualità (anche a fronte di minore quantità). Questo ci consente di diventare un Paese che cresce”.
Marco Pedroni
Presidente Coop Italia
“Rilanciamo gli accordi di filiera, per rendere più stabile il reddito degli agricoltori e allo stesso tempo per garantire cibi buoni e sicuri ai consumatori”. Lo ha detto Marco Pedroni, presidente di Coop Italia, durante il XIV Forum internazionale dell’agricoltura e dell’alimentazione di Cernobbio, organizzato da Coldiretti in collaborazione con lo Studio Ambrosetti. Durante il suo intervento il presidente Coop Italia ha ricordato gli accordi di filiera già realizzati negli anni scorsi, a partire da quello sulle carni bovine. “La valorizzazione dei prodotti locali può avvenire anche nei supermercati e negli ipermercati”, ha detto Pedroni, che al Forum della Coldiretti ha invitato i produttori agricoli a vendere i propri prodotti anche all’interno della Gdo.
“La distribuzione è importante per rendere accessibile a tutti i cibi buoni e sicuri – ha detto il presidente di Coop Italia – che devono essere accessibili anche a quel 40% delle famiglie italiane che oggi è sulla soglia di povertà”. Dall’inizio della crisi ad oggi, infatti, i consumi alimentari degli italiani sono cambiati, calando del 12 per cento dall’inizio della crisi. Come ha spiegato Pedroni, dal 2009 ad oggi c’è stata una riduzione dei volumi di vendita, mentre è cresciuta l’attenzione agli sconti e alle promozioni. “Nel 2013, per la prima volta, una parte dei consumatori si è detta disposta a rinunciare a parte della qualità pur di spendere meno – ha spiegato il presidente di Coop Italia a Cernobbio – E’ questo è un rischio, perché significa essere disposti a scendere a compromessi sulla sicurezza alimentare”.
Per evitare questo “problema serissimo” – ha sottolineato Marco Pedroni – bisogna tornare a fare accordi di filiera. “In questi mesi stiamo rafforzando la collaborazione con Coldiretti – ha detto Pedroni – perché il mondo agricolo è fondamentale per Coop e perché la distribuzione è importante per l’agricoltura”. Il presidente di Coop Italia ha concluso il suo intervento ribadendo che “il cibo buono e sicuro deve essere accessibile a tutti”, perché così facendo si combatte anche l’italian sounding e il falso Made in Italy.
Mario Poletti Polegato
Fondatore e Presidente Gruppo Geox
La nostra agricoltura deve essere sostenuta dall’innovazione. Lo ha affermato Mario Poletti Polegato al Forum internazionale dell’agricoltura e dell’alimentazione dopo aver ripercorso la propria esperienza imprenditoriale e i fattori che lo hanno portato a conquistare i mercati mondiali. “Grazie a un’intuizione – ha detto – sono riuscito a creare un brand che oggi è tra i primi al mondo. Siamo partiti in provincia di Treviso con 4 persone, oggi la nostra azienda conta 30 mila dipendenti. Abbiamo aperto 1350 negozi nelle principali capitali e ne stiamo aprendo 400 in Cina”.
Secondo Mario Poletti Polegato in Italia abbiamo una grande capacità di creare, ma quello che ci manca è la capacità di gestire le idee, manca un supporto affinché ogni idea si trasformi in business. “Affinché ciò avvenga – ha detto – servono soprattutto tre elementi: la creatività, il brevetto e la collaborazione con gli istituti di ricerca”.
Parlando della realtà agricola di Israele ha quindi fatto alcuni esempi su come può essere interpretata l’innovazione in agricoltura. “Anche nel settore agricolo – ha sottolineato – bisogna creare una cultura dall’innovazione, perché un Paese che non ha un’agricoltura forte non è un Paese”.
Nunzia De Girolamo
Capogruppo del Nuovo Centrodestra alla Camera
Per l’ex ministro delle Politiche Agricole, il futuro dell’Italia non è solo una questione di ottimismo/pessimismo, ma di consapevolezza delle potenzialità dell’Italia, dai prodotti tipici alla moda. “E’ un momento di difficoltà non solo per l’Italia, ma per tutti i Paesi, e non di un solo settore, ma di diversi settori. Ciò che a noi manca è la filiera virtuosa e sentire, come ha rilevato la ricerca di Coldiretti/Ixé, che gli italiani non hanno più attaccamento all’identità fa male”. La De Girolamo ha espresso l’augurio che le polemiche tra le parti “non blocchino la volontà di realizzare una grande idea”.
“Nel Consiglio dei ministri – ha affermato l’ex ministro – non sempre c’è uno spazio per l’agricoltura. Se veramente vogliamo dare un segnale di cambiamento, dobbiamo dire chiaramente quali impegni prendiamo per il futuro dell’agricoltura italiana che può caratterizzare il rilancio del nostro Paese”.
Stefano Fassina
Deputato Pd
Secondo Fassina il “declinismo” va combattutto con i principi etici e morali. “Non sono sicuro – ha detto – che le difficoltà di un Paese dipendano da una scarsa fiducia, mentre possono dipendere dalla classe dirigente, non solo politica. In una situazione di discontinuità, segnata da stagnazione e recessione, le risposte che oggi vengono date, rispecchiano il modello tradizionale degli ultimi 30 anni, senza una reale discontinuità”.
Se il “declinismo” si sconfigge con la qualità, per Fassina occorre innanzitutto una discontinuità di carattere culturale per investire in qualità, come dimostrano alcuni segnali provenienti dall’agricoltura. “Occorre valorizzare gli aspetti e i modelli qualitativi di realtà presenti nel nostro Paese – ha detto Fassina – e mi colpisce il numero dei marchi italiani che vengono acquistati da stranieri che poi utilizzano prodotti che nulla hanno di italiano per conquistare con il nostro marchio mercati amplissimi, come quello cinese. Ritengo che sia necessario utilizzare il fondo strategico della Cassa Depositi e Prestiti per mantenere in Italia i nostri marchi”.
Fassina ha anche accennato al trattato di area di libero scambio tra Ue e Usa (Ttip), sottolineando che “solo ultimamente si è riusciti a rendere esplicite le direttive della Commissione Ue nelle trattative. Dobbiamo stare attenti che non sia una trattativa al ribasso sulla qualità”.
Filippo Taddei
Responsabile nazionale Economia e lavoro del Pd
“La parola crisi è l’inizio e la fine, un momento di passaggio da uno stato all’altro che caratterizza appunto la discontinuità”. Così ha esordito il responsabile nazionale Economia e Lavoro del Partito Democratico, Filippo Taddei, affermando che occorre cambiare dando certezze sul fronte del mercato del lavoro e sulla fiscalità del lavoro e l’impiego delle risorse. “Il problema – ha detto – è coordinare ciò che facciamo in Italia e ciò che facciamo in Europa. Per questo coordineremo più strettamente il nostro gruppo nazionale e quello europeo”.
