Dopo quattro anni di dibattiti, il 12 giugno i Paesi europei hanno finalmente trovato un accordo in sede Ue: ogni Paese potrà scegliere liberamente se coltivare o vietare gli Ogm sul proprio territorio.
In Europa gli Ogm sono ad oggi di fatto un fallimento: sono solo cinque su ventotto i Paesi europei che coltivano Ogm (Spagna, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovacchia e Romania) per un totale di 148.000 ettari (tutti di mais transgenico MON810), ovvero lo 0,03% della superficie coltivabile europea con numeri risibili se confrontati a quelli dei Paesi extraeuropei (gli Stati Uniti da soli sono a 69,5 milioni di ettari piantati nel 2013, il Brasile a 36,6 milioni di ettari, l’Argentina a 23,9 milioni, il Canada a 11,6 milioni, l’India a 10,8, la Cina a 4).
Sugli Ogm c’è però una certa confusione legislativa in sede Ue, come ha mostrato la vicenda di Giorgio Fidenato in Italia, l’agricoltore friulano che ha piantato mais Ogm ed è stato poi fermato dal governo italiano e in seguito dal Tar. In teoria su tutto il territorio europeo la semina di colture Ogm è consentita, e una sentenza della Corte di Giustizia europea del 18 maggio 2013 afferma che “la messa in coltura di ogm quali le varietà del mais MON 810 non può essere assoggettata a una procedura nazionale di autorizzazione quando l’impiego e la commercializzazione di tali varietà sono autorizzati ai sensi dell’articolo 20 del regolamento n. 1829/2003 e le medesime varietà sono state iscritte nel catalogo comune previsto dalla direttiva 2002/53”. L’Italia ha fermato Fidenato e ha vietato gli Ogm (lo stesso ha fatto la Francia) in base alla cosiddetta “clausola di salvaguardia” (prevista dalla Direttiva europea 2001/18): ogni Stato dell’Unione Europea può bloccare le coltivazioni Ogm se ha ragioni fondate per ritenere che gli Ogm in questione determinino dei rischi per l’ambiente, per l’ecosistema o per la salute umana (nel caso di Fidenato era stata accertata una contaminazione delle colture Ogm su colture non Ogm limitrofe).
L’accordo politico raggiunto in sede Ue il 12 giugno (accordo che dovrà poi essere implementato al Parlamento europeo nei prossimi mesi) prevede in sostanza di stabilire che ogni Paese dell’Unione Europea può liberamente e autonomamente decidere se consentire o vietare la coltivazione degli Ogm sul proprio territorio. Cosa cambia rispetto a prima? La novità è questa: mentre prima la coltivazione di Ogm era consentita in tutta l’Unione Europea e ogni Stato membro poteva bloccarla esclusivamente per ragioni (argomentate) di salvaguarda della salute e dell’ambiente, ora ogni Stato membro può vietare la coltivazione di Ogm in piena autonomia e anche per ragioni politiche.
Il fondatore di Slow Food Carlo Petrini ha spiegato le nuove norme in questi termini: “ho più di una perplessità, su questo ormai consueto abdicare della comunità europea al suo ruolo, specie quando si tratta di politiche agricole e in particolare di Ogm: gli Stati non hanno tutti pari forza legale e pari capacità di negoziazione e una decisione come questa può significare la consegna degli Stati più deboli alle multinazionali. Tuttavia l’elemento da apprezzare è che è stato introdotto un principio dirimente, quello del diritto dei singoli stati membri a decidere il proprio modello agricolo. Fino a ieri potevamo solo sfinirci sul principio di precauzione – peraltro sacrosanto – che riduce i dibattiti al “fa male” o “non fa male” alla salute e all’ambiente. Oggi uno Stato ha la possibilità di dire: il modello agricolo di questo paese, il tipo di produzioni che ne ha determinato la fisionomia, la cultura, l’economia, il turismo non è compatibile con il modello agricolo degli Ogm, quindi non li coltiveremo”.
Secondo il ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali Maurizio Martina “l’intesa raggiunta introduce la necessaria flessibilità che consente agli Stati membri di decidere in merito alla gestione della propria agricoltura, permettendo di vietare o limitare la coltivazione degli Ogm nel proprio Paese. Il compromesso evidenzia, nonostante il diverso approccio di alcuni Stati Membri, la volontà generale di superare i problemi legati al sistema vigente. Ribadisco l’importanza di un’adozione rapida della Direttiva, auspicando che il relativo iter possa concludersi durante il semestre di Presidenza italiana, quantomeno con il raggiungimento dell’accordo politico nella fase della co-decisione con il nuovo Parlamento europeo”.
Secondo il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo “l’accordo politico dei ministri dell’ambiente dell’Ue che dopo quattro anni di dibattiti lascia liberi gli Stati membri di coltivare o di vietare gli Ogm sul loro territorio segna una svolta importante. La procedura, che potrà essere perfezionata nel semestre di presidenza italiana con l’impegno del Ministro dell’Ambiente Luca Galletti al quale va il nostro ringraziamento, realizza da subito una svolta profonda nel quadro normativo europeo. Il divieto di coltivazione da misura provvisoria e legata al principio di precauzione per motivi ambientali e sanitari diventa giustamente una decisione permanente assunta sulla base del modello di sviluppo che ogni singolo Paese intende sostenere. Per l’Italia gli organismi geneticamente modificati (Ogm) in agricoltura non pongono solo seri problemi di sicurezza ambientale e alimentare, ma soprattutto perseguono un modello di sviluppo che è il grande alleato dell’omologazione e il grande nemico del Made in Italy“.
(Luigi Torriani)