Dopo la protesta degli allevatori – al Brennero e poi a Roma – contro il falso Made in Italy, c’è un’altra situazione che sta diventando intollerabile: le continue stragi degli animali allevati da parte dei lupi.
A seguito di numerosi interventi di ripopolamento, negli ultimi anni i lupi sono tornati in Italia, e – secondo la Coldiretti – ci sarebbero oggi nel nostro Paese oltre mille lupi. Nel 2013 – sempre secondo la Coldiretti – sono state oltre 3.000 le pecore uccise da lupi, oltre a capre, puledri, vitelli e mucche al pascolo. Oltre alla morte degli animali, vanno poi considerati i danni legati allo spavento e allo stress sugli animali sopravvissuti agli assalti, che tendono a produrre meno latte e a subire aborti. E il tradizionale trasferimento degli animali in alpeggio diventa per gli allevatori sempre più oneroso e complesso, perché in molte zone non è più possibile lasciare greggi e mandrie incustoditi e allo stato brado e bisogna vigilare continuamente, perdendo il tempo solitamente impiegato nella fienagione e nella lavorazione del latte.
La situazione è particolarmente critica in Toscana, e in particolare in provincia di Grosseto. Dopo una serie di episodi, come il recente ritrovamento nel grossetano di 80 pecore uccise dai lupi, negli ultimi due mesi sono stati uccisi otto lupi della Maremma, uccisioni – queste ultime – che secondo le associazioni animaliste andrebbero viste come una vendetta degli allevatori aiutati dai cacciatori.
Che fare per ritrovare una “pacifica coesistenza” – come chiesto in questi giorni in un appello pubblico dai sindaci della provincia di Grosseto – tra gli animalisti che difendono i lupi e gli allevatori che lamentano una situazione ormai intollerabile? Il presidente regionale della Coldiretti Toscana Tulio Marcelli ha proposto di confinare i lupi all’interno di parchi e aree protette, ma secondo il presidente di Legambiente Toscana Fausto Ferruzza questa proposta “è assurda e irrealizzabile. I lupi, infatti, hanno bisogno di grandi areali e tendono a disperdersi sul territorio percorrendo lunghissime distanze; è quindi impossibile e velleitario pensare di rinchiuderli all’interno delle riserve naturali o nei parchi, in quanto semplicemente essi non sono zoo. E in quanto parchi conservano statutariamente la biodiversità in modo armonico, senza barriere e recinti di sorta”. Nel frattempo, a livello nazionale, è intervenuta la Coldiretti con questo comunicato stampa: “occorre lavorare sulla prevenzione concedendo aiuti per la realizzazione di opere di protezione, quali ad esempio la costruzione/ristrutturazione delle stalle, i sistemi fotografici di allarme e la costruzione di recinti per la permanenza notturna degli animali. Ma è anche necessario: rivedere il sistema di accertamento e risarcimento dei danni affinché oltre a garantire un completo reintegro della perdita di reddito per l’agricoltore siano coperti non solo i danni da lupo, ma anche quelli causati da cani inselvatichiti nonché quelli indiretti per aborti e cali di produzione; prevedere un sistema di misure di prevenzione dei danni incentivando le imprese agricole con un adeguato regime di sostegno; costituire delle ronde con volontari che collaborino con i pastori e gli allevatori nella sorveglianza; un maggior impegno nella lotta al randagismo. Essendo il lupo una specie protetta dalla normativa europea si rende indispensabile trovare un giusto equilibrio perché questa convivenza forzata tra l’animale e l’uomo non porti all’abbandono dell’attività di allevamento. Non sarebbero solo gli allevatori a perderci, ma l’intera comunità poiché i pastori attraverso la loro opera conservano e valorizzano la montagna e le sue tradizioni”.
(Luigi Torriani)