Si è conclusa la vicenda dell’agricoltore friulano Giorgio Fidenato, che aveva seminato mais Ogm. Il Tar del Lazio ha respinto il ricorso di Fidenato confermando quindi il divieto della coltivazione di mais ogm in Italia.
In Europa gli ogm sono un fallimento: ad oggi sono solo cinque i Paesi europei coltivatori di ogm (Spagna, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovacchia e Romania), per un totale di 148.000 ettari (di cui 136.962 in Spagna) seminati nel 2013, mentre gli Stati Uniti da soli sono a 69,5 milioni di ettari piantati nel 2013, il Brasile a 36,6 milioni di ettari, l’Argentina a 23,9 milioni, il Canada a 11,6 milioni, l’India a 10,8, la Cina a 4. La totalità degli ogm coltivati in Europa è costituita da mais Mon810, di fatto l’unica coltura transgenica europea, protagonista in Italia di una vicenda clamorosa che è esplosa nel giugno del 2013 e si è conclusa ad aprile 2014 con una sentenza del Tar.
Il 15 giugno 2013 l’agricoltore friulano Giorgio Fidenato, leader di Agricoltori Federati, ha seminato 6.000 metri quadrati di mais ogm nei comuni di Mereto di Tomba e Vivaro, con il sostegno del Movimento Libertario. Da subito l’allora Governo Letta si è mosso per vietare la coltivazione di mais ogm in Italia, divieto introdotto ufficialmente con decreto interministeriale il 12 luglio 2013. Il divieto è stato fissato per una durata di diciotto mesi in attesa di un pronunciamento dell’Unione Europea. Nel frattempo Giorgio Fidenato ha presentato ricorso contro il decreto del governo Letta, ricorso che è stato bocciato nell’aprile del 2013 dal Tar del Lazio.
A favore delle ragioni di Fidenato ci sono una sentenza della Corte di Giustizia europea del 6 settembre 2012 e soprattutto una sentenza della Corte di Giustizia europea del 18 maggio 2013, secondo la quale “la messa in coltura di ogm quali le varietà del mais MON 810 non può essere assoggettata a una procedura nazionale di autorizzazione quando l’impiego e la commercializzazione di tali varietà sono autorizzati ai sensi dell’articolo 20 del regolamento n. 1829/2003 e le medesime varietà sono state iscritte nel catalogo comune previsto dalla direttiva 2002/53″. Dunque la coltivazione di mais ogm nei Paesi dell’Unione Europea non può essere vietata? Non è così semplice perché secondo l’ordinamento europeo il diritto di coltivare organismi geneticamente modificati coesiste con il diritto dello Stato di condizionare la coltivazione a misure di coesistenza con l’agricoltura non ogm (tradizionale o biologica) per evitare commistioni tra colture ogm e colture non ogm. In pratica, e più in generale: ogni Stato dell’Unione Europea può vietare le coltivazioni ogm se ha ragioni fondate per ritenere che gli ogm in questione determinino dei rischi per l’ambiente, per l’ecosistema o per la salute umana.
E’ questo il caso del mais Ogm di Giorgio Fidenato in Friuli? A quanto pare sì, perché il Corpo Forestale dello stato ha controllato la situazione dei campi limitrofi a quello di Fidenato e ha scoperto che c’è effettivamente, nella misura del 10% circa, una contaminazione degli ogm sulle colture non ogm. In Italia – più in generale – la grandezza media dei campi è di otto ettari, una misura che rende quasi impossibile evitare il rischio di contaminazioni con i campi limitrofi. Da qui la bocciature del ricorso di Fidenato da parte del Tar del Lazio, una bocciatura motivata dai giudici in questi termini:
“a) come affermato dalla giurisprudenza comunitaria dal principio di precauzione discende che, quando sussistono incertezze riguardo all’esistenza o alla portata di rischi per la salute delle persone, possono essere adottate misure protettive senza dover attendere che siano esaurientemente dimostrate la realtà e la gravità di tali rischi. L’applicazione corretta del principio di precauzione presuppone, in primo luogo, l’individuazione delle conseguenze potenzialmente negative per la salute derivanti dall’uso della sostanza attiva in questione, nonché la valutazione complessiva del rischio per la salute basata sui dati scientifici disponibili più affidabili e sui risultati più recenti della ricerca internazionale (Corte di Giustizia, sez.II, n.77/2010; sez.VI, n.24/2004);
b) è palese che il contestato decreto rispecchia in toto le condizioni previste per il principio in questione in quanto:
b1) sono state evidenziate le conseguenze negative per l’ambiente derivante dalla diffusione della coltura del mais MON 810;
b2) tali conseguenze negative sono state prospettate dagli studi più recenti dell’EFSA che è l’organo ausiliario della Commissione cui è devoluta in via esclusiva l’individuazione, la valutazione e la gestione del rischio conseguente alla coltivazione del mais in questione”.
Secondo Legambiente si tratta di una “sentenza storica, una grande vittoria per l’agricoltura italiana di qualità”, per l’Aiab “l’unica maniera di salvare un settore come il biologico che vale 3 miliardi di euro” (e che è in continua crescita), mentre per la Coldiretti occorre ora “chiarire quali siano le sanzioni da applicare nel caso di violazione del divieto di messa a coltura degli ogm in Italia, in modo da evitare situazioni analoghe a quanto accaduto in Friuli Venezia Giulia”. Secondo il ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali Maurizio Martina, soddisfatto della sentenza del Tar, “il nostro obiettivo ora è dare più autonomia di scelta ai singoli Stati sul tema Ogm. Se non riusciremo a trovare un accordo entro giugno, questo sarà uno dei dossier più importanti del semestre italiano di Presidenza dell’Ue“, una posizione condivisa anche dal ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti (“dopo questa sentenza è più forte la spinta per una nuova normativa UE che lasci piena autonomia agli Stati, anche in relazione alle tradizioni e alle vocazioni agricole del territorio”).
(Luigi Torriani)