Sull’utilizzo dei fondi della Cassa depositi e Prestiti, Taddei ha affermato che bisognerebbe evitare che un tale intervento aggiri la necessità di un cambiamento strutturale. Sul Ttip ha affermato che le trattative hanno “contorni poco noti” anche se il trattato può fornire risultati positivi per molti settori, “ma bisognerà preoccuparsi – ha concluso – del contesto di lavoro su cui calerà l’accordo affinché ci sia un cambiamento reale e duraturo”.
Giovanni Toti
Parlamentare europeo, consigliere politico Forza Italia
Per il consigliere politico di Forza Italia, se è vero che è importante perseguire la discontinuità, è anche vero che non è valore di per se stessa perché può essere discontinuità per il meglio o per il peggio.
“Ciò che può fare cambiare il nostro Paese per il meglio – ha detto – è la qualità, per cui occorre un modello di sviluppo qualitativo e non quantitativo. Possiamo però essere ottimisti perché abbiamo produzioni e imprese di qualità su cui costruire il nostro sviluppo”.
Ciò che manca secondo Toti è la qualità della politica, non all’altezza di prodotti e aziende. “Un impegno che dobbiamo prendere – ha detto – è l’incremento qualitativo della politica e della classe dirigente in generale, che dimostri di saper scegliere un modello di sviluppo chiaro e condiviso. Per questo le forze politiche devono esser responsabili e avere un grande rigore nel definire gli ambiti in cui collaborare e quelli in cui confrontarsi anche su posizioni diverse”.
Virginie Raisson
Fondatore e Direttore Lépac
I modelli di crescita che si sono sviluppati nel mondo, lo squilibrio tra la domanda e l’offerta di cibo, i problemi e l’evoluzione del mercato di fronte alla sfida di nutrire il pianeta: sono stati il tema dell’intervento di Virginie Raisson, fondatrice e direttore di Lépac, Laboratorio di geopolitica e di previsioni, coordinatrice dell’Atlante dei futuri del mondo – Migrazioni, agricoltura, acqua e clima, diffuso da Slow Food Editore. Nella relazione proposta al Forum internazionale dell’agricoltura e dell’alimentazione, organizzato a Cernobbio da Coldiretti in collaborazione con lo Studio Ambrosetti, la ricercatrice ha descritto in questi termini il proprio contributo: “Il mio lavoro è riflettere sul futuro, non certo per dire come sarà, poiché non è possibile prevederlo – ha detto –. Ma se non possiamo prevedere il futuro possiamo prepararlo, agevolarlo, consentirlo. La nostra prospettiva è: scegliere il migliore dei futuri possibili. Significa guardare al presente dal punto di vista del futuro, vedere dove ci può portare. Identificare le leve per un’azione possibile”.
Da qui un carosello di dati, stime e previsioni, proposti all’attenzione della platea del Forum di Cernobbio. “All’inizio l’equazione è semplice: avvicinare l’offerta e la domanda”, ha detto la Raisson. Una prima serie di slide è stata rivolta alla progressiva crescita della popolazione mondiale nei numeri (dai 2,53 miliardi nel 1950, passando per i circa 7 miliardi oggi, all’ipotesi di 8,32 miliardi nel 2030 e 10,12 miliardi nel 2100) e all’evoluzione dei redditi della popolazione mondiale, in cui a crescere sarà soprattutto la classe media (“per cui saremo sempre più numerosi nel mondo a consumare, a poter mangiare sempre di più”), con Paesi quali Cina e India in cui la domanda alimentare si sta evolvendo più in fretta (“Si mangia più olio, più zucchero. La stima è che si passa da 2800 calorie consumate al giorno a 3500 nel 2050, con un incremento del 25%”).
L’analisi ha toccato il tema della mondializzazione e globalizzazione, che tendono a standardizzare e uniformare i gusti alimentari e la domanda: “Il successo di Starbaks o di Mc Donald in Cina è un esempio della potenza che l’economia di mercato può avere nel modificare le abitudini alimentari nel mondo”. Altro esempio: “Oggi il primo produttore mondiale di carne bovina è l’India; fino a qualche anno fa l’India era assente da questo mercato”.
Fenomeno analizzato è stato anche quello della urbanizzazione: “La popolazione urbana era del 30 per cento nel 1950, si ipotizza che sarò del 60 per cento nel 2030, e nel frattempo la popolazione mondiale sarà triplicata. Significa che le città stanno guadagnando terreno, soprattutto terreno agricolo. Presto la maggioranza della popolazione mondiale sarà concentrata in città, con un conseguente scollegamento tra i luoghi di produzioni e i luoghi di consumo del cibo”.
“Si afferma un modello in cui la domanda non ha più come riferimento il produttore, bensì la grande distribuzione, il supermercato – ha aggiunto Virginie Raisson –. La domanda è sempre meno collegata al territorio: ne consegue una situazione in cui tutto diventa disponibile dappertutto nel mondo, in cui si chiedono le fragole a dicembre. La domanda è sempre più slegata dal suolo e destagionalizzata”.
Dalla crescente domanda di carne e prodotti lattiero caseari nel mondo alla distribuzione della produzione dei cereali, dalla netta crescita di colture destinate agli agrocarburanti (“rappresentano oggi a livello mondiale il 4% dei terreni arabili, ma la percentuale dovrebbe raddoppiare nel 2030”) alla rarefazione fondiaria, dallo stress idrico ai cambiamenti climatici che incidono sulla produzione, vari sono stati gli indicatori e i parametri presi in esame nella relazione.
Si è così approdati al tema dello spreco alimentare: “Solo il 43 per cento della produzione alimentare mondiale viene realmente consumato dalle famiglie. Il resto si perde fra inefficacia e problemi legati allo stoccaggio, alla distribuzione, allo spreco. Sono tante le fonti di spreco che potrebbero certamente essere ridotte, ridimensionate”.
A commento dei dati: “E indispensabile riprendere tutti questi parametri, sapere che ci sono gli strumenti, per fare una buona offerta e una buona domanda e riequilibrare il rapporto tra le stesse, il che vuol dire anche occuparsi della nostra salute, ridurre diabete, eccesso di grassi, di glucosio, di colesterolo. Significa occuparsi dello sradicamento dei passaggi, e quindi della nostra sicurezza”, ha concluso Virginie Raisson aggiungendo che “la sfida è quella di promuovere un’agricoltura e un’economia che pongano l’uomo al centro. Solo lì troveremo gli strumenti per nutrire la popolazione mondiale, per nutrire il pianeta”.
