Finalmente qualcosa si muove, sul fronte della lotta al falso Made in Italy agroalimentare. Il ministro della Salute Beatrice Lorenzin ha deciso di rendere pubblici la provenienza e i flussi commerciali delle materie prime alimentari provenienti dall’estero.
Il fenomeno del falso Made in Italy, contro il quale ci sono state di recente le grandi mobilitazioni di protesta del Brennero e di Roma, è sintetizzabile in questi dati diffusi dalla Coldiretti: nel complesso circa un terzo della produzione agroalimentare italiana (prodotti alimentari venduti in Italia ed esportati con nome italiano e marchio Made in Italy) contiene in realtà materie prime non italiane, all’insaputa dei consumatori, e non è un caso che le importazioni alimentari nel nostro Paese siano in continua crescita (40 miliardi nel 2013, con un aumento del 20% dall’inizio della Crisi, cioè dalla fine del 2007 alla fine del 2013), mentre a crescere sono anche le frodi e gli allarmi per la sicurezza alimentare (dal 2007 al 2013 c’è stato un incremento del 248% in valore dei cibi e delle bevande sequestrati dai carabinieri dei Nas e un incremento del 14% delle notifiche di cibi e bevande potenzialmente dannosi per la salute in base al sistema europeo di allerta rapido per alimenti e mangimi – RASFF, e l’82% di questi allarmi alimentari riguardano prodotti low cost provenienti dall’estero).
Particolarmente eclatanti sono i casi dell’olio di oliva (l’Italia è il primo importatore mondiale di olio, che proviene per la gran parte da Spagna, Tunisia e Grecia, e le importazioni di olive e olio nel nostro Paese sono aumentate del 163% negli ultimi vent’anni), del latte e formaggi (tre cartoni su quattro di latte a lunga conservazione sono stranieri senza che questo sia indicato in etichetta; le importazioni di formaggi simil-grana in Italia sono aumentate dell’88% negli ultimi dieci anni e almeno la metà delle mozzarelle vendute in Italia sono fatte con latte o con cagliate di importazione), delle carni e salumi (due prosciutti su tre venduti come italiani sono realizzati con carne di maiale di importazione), dei pomodori (almeno il 20% del pomodoro da industria “italiano” proviene in realtà dall’estero, prevalentemente dalla Cina), delle patate (quattro su dieci vengono dall’estero), del succo d’arancia (la gran parte dei succhi d’arancia in vendita in Italia e più in generale in Europa sono concentrati importati dal Brasile e poi allungati con acqua), del vino (importazioni cresciute del 58% nell’ultimo anno) e della pasta (oltre un terzo della pasta “italiana” è ottenuta in realtà da grano non coltivato in Italia).
Tutto questo è possibile anche perché le normative doganali italiane di fatto impediscono l’accesso ai dati sull’origine delle materie prime agroalimentari. Di fronte a questo scenario il ministro della Salute Beatrice Lorenzin ha annunciato la costituzione di un comitato ministeriale incaricato di definire in tempi brevi le modalità attraverso le quali rendere disponibili le informazioni sulla provenienza dei prodotti agroalimentari perlomeno agli operatori di settore e a soggetti che dimostrino un legittimo interesse all’utilizzo di questi dati. Questo il commento del presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo: “l’eliminazione del ‘segreto di Stato’ su informazioni che attengono alla salute e alla sicurezza di tutti i cittadini realizzerebbe finalmente una condizione di piena legalità diretta a consentire lo sviluppo di filiere agricole tutte italiane, che sono ostacolate dalla concorrenza sleale di imprese straniere e soprattutto nazionali che attraverso marchi, segni distintivi e pubblicità, si appropriano illegittimamente dell’identità italiana dei prodotti agroalimentari”.
(Luigi Torriani)