Prosegue la lunga vicenda dell’aumento della percentuale di succo di frutta nelle bibite dal 12 al 20%: la Commissione Affari Europei della Camera ha bocciato l’aumento, che dunque per il momento non ci sarà. Vediamo, nel dettaglio, che cosa è successo.
Qui su Universofood ci siamo occupati fin dall’inizio della questione della percentuale di succo di frutta nei succhi e nelle bevande. Questa, in sintesi, la storia: la percentuale minima di succo di frutta nelle bibite a base di frutta è tradizionalmente del 12%; nel settembre del 2012 il governo Monti, all’interno del decreto legge sulla sanità, ha alzato la quantità minima di frutta (nelle bevande a base di frutta) dal 12 al 20%; la nuova normativa si è poi arenata in attesa di un pronunciamento della Ue; nel luglio 2013 la Ue ha poi dato parere negativo ma la norma è stata reintrodotta a gennaio 2014 attraverso un emendamento promosso dai deputati del Pd Oliverio e Anzaldi. Infine, a marzo 2014, la Commissione Affari Europei della Camera ha bloccato di nuovo tutto bocciando l’emendamento, dopo che il sottosegretario agli Affari Europei Sandro Gozi aveva espresso parere negativo e dopo che il ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina aveva dato anch’egli parere negativo e aveva chiarito che l’emendamento a suo avviso non avrebbe comunque superato l’esame della Commissione Ue (che già aveva bocciato l’anno scorso l’aumento dal 12 al 20% considerandolo incompatibile con le norme europee in materia di libera circolazione delle merci).
Sfuma dunque per il momento una legge che secondo i dati diffusi dalla Coldiretti avrebbe consentito agli agricoltori e ai produttori di frutta italiani di vendere circa 200 milioni di chili di arance in più all’anno. I deputati del Pd Michele Anzaldi (uno dei promotori dell’emendamento), Federico Gelli e Giovanni Burtone hanno diffuso una nota durissima nei confronti del ministro Martina (anch’egli del Pd): “è il ministro delle Politiche agricole o delle multinazionali? È singolare che invece di difendere gli interessi dei nostri agricoltori e consumatori, sulla quota di frutta nei succhi il ministro preferisca tutelare le grandi aziende e vada contro il voto espresso dalla commissione Agricoltura su impulso proprio del Pd. L’aumento della quota di frutta nelle bevande analcoliche rappresenta una conquista che tutela maggiormente la salute dei consumatori, come dicono i medici, e dà impulso ai nostri produttori, in particolare quelli medi e piccoli. Una misura che sorprendentemente il ministro all’Agricoltura non ha voluto sostenere, andando contro il suo stesso settore di competenza. Un atteggiamento poco comprensibile: nel momento in cui i parlamentari del Pd mostrano di saper resistere alle pressioni, la sconfessione arriva proprio dal titolare del ministero competente “. Mentre secondo il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo: “dobbiamo prendere atto che le più bieche lobby industriali sono riuscite ad avere il sopravvento sulla logica della salute e della qualità. La decisione del Parlamento getta nella più assoluta prostrazione i produttori di frutta, soprattutto del meridione, e danneggia i consumatori italiani, in particolare i bambini che avrebbero diritto ad alimenti di qualità superiore. Innalzare la percentuale minima di frutta nei succhi e bevande analcoliche dall’attuale 12% al 20% avrebbe concorso a migliorare concretamente la qualità dell’alimentazione e avrebbe dato un colpo a quella intollerabile catena dello sfruttamento che al Sud colpisce gli agricoltori ed i trasformatori mentre le uniche ad aver vinto sono state le multinazionali dell’aranciata”. Più soft la posizione della Cia -Confederazione Italiana Agricoltori, secondo la quale “dispiace lo stop all’innalzamento della percentuale di frutta nelle bevande ma la questione è e rimane europea. La palla deve passare a Bruxelles dove va deciso un provvedimento comune che riguardi tutti i 28 paesi membri“.
Mentre esulta il presidente di Assobibe (l’associazione di Confindustria degli industriali delle bevande analcoliche) Aurelio Ceresoli, che aveva già chiarito in questi termini il punto di vista degli industriali del settore: “le parlo da consumatore: oggi già esiste una vasta scelta tra bevande con diverso tenore di frutta e si possono comprare succhi contenenti anche il 50% o addirittura il 100% di frutta. Ma se l’emendamento che innalza il tenore minimo di frutta dal 12% al 20% nelle bibite rinfrescanti dovesse passare, varrebbe solo per chi le produce in Italia. Quindi i nostri scaffali sarebbero invasi da bevande estere con percentuali di frutta inferiori, con danno enorme per le aziende italiane. Peraltro dietro quel 12% c’è uno studio sul gusto e sul gradimento dei consumatori. Un’aranciata o una limonata con il 20% di frutta sarebbero molto più aspre, quindi bisognerebbe aumentare la quantità di zucchero“.
(Luigi Torriani)