Brian Halweil
Senior Fellow, Worldwatch Institute, USA
Un fenomeno in crescita, che coinvolge sempre più persone negli Stati Uniti e che è in grado di dare nuove risposte alle distorsioni del mercato alimentare. E’ la cosiddetta “agricoltura comunitaria” (in inglese “community farming”), i cui principi sono stati illustrati dal professor Brian Halweil al XIV Forum internazionale dell’agricoltura e dell’alimentazione di Cernobbio. Durante il convegno organizzato da Coldiretti il professor Halweil, membro anziano del Worldwatch Institute, ha iniziato il suo discorso raccontando l’esempio dell’isola di Long Island, a 70 km da New York. Qui il business dell’agricoltura comunitaria ha avuto successo: oggi infatti su quest’isola si trovano aziende vitivinicole, produttori di birra, coltivatori di ostriche.
Un modello vincente anche dal punto di vista economico, come dimostrano le 25mila comunità agricole presenti oggi in tutti gli USA, un numero che raddoppia ogni 3-4 anni. Un successo dimostrato, ad esempio, anche dalla storia di David, che tutti a Long Island chiamano “l’uomo dei funghi” e che vendendo direttamente i suoi prodotti è riuscito a far crescere costantemente la sua azienda da 10 anni a questa parte.
Ma la “community farming”, oltre a colmare i vuoti lasciati dall’agricoltura intensiva e a garantire reddito, è in grado anche di portare altri vantaggi all’intera comunità locale. Come ha spiegato il membro anziano del Worldwatch Institute, infatti, “l’agricoltura aiuta a proteggere l’ambiente, a migliorare la salute dei cittadini e a ridurre gli sprechi”. Quello dell’agricoltura comunitaria si è dimostrato essere un modello di successo anche in altri continenti, come dimostrano le nuove coltivazioni e i nuovi programmi alimentari sperimentati in questi anni in Africa e che oggi contribuiscono a sfamare milioni di bambini garantendo reddito a migliaia di agricoltori. “Perché – ha concluso Brian Halweil – i problemi sono globali, ma le soluzioni possono essere locali”.
Woody Tasch
Fondatore e Presidente Slow Money
Un nuovo rapporto tra cibo e finanza. Lo ha proposto Woody Tasch al Forum internazionale dell’agricoltura e dell’alimentazione di Cernobbio parlando della sua esperienza con Slow Money, un movimento che si ispira a Slow food e promuove uno sviluppo sostenibile che investe in piccole imprese locali. “Slow food – ha detto Tasch – si riferisce a un approccio tra consumatore e produttore, Slow money tra investitori e produttori”. Parlando di Slow money Tash ha spiegato che negli ultimi 4 anni più di 38 milioni di dollari sono stati investiti in 350 piccole imprese agricole americane attraverso la rete di slow money. “Si tratta di un inizio di un qualcosa – ha rilevato – che speriamo di far crescere ulteriormente.” Leggendo un passaggio del suo libro ha quindi evidenziato che il denaro è troppo veloce perché è staccato dalle cose e dalle persone e questo rende impossibile capire se si stanno correggendo errori economici o se siamo sull’orlo di qualcosa di più profondo e di più sfidante. Ci dobbiamo fermare e capire da dove viene il valore reale.
Ma tutto questo in realtà significa anche rallentare i ritmi, e questo “rallentamento” porta inevitabilmente a minori profitti, ed è questo il punto più difficile da accettare per il capitalismo moderno. Tuttavia i vantaggi sono numerosi ed evidenti. Avremmo un assoluto rispetto della natura, delle risorse che abbiamo a disposizione e una responsabilità sociale che ci permetta di riscoprire i veri valori umani e di avere un’economia basata sui rapporti umani e sulla qualità delle relazioni.
Dopo aver illustrato alcuni esempi delle attività e degli investimenti realizzati da Slow money nei vari Paesi, Tasch ha precisato che sostenere le piccole realtà è anche un modo per diversificare i propri investimenti.
Umberto Galimberti
Filosofo
“Davvero possiamo crescere ancora?”. Attorno a questa domanda si è sviluppata la relazione del filosofo Umberto Galimberti al XIV Forum internazionale dell’agricoltura organizzato dalla Coldiretti a Cernobbio. “E’ la terza generazione che cresce, solo che adesso il 20% della popolazione mondiale consuma l’80% delle risorse della Terra. Non possiamo più tenere questo livello. Fino a quando è possibile andare avanti così?Il nostro non è un modello esportabile. Se lo dovessimo esportare il mondo esploderebbe”.
L’attuale nostro sistema economico finanziario – dice Galimberti – ci vuole consumatori e produttori: “Il consumo accelerato è la condizione per produrre e lavorare, la nostra cultura è diventata nichilista. Il consumo non quindi più la fine delle cose, ma diventa il fine. E’ terribile”. Galimberti ha poi portato l’esempio della moda che “rende impresentabile quello che solo poco prima era una novità. La moda è una macchina distruttrice”.
Sulla Terra saremo 10 miliardi nel 2030 ed è per questo che per il nostro sistema di sviluppo serve, secondo il filosofo, una “decrescita con saggezza che riscopra i valori della solidarietà che erano quelli dei nostri nonni che non è detto che fossero meno felici”.
Bisogna uscire, afferma Galimberti “dalla cultura del dominio tipica del mondo occidentale” che ha cambiato “la nostra percezione della Terra che vediamo sempre più come un mezzo. Ma la Terra non è un mezzo”. Anche se la globalizzazione scattata nel 1989 con la caduta del muro di Berlino ha portato “a un mondo unico nel segno del mercato universale”.
Dice Galimberti: “Noi occidentali abbiamo inventato la democrazia, i diritti umani e il mercato. Alla fine è rimasto solo il mercato. Un mercato presidiato dal denaro. Denaro che, diceva Marx, è mezzo per soddisfare bisogni e per produrre beni, ma se diventa condizione per tutto allora non è più un mezzo ma diventa un fine. Heidegger sostiene che è inquietante un mondo che è un unico apparato tecnico economico ed è inquietante che non disponiamo di un pensiero alternativo a quello che sa fare solo di conto”.
Sabato 18 ottobre – Mattina Prima sessione
Maurizio Martina
Ministro delle politiche agricole e forestali
Il settore primario oggi quando discute di se stesso in realtà va ben oltre i suoi confini. Noi abbiamo un patrimonio di aspettative e fiducia che ha un valore rilevante per tutti in un momento come questo. Non dobbiamo nasconderci le difficoltà e le preoccupazioni, ma oggi misuriamo sull’esperienza agroalimentare un tasso di fiducia positiva che ha un valore incredibile. E’ quanto ha evidenziato il ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina al Forum di Cernobbio. Al Ministero – ha aggiunto – abbiamo iniziato a lavorare per macro progetti attorno all’idea che oggi l’agricoltura e l’agroalimentare possono essere considerati come una straordinaria leva di prospettiva anche per l’intero progetto nazionale.
A livello di ministero – ha detto Martina – abbiamo fatto delle scelte con l’applicazione della Pac. Abbiamo fatto un’operazione importante con campo libero, lavorando prima della legge di stabilità su alcuni temi cruciali, come ad esempio le agevolazioni per le assunzioni. Tra le altre cose abbiamo provato a costruire un pacchetto per i giovani, in modo da favorire il ricambio generazionale in agricoltura. Il nostro obiettivo è far sì che i giovani non considerino l’agricoltura come un settore rifugio in tempo di crisi. L’agricoltura non è un parcheggio, ma una strada verso una prospettiva.
Con il nostro ministero, a differenza del passato – ha precisato il Ministro – abbiamo anche iniziato a parlare di internazionalizzazione perché questo aspetto rappresenta una grossa scommessa. Anche l’e-commerce è una grande opportunità che dobbiamo cogliere. Dobbiamo fare lo sforzo di legare questo strumento alle produzioni dei nostri territori perché ci sono margini di crescita importanti. In occasione del Forum abbiamo presentato il piano investimenti 2015 – 2017 del Ministero delle politiche agricole. A risorse certe prospettate dentro una leva tra pubblico e privato c’è un potenziale formidabile di investimento, non inventato, ma strutturato. Oltre 2 miliardi di risorse pubbliche e private in questo momento sono importanti e invito tutti a ragionare su come utilizzarle in modo concreto.
Martina ha concluso sottolineando che per raggiungere risultati significativi “abbiamo anche messo in capo un nuovo modo di lavorare tra ministeri, adottando il gioco di squadra come modalità operativa”.
Phil Hogan
Commissario designato Agricoltura Ue
Semplificazione, qualità, sicurezza e collaborazione. Sono i tre temi sottolineati da Phil Hogan, commissario designato all’Agricoltura dell’Unione europea, intervenuto alla sua prima uscita in Italia nel nuovo incarico al XIV Forum internazionale di Cernobbio promosso da Coldiretti e Ambrosetti.
“La nuova Pac – ha detto il commissario designato – entrerà in vigore tra due mesi e dobbiamo dare ai nostri agricoltori le soluzioni pratiche che si attendono ed io sono pronto a sostenere gli Stati membri per implementare la riforma, consapevole dei dubbi che accompagnano la nuova Pac”.
Il Commissario europeo designato ha individuato nelle semplificazione uno degli impegni principali: “la semplificazione non è semplice perché si tratta di armonizzare le tante diversità agricole nell’Ue e in questa direzione intendo intraprendere uno screening di tutta la legislazione europeo, convinto che bisogna tagliare le complicazioni. Per questo sono pronto ad ascoltare i suggerimenti di organizzazioni come la vostra”.
Ricordando che la domanda alimentare crescerà del 60 per cento entro il 2050, Hogan ha affermato che l’Europa “deve essere in grado di cogliere le opportunità della domanda crescente anche in termini di garanzie di sicurezza”. Sulle trattative commerciali con gli Usa, Hogan ha affermato di “condividere l’impegno del presidente designato della Commissione, Juncker, per un accordo ragionevole e bilanciato che tuteli gli standard produttivi europei. Non vogliamo sacrificare – ha detto Hogan – la qualità per ragioni commerciali”.
Il Commissario designato ha ricordato il ruolo dell’agricoltura nell’Ue, importante soprattutto in questo momento di crisi agricola perché rappresenta il 3,5 per cento del valore aggiunto europeo, con il ì 70% delle esportazioni. “Il mio impegno – ha detto – sarà sostenere lo sforzo agricolo nei prossimi cinque anni. Fondamentale sarà lo spirito di collaborazione tra tutte le istituzioni affinché l’agricoltura sviluppi un ruolo centrale anche a sostegno dei giovani che vogliono impegnarsi nel settore”.
Paolo De Castro
Coordinatore S&D, Commissione Agricoltura e Sviluppo rurale Parlamento europeo
“Abbiamo bisogno che l’agricoltura venga messa al centro dell’attenzione in Europa. Abbiamo sofferto una debolezza negli anni passati pagata con una riforma della Pac che, pur migliorata rispetto a com’era in partenza, rimane una proposta sbilanciata, pone sul tavolo una serie di difficoltà e problemi per i nostri agricoltori. Quella semplificazione, quella sburocrazione che avevamo lanciato, non l’abbiamo ritrovata in questa nuova Pac. Abbiamo al contrario la seria preoccupazione che crescerà il tempo che gli agricoltori dovranno dedicare alle carte, alla burocrazia. E cresceranno le difficoltà che le amministrazioni avranno nel gestire il greening. Gli effetti positivi sull’ambiente saranno poco misurabili, commisurati alla fatica degli agricoltori e degli amministratori”. Si è aperto così l’intervento di Paolo De Castro, coordinatore S&D alla Commissione Agricoltura e Sviluppo rurale del Parlamento europeo. Parole rivolte al commissario Ue designato per l’agricoltura Phil Hogan (definito “un commissario più forte, che si batterà per tutelare e difendere gli interessi degli agricoltori”).
Sulla debolezza dell’agricoltura in Europa, De Castro ha citato l’annuncio dell’esecutivo comunitario di stralciare 448,4 milioni dal bilancio agricolo per ridare ossigeno ad altre politiche europee che mancano di finanziamenti. “Non è tanto il taglio di quasi 450 milioni, ma è il concetto di usare la Pac come un bancomat per pagare altre politiche – ha sottolineato –. E questo è un grande segno di debolezza all’interno della commissione, ed è anche conseguenza del fatto che è mancato gioco di squadra tra parlamento e commissione”.
Parlando al neocommissario Hogan, De Castro ha descritto l’agricoltura italiana come “un settore che sta crescendo, sta creando occupazione, sta dando speranze ai giovani, con un ritorno dei giovani alle facoltà di agraria e agli istituti tecnici (“Certo una delle cose buone della nuova pac – ha chiosato – accanto all’agricoltore attivo è stata senz’altro l’attenzione ai giovani”).
“L’agricoltura – ha aggiunto De Castro – è un grande settore economico e sociale, ha bisogno di una politica forte, ha bisogno che si capisca l’importanza di questo settore all’interno dell’economia” .
De Castro ha citato le emergenze sul tavolo: le novità settoriali, la riforma ortofrutta, il nuovo pacchetto latte: “Siamo preoccupati sul latte – ha sottolineato –. I prezzi stanno scendendo drammaticamente e noi affrontiamo questa difficoltà di mercato con l’orizzonte della fine del sistema delle quote. Quell’atterraggio morbido post-quote latte che doveva essere messo in campo, finora non l’abbiamo visto” ha aggiunto, auspicando “un serio dibattito europeo per costruire quell’atterraggio morbido”.
Altra grande partita, il negoziato con gli Usa. “Dobbiamo mettere con grande trasparenza tutti gli elementi sul tavolo, spiegare vantaggi e svantaggi – ha detto De Castro –. Non c’è dubbio che l’Europa abbia nel mercato degli Stati Uniti delle straordinarie opportunità: l’Europa esporta più di 15 miliardi di euro di prodotti agricoli negli Stati Uniti, mentre importa circa 10 miliardi di prodotti dagli Usa. L’Europa ha un saldo attivo crescente che è arrivato a superare i 5 miliardi. Questi i numeri. Ma accanto ai numeri noi non vogliamo perdere quelle prerogative di attenzione alla qualità, ai nostri standard, di attenzione ai rischi che questo negoziato potrà dare. Nel negoziato saremo inflessibili nel guardare agli aspetti offensivi, e nell’impegno di non ridurre i nostri standard”.
L’intervento di De Castro si è chiuso richiamando la grande opportunità (italiana ed europea) rappresentata da Expo 2015. “Ci riconduce al grande tema posto in questo Forum: come gestiremo un pianeta che ha bisogno di alimentare una popolazione che cresce e che domanda sempre più prodotti zootecnici, sempre più proteine animali. Come gestiremo le risorse naturali scarse”. “Starà a noi – ha concluso – gestire le risorse naturali con innovazione, con intelligenza, affrontando la questione della scarsità dei suoli, dell’acqua, con tutti i problemi amplificati dalla fragilità del nostro territorio”. Da cui l’impegno, accanto al Commissario Hogan, “per un lavoro che nei prossimi cinque anni sarà determinante”.
Antonio Tajani
Vice Presidente Parlamento Europeo
“Phil Hogan ha dimostrato di avere una strategia precisa, un progetto forte. E in questo momento abbiamo bisogno di commissari forti per imprimere una linea politica all’Europa”. Con queste parole Antonio Tajani, vice presidente del Parlamento europeo, al Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione organizzato da Coldiretti ha commentato l’intervento del Commissario Europeo designato per l’Agricoltura e lo Sviluppo Rurale.
“Dobbiamo ridare all’agricoltura il ruolo forte che questo settore ha nell’economia reale”, ha detto Tajani a Cernobbio, centrando il suo intervento sull’esperienza europea. “La politica commerciale in passato è stata spesso naif e non ha tutelato al meglio le nostre produzioni – ha detto l’ex commissario europeo all’industria durante il Forum Coldiretti – Ora invece dobbiamo fare in modo che la qualità dei nostri prodotti sia tutelata, perché ci sono troppi falsi sui mercati esteri e perché ci sono in corso trattative importanti, come quelle con gli Stati Uniti e con il Canada”.
Durante il suo intervento a Cernobbio Tajani ha parlato di economia, sottolineando come il Made in Italy sia uno degli strumenti in grado di dare una speranza di crescita all’Italia e spiegando anche come siano importanti le scelte macro e microeconomiche dell’Unione Europa. “Perché nell’economia reale ogni settore è importante per la crescita, non esistono compartimenti stagni – ha detto il vice presidente del Parlamento europeo – E un’agricoltura forte, moderna e competitiva è uno dei grandi pilastri dell’economia reale”. Anche per questo c’è bisogno di tecnici agronomi competenti, in grado di realizzare prodotti agricoli di qualità e di poterli portare poi sul mercato con una maggiore equità. “Noi ci siamo sempre battuti perché il produttore agricolo non sia l’anello più debole della filiera – ha sottolineato Tajani – condividendo con Coldiretti l’impegno per una filiera corta che renda più competitivo l’intero sistema”.
Il vice presidente del Parlamento europeo ha concluso il suo intervento al XIV Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione ribadendo come un’agricoltura rinforzata dal lavoro di Commissari europei forti e politicamente influenti sia uno dei settori più importanti per uscire dalla crisi. “Dobbiamo consolidare l’ottimismo rilevato dalle ricerche presentate qui a Cernobbio – ha concluso Tajani – per dare così opportunità concrete di lavoro ai nostri figli”.
Giancarlo Caselli
Magistrato, Presidente Comitato scientifico dell’Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare
In apertura del suo intervento al Forum internazionale dell’agricoltura e dell’alimentazione di Cernobbio Gian Carlo Caselli, magistrato e presidente del comitato scientifico della Fondazione “Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare” ha ricordato che tra i fattori frenanti la ripresa, come è stato indicato anche dai sondaggi presentati durante i lavori delle precedenti sessioni del Forum, figurano la corruzione (38%), l’evasione fiscale ( 35%), la criminalità organizzata (12%).
Per Caselli questo significa che l’illegalità in tutte le sue declinazione è percepita come un fattore frenante la ripresa, anche se si scontra con un altro aspetto e cioè che la legalità non sempre viene percepita come un valore ma, anzi, a volte viene considerata come qualcosa di vecchio “. Quindi – ha spiegato Caselli – da un lato l’illegalità è percepita come un freno, dall’altro la legalità è percepita come un qualcosa di inutile, da relegare in qualche soffitta. Tutto ciò accade perché è diffusa la convinzione che chi sbaglia non paga, soprattutto se conta. Questa filosofia è confermata dalla frequenza di condoni e di leggi ad personam”.
Caselli ha sottolineato che un altro fattore che pesa sulla percezione della legalità e’ il fallimento delle campagne di educazione alla legalità nelle scuole. Oggi purtroppo l’Italia delle regole zoppica, mentre l’Italia dei furbi cresce.
Caselli ha quindi illustrato l’importanza dell’Osservatorio voluto da Coldiretti che si propone un obiettivo di fondo molto ambizioso: recuperare una presenza forte, radicale, sul tema della legalità. Questo per Caselli implica soprattutto due cose: obbligo di denuncia e obbligo di progetto. “Obbligo di denuncia – ha spiegato – significa mettere a punto gli strumenti per denunziare tutti i casi di opacità, inganno, imitazione, contraffazione, adulterazione e illegalità che danneggiano il Made in Italy agroalimentare. Obbligo di progetto invece vuol dire non inseguire l’emergenza, ma definire un piano organico per contrastare questo mercato sommerso che fattura milioni di euro”. L’osservatorio mette in rete tutti i i soggetti interessati a vario titolo, a partire dai ministeri, dalle commissioni, dalle forze dell’ordine e dalla magistratura.
“Fare rete – ha puntualizzato Caselli – significa intrecciare sensibilità, competenze, esperienze di tutti in modo da ridurre la frammentazione che troppo spesso caratterizza la situazione attuale”. In conclusione in Caselli ha ricordato anche il ruolo della responsabilità dei cittadini. “L’illegalità – ha detto – vince quando i cittadini arretrano o restano assenti”.
Giovanni Legnini
Vice-presidente Consiglio superiore della Magistratura
Formare magistrati italiani affinché sappiano tutto sulle normative, anche comunitarie, in materia di sicurezza e qualità dell’alimentazione. E’ la proposta che il vice-presidente del Consiglio superiore della Magistratura, Giovanni Legnini, farà al Csm dopo la sua partecipazione al XIV Forum internazionale dell’agricoltura e alimentazione a Cernobbio, dove lo stesso Legnini ha detto di aver maturato questa decisione.
“La tutela del made in Italy – ha detto – è ritenuta rilevante da un vasto mondo perché è importante per la ripresa del Paese. Oggi c’è più consapevolezza rispetto a dieci anni fa di questo problema, grazie anche a Coldiretti e ai mezzi di comunicazione. Abbiamo una normativa molto avanzata, ci sono strumenti e corpi di polizia adeguati, ma ci sono anche alcune vulnerabilità: dobbiamo fare in modo che la tutela dei diritti sia effettiva arrivando alla fase attuativa delle norme; occorre coordinare gli strumenti delle forze di Polizia ed assicurare una azione più efficace della magistratura. Per questo si può utilizzare il tribunale delle imprese, costituito da tre anni, anche in chiave di difesa del consumatore e bisognerà superare la stanchezza dei giudici facendo in modo che la Magistratura si senta importante per il futuro del Paese”.
Philippe Daverio
Giornalista, storico dell’arte
“Come mi disse una volta un amico svizzero, i contadini sono i giardinieri delle nostre montagne. E per questo dobbiamo sostenerli”. Con queste parole Philippe Daverio ha chiuso il suo intervento al Forum internazionale dell’agricoltura e dell’alimentazione organizzato da Coldiretti. Nel discorso tenuto a Villa d’Este di Cernobbio il noto storico dell’arte ha parlato dell’importanza della salvaguardia del territorio, e del ruolo fondamentale rivestito anche in questo senso dal mondo agricolo. “Già Siena manteneva i propri contadini – ha spiegato Daverio – Oggi anche noi dobbiamo recuperare il nostro passato per il salvare il nostro futuro”.
Il disegno del territorio, ha sottolineato il noto giornalista televisivo, è infatti fondamentale per garantire quella qualità della vita che caratterizza l’Italia, che deve tornare ad essere il Paese più bello del mondo com’era un centinaio d’anni fa. “Dobbiamo avere il coraggio di dire che negli anni Sessanta e Settanta abbiamo sbagliato – ha detto Daverio – Dobbiamo riconoscere gli errori che abbiamo commesso allora, quando sbagliando si pensava di trasformare il Meridione nella Ruhr italiana e non nella California europea”.
Nella qualità della vita e del territorio, infatti, l’Italia può trovare il suo futuro: secondo Daverio bisogna ridisegnare radicalmente il Paese, facendo della qualità estetica del territorio un asset fondamentale. A questo proposito lo storico dell’arte ha ricordato anche a Cernobbio la sua “teoria delle 4 F” (in inglese Food, Fashion, Furniture e Ferrari, in italiano Cibo, Moda, Mobili e Ferrari). Un vero e proprio modello di sviluppo, dove l’agricoltura è fondamentale non tanto come produttrice di commodites, ma anche come custode della bellezza e dell’armonia del territorio italiano.
Nel corso del suo intervento al Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione Daverio si è detto ottimista, e ha ricordato anche quanto l’associazione “Save Italy” da lui fondata due anni e mezzo fa abbia contribuito ad evitare, ad esempio, che si aprisse una discarica davanti a Villa Adriana. Daverio ha citato anche l’esempio della Reggia di Carditello, in provincia di Caserta: “Qui nel Settecento è stata inventata la cultura del pomodoro San Marzano e della pizza, del pomodoro San Marzano e degli spaghetti – ha spiegato il critico in conclusione del suo intervento – In un altro Paese questo posto ci sarebbe un tempio, da noi è rimasto tutto abbandonato all’incuria per anni”.
Lucio Caracciolo
Direttore Limes
Si è aperta richiamando la famosa battuta di Henry Kissinger – “quale numero devo fare se devo chiamare l’Europa?” – la “lezione magistrale” sul tema La nuova situazione geopolitica, proposta da Lucio Caracciolo, direttore della rivista italiana di geopolitica Limes, nella seconda giornata del Forum internazionale dell’agricoltura e dell’alimentazione a Cernobbio, organizzato da Coldiretti in collaborazione con lo Studio Ambrosetti.
Caracciolo ha definito “caoslandia” la “zona deglobalizzata del mondo, area che va sostanzialmente dai Caraibi all’Oceano indiano, attraversa il continente africano quasi per intero, e buona parte del nostro Oriente vicino”, evidenziando la difficoltà di trovare (di individuare) oggi interlocutori in terre che hanno vissuto la frammentazione del potere, e che sono alle frontiere del nostro Paese.
Caracciolo ha descritto le grandi fonti di crisi presenti, dal fenomeno delle “primavere arabe” (“disintegrazione e parziale ricostruzione dei poteri alla nostra frontiera africana e levantina”) al fronte orientale dei Balcani, con una crisi solo parzialmente sedata (che si sta estendendo verso la frontiera russa).
“Di fronte a queste sfide ci troviamo in difficoltà perché sono caduti alcuni riferimenti, o per meglio dire alcuni “regimi”, sono venuti meno personaggi con i quali si aveva una consuetudine: il numero di telefono era chiaro. Oggi non si sa più quali siano i referenti ai quali rivolgersi”, ha ribadito l’esperto di geopolitica.
Dalle vicende della Libia (“la porta girevole tra caoslandia e il nostro Paese”) il relatore è approdato all’analisi di quello che ha definito “l’epicentro dei conflitti che riguardano la nostra frontiera frastagliata: il conflitto interno al mondo musulmano, da intendere non come uno scontro di civiltà, di religioni, bensì come un conflitto di potere”.
Proposta l’analisi della nuova situazione geopolitica, la conclusione: “Di fronte alla frammentazione dei numeri di telefono, diventa essenziale comprendere quali sono gli attori che effettivamente contano, a quali interlocutori rivolgersi – ha detto Caracciolo – e diventa essenziale muoversi sul terreno con flessibilità e intelligenza. Doti che molti Paesi ancora non hanno e che forse il nostro Paese ha un po’ più di quello che si pensa”.
Lapo Pistelli
vice Ministro degli affari Esteri
“La politica non è il potere, ma è uno dei poteri, e’ un potere in una rete di poteri”, ha detto il vice ministro degli affari esteri Lapo Pistelli al Forum internazionale dell’agricoltura e dell’alimentazione di Cernobbio. “La forza dell’economia e dell’informazione – ha rilevato – sono poteri non convenzionali con i quali la politica si relaziona. La globalizzazione ha reso il mondo allo stesso tempo più piccolo e più grande, fatto di realtà intrecciate. Questo presenta delle grandi opportunità ma anche delle grandi vulnerabilità”.
Proseguendo nella sua analisi Pistelli ha detto che il mondo di oggi è caratterizzato da un ordine che non è possibile classificare con una sola etichetta, ma che cambia a seconda di come si guarda. “L’Italia – ha detto – fa ancora parte di una sorta di Champion league che i Paesi emergenti stanno scalzando, ma che ha nell’immaginario collettivo una qualità della vita che conta di più dei numeri espressi dalle statistiche. Nel mondo c’è una grande domanda di Italia che anche se facesse i compiti a casa il nostro Paese farebbe fatica a soddisfare. Significa che noi occupiamo nell’immaginario collettivo un posto superiore a quello di cui siamo consapevoli”.
Pistelli ha quindi introdotto una riflessione sul cibo. “Noi siamo stati abituati finora a considerare che i conflitti si sviluppavano per controllare le vie di comunicazione o le materie prime. Bisogna pensare che oggi il cibo è motivo di guerra. Si può fare la guerra tramite il cibo, si può fare la guerra sul cibo”.
Ha quindi spiegato che siamo davanti a un mondo che dovrà fare i conti con questi dati: nel 2050 saremo 9 miliardi, quindi ne abbiamo ancora 2 da mettere in campo. Più del 50 per cento di questi numeri arriveranno da cinque Paesi: India ,Cina, Pakistan, Indonesia, Nigeria. Questo significa che ci sarà una forte domanda di cibo. Ogni anno la domanda di cibo aumenta del 4,5 per cento e la capacità di produzione aumenta del 2 per cento.
Quindi c’è un Gap che si crea ogni anno tra domanda e offerta. Dobbiamo confrontarsi con un mondo vicino a noi dove si affaccia una generazione giovane, affamata. Se è vero che pochi giorni fa le Nazioni unite hanno definito l’Ebola una minaccia della pace e della sicurezza, domani anche la scarsità di cibo o la sua iniqua redistribuzione potrà diventare una minaccia alla pace e alla sicurezza.
“Oltre che una grande domanda di Italia – ha concluso – nel mondo vi è una domanda di sviluppo che chiede all’Italia non solo uno sforzo di diplomazia ma la capacità di sfruttare le risorse disponibili che ancora sono inutilizzate”.
Riccardo Maria Monti
Presidente Ice
Secondo il presidente dell’Ice l’export agroalimentare italiano nei prossimi anni può raddoppiare. Per cogliere questa occasione, l’Italia ha tre cose da fare: “la prima – ha detto – promuovere il nostri prodotti nel mondo, soprattutto nella ristorazione. La seconda è educare i consumatori stranieri spiegando che il Parmigiano Reggiano si paga dieci perché vale dieci e il Parmesao si paga uno e perciò vale uno. La terza cosa è un’applicazione della tecnologia che consenta di comunicare esattamente l’origine del prodotto, smascherando i prodotti tarocchi”.
Francesco Pugliese
Amministratore Delegato e Direttore Generale, Conad
“Dobbiamo promuovere la semplificazione e l’aggregazione: senza queste non andiamo da nessuna parte”. E’ questa la ricetta proposta da Francesco Pugliese, amministratore delegato e direttore generale di Conad al Forum internazionale dell’agricoltura e dell’alimentazione, per risolvere molti problemi del mercato alimentare italiano a partire dall’export.
“Oggi l’Italia esporta il 21 per cento di quanto produce – ha detto Pugliese al Forum organizzato da Coldiretti a Cernobbio – la Spagna il 23, la Francia il 25 e la Germania il 31”. Oggi infatti, ha ricordato l’ad di Conad, il prodotto italiano più diffuso in termini numerici nel mondo è il Tic Tac della Ferrero. “Una pastiglietta di zucchero che niente ha a che vedere con la cultura gastronomica italiana – ha detto Pugliese – Mentre il secondo prodotto italiano più diffuso nel mondo è l’acqua San Pellegrino, e lo è diventato dopo che lo ha comprato la multinazionale svizzera Nestlé”.
Eppure, ha sottolineato il direttore generale di Conad, la richiesta di prodotti italiani all’estero è molto alta, ma spesso si incontrano difficoltà nel portare questi prodotti sui mercati esteri. “Qualcosa possiamo ancora fare per promuovere al meglio i prodotti italiani all’estero”, ha detto Pugliese, che nel suo intervento ha citato l’esempio di Sodexa, che ha costruito un catalogo dei veri e qualificati prodotti francesi.
Luigi Cremonini
Presidente Gruppo Cremonini, Presidente INALCA
“Siamo una nazione a vocazione bovina. Abbiamo un territorio, anche collinare, che è ambiente ideale per i bovini. Abbiamo la tradizione: siamo un popolo di allevatori. E’ nostra precisa responsabilità, culturale e morale, quella di conservare questo patrimonio”. E’ una dichiarazione d’amore all’Italia “terra di allevatori e di bovini” l’intervento di Luigi Cremonini, Presidente Gruppo Cremonini e Inalca, proposto nella seconda giornata del Forum internazionale dell’agricoltura e dell’alimentazione a Cernobbio, organizzato da Coldiretti in collaborazione con lo Studio Ambrosetti.
Cremonini ha richiamato la propria storia personale (“nato in campagna, piccolo coltivatore diretto, con quattro vacche in stalla”) per ricordare che “l’Italia era un Paese coperto da animali” e denunciare il fatto che nel tempo questa “nostra vocazione è venuta meno, con la distruzione di razze che rappresentavano un’eccellenza unica, un patrimonio per il Paese”.
Da qui, quella che Cremonini ha definito “una raccomandazione” rivolta al Ministro per le politiche agricole presente alla tavola rotonda: “Riportiamo i giovani sulle nostre colline, sul nostro territorio, sui nostri prati. Assistiamo ad un boom di iscrizioni di giovani a scuole e facoltà universitarie legate all’agricoltura. Sta alla politica fare la propria parte, dare gli strumenti affinché i giovani abbiano la concreta opportunità di dedicarsi alla terra e all’allevamento. Cosa che è interesse di tutto il Paese”.
Biagio Mataluni
presidente Olio Dante – Oleifici Mataluni
“Siamo riusciti a strappare agli spagnoli e a riportare in Italia i grandi marchi di olio italiani” ha detto Biagio Mataluni, Presidente di Olio Dante al XIV Forum di Cernobbio organizzato dalla Coldiretti. “Adesso abbiamo un portafolio di prestigio e uno degli stabilimenti più importanti d’Europa”. Mataluni ha poi aggiunto: “Concordo con il Presidente di Coldiretti Roberto Moncalvo sul fatto che abbiamo bisogno di regole, legalità e risorse. Su regole e legalità è naturale l’alleanza fra agricoltura e industria. Per quanto riguarda le risorse, lo Stato ha investito nella nostra azienda a valori di mercato. Io mi alleo volentieri con la Coldiretti e con il mio Paese. E sono favorevole a nuove partecipazioni strategiche a valori di mercato dello Stato nella nostra azienda”.
Filippo Tramonti
Presidente pastificio Ghigi
Il pastificio Ghigi – ha detto il presidente produce solo il 20% della sua pasta con il proprio marchio e il resto per private label di oltre-oceano (Walmart, Wild Oats, Walgreens, Usfood) perché negli Stati Uniti, granaio mondiale e patria degli Ogm sta crescendo la domanda di richiesta di pasta italiana e per di più di pasta Ogm-free, per cui si orientano verso produzioni biologiche. “La nostra forza – ha detto Tramonti – è essere una società che ha la sua base principale nei produttori agricoli e il nostro obiettivo è assicurare loro un reddito. Nel prossimo contratto pagheremo 2,5 euro in più al quintale”.
Gian Luca Galletti
Ministro dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare
Eco-reati e dissesto idrogeologico, cambiamenti climatici ed energie rinnovabili: sono alcuni dei temi affrontati dal ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti al XIV Forum internazionale dell’agricoltura e dell’alimentazione organizzato da Coldiretti. “In questo Paese per troppo tempo il ministero dell’Ambiente è stato vissuto come il ministero del no – ha detto Galletti a Cernobbio – Non devo sempre dire sì, ma non dobbiamo nemmeno sempre dire no: devo dire no soltanto quando alcuni provvedimenti mettono in pericolo l’ambiente. E non deve essere un no a prescindere”.
Se volgiamo rilanciare la crescita del nostro Paese, ha sottolineato il ministro, è necessario collaborare con tutti gli altri dicasteri, da quello dell’Economia a quello dell’Agricoltura fino a quello dello Sviluppo economico. “E c’è anche bisogno di strumenti legislativi più forti di quelli che ho a disposizione oggi – ha detto Galletti – Per questo non perdo occasione per sollecitare il Parlamento all’approvazione più rapida possibile del disegno di legge sugli eco-reati”. Se la maggior parte degli imprenditori agricoli e industriali ha capito che soltanto partendo da un ambiente sano è possibile ottenere prodotti di qualità, ha detto Galletti, altri invece si comportano male.
Durante il suo intervento a Cernobbio il ministro dell’Ambiente ha parlato anche di Europa, ribadendo che gli imprenditori agricoli italiani devono poter partire dalle stesse regole adottate per gli imprenditori agricoli europei, e sottolineando anche che le direttive dell’Europa devono essere recepite in Italia come negli altri Paesi. “Ci batteremo perché anche sulle deroghe ci sia minore elasticità dell’Unione Europea – ha detto Galletti – perché non è possibile che alcune deroghe che non salvaguardano l’ambiente vengano concesse con troppa facilità ad alcuni Paesi”.
Al Forum della Coldiretti il ministro dell’Ambiente ha parlato anche di dissesto idrogeologico (“Un problema enorme”, lo ha definito Galletti), legando questo tema a quello dei cambiamenti climatici. “Pochi giorni fa Ban Ki-moon (l’attuale attuale Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ndr) ha lanciato un fortissimo allarme – ha detto il ministro a Cernobbio – E noi dobbiamo decidere oggi se vogliamo fregarcene oppure no”.
Al XIV Forum dell’Agricoltura Galletti ha anche detto di voler condividere con gli agricoltori le strategie future nel settore dell’efficienza energetica, costruendo un vero piano industriale per il Paese. Perché quella che ad alcuni potrebbe sembrare una sfida impossibile o un peso, ha spiegato il ministro, è in realtà una grande opportunità per l’Italia.
Roberto Moncalvo
Presidente Coldiretti
“Usciamo confortati da questa due giorni perché di anno in anno ci accorgiamo di essere sempre meno soli”. Lo ha detto il presidente di Coldiretti, Roberto Moncalvo, concludendo il XIV Forum internazionale dell’agricoltura e alimentazione di Cernobbio. “I tanti interventi di uomini di cultura, politici, forze dell’ordine – ha detto – hanno tutti sottolineato la strategicità dell’agroalimentare non solo in Italia, ma nel mondo e nello stesso tempo hanno sostenuto la necessità di cambiare paradigma, perseguendo la strada che Coldiretti ha da tempo indicato”.
Moncalvo ha ricordato il confronto con il commissario designato all’Agricoltura comunitaria, Phil Hogan, il quale ha sostenuto che la qualità non sarà “barattata” con le esigenze di aumentare gli scambi commerciali; ha apprezzato il lavoro svolto dalle forze dell’ordine nella ricerca delle truffe ed ha sottolineato la volontà della magistratura di promuovere una maggiore formazione dei magistrati sull’agroalimentare. Il presidente ha poi definito “illuminante” il confronto con gli imprenditori che hanno scommesso sul made in Italy e “stimolanti” le provocazioni della Gdo.
Moncalvo ha poi espresso apprezzamento per la volontà di un percorso di crescita manifestata dai politici che hanno riconosciuto la strategicità del settore. “Il ministro Martina – ha detto – ha parlato di internazionalizzazione. Anche noi la vogliamo affinché porti il vero made in Italy nel mondo. Vogliamo affrontare il tema delle risorse non solo in termini di quantità, ma anche di capacità di programmarle e di spenderle bene e su questo vigileremo”.
Sul tema del territorio, il presidente di Coldiretti ha affermato che è necessaria una accelerazione nell’affrontare le questioni, con interventi che evitino il consumo del suolo e riporti l’attività agricolo nelle aree interne. “Per far questo – ha detto Moncalvo – è necessario anche affrontare molto rapidamente la questione nitrati per ridare spazio anche agli allevamenti”. Moncalvo ha poi concluso sottolineando le tre parole fondamentali dell’azione Coldiretti: regole, legalità, risorse.
(Luigi Torriani)