È stata approvata definitivamente a Strasburgo la nuova Pac (Politica agricola comune), che regolamenterà l’agricoltura dei Paesi Ue nel settennato 2014-2020. Il taglio dei finanziamenti c’è stato, ma all’Italia arriveranno comunque oltre 33 miliardi di euro.
Abbiamo parlato più volte qui su Universofood dell’iter che ha portato alla stesura e all’approvazione della nuova Pac: le prime discussioni del 2011, i negoziati per migliorare la posizione dell’Italia, la road map Coldiretti contro i tagli all’agricoltura italiana, l’accordo raggiunto nel giugno del 2013. Ora è arrivata l’approvazione definitiva della Plenaria di Strasburgo, che dà il via libera alla nuova Pac.
All’agricoltura italiana arriveranno finanziamenti, per i prossimi sette anni, di 33,4 miliardi di euro, dei quali 22,96 andranno agli agricoltori e alle misure di mercato, e 10,3 serviranno per investimenti nelle aree rurali per creare occupazione. Rispetto alla precedente politica agricola, il taglio dei finanziamenti all’agricoltura sarà, complessivamente, di circa il 18%. Globalmente l’agricoltura europea tra il 2014 e il 2020 riceverà dalla Ue finanziamenti per 408,31 miliardi di euro (312,7 erogati direttamente agli agricoltori, 95,5 usati per finanziare politiche di sviluppo rurale) che rappresentano il 38% del budget globale dell’Unione (ma attenzione: negli anni Ottanta questa percentuale era del 70%!).
Le altre novità della nuova Pac sono, in sintesi, le seguenti:
GREENING (“RINVERDIMENTO”)
Il 30% dei finanziamenti europei per gli agricoltori è vincolato all’applicazione, da parte delle aziende agricole, di pratiche ambientali ed ecologiche (mantenimento di pascoli permanenti,diversificazione delle colture, dell’istallazione di aree ecologiche). Le aziende agricole che non rispettano i criteri ecologici del Greening perdono il 30% dei finanziamenti. Precisamente – così recita il comunicato della Commissione: “il 30% dei pagamenti diretti sarà subordinato al rispetto di tre pratiche agricole benefiche per l’ambiente: diversificazione delle colture, mantenimento dei prati permanenti e conservazione del 5%, e successivamente del 7%, delle zone di interesse ecologico a partire dal 2018, o misure ritenute quantomeno equivalenti in termini di benefici per l’ambiente. (…) [Inoltre] almeno il 30% del bilancio dei programmi di sviluppo rurale dovrà essere attribuito a misure agroambientali, ad aiuti all’agricoltura biologica o a progetti legati a investimenti o misure di innovazione benefici per l’ambiente”.
Secondo il Commissario europeo per l’agricoltura Dacian Ciolos “il greening apre una nuova era, perché un grosso importo del bilancio sarà d’ora in poi vincolato a pratiche di sostenibilità”. Ma le principali associazioni ambientaliste (in Italia AIAB, FAI, Federbio – Upbio, FIRAB, Italia Nostra, Legambiente, LIPU, Slow Food, Touring Club Italiano, Pro Natura, Società Italiana Ecologia del Paesaggio, WWF) hanno espresso perplessità e ritengono il capitolo del Greening troppo blando e poco efficace dal punto di vista dell’impatto ecologico, per le troppe deroghe previste, e in particolare: le aziende sopra i 30 ettari sono obbligate ad avere tre colture (con la principale copertura massima del 75% e le due principali colture insieme per massimo del 95%), mentre sonoesentate dal Greening le aziende agricole al di sotto dei 10 ettari (33% della superficie agricola in Europa) e tra i 10 e 30 ettari sono necessarie solo 2 colture (anziché 3), con la coltura principale che non copre più del 75% della superficie, il che significa che il 46% della superficie agricola europea è esente da uno dei tre requisiti del greening (soprattutto in Italia, dove la dimensione media delle aziende agricole è di 8 ettari); inoltre sono esentati dall’obbligo di applicare aree ecologiche i frutteti e le aree con colture arboree permanenti, e le aree agricole coltivate a riso. La sensazione – secondo il direttore della rivista di Slow Food Carlo Bogliotti – è che “chi mette già in atto pratiche sostenibili non se ne avvantaggia per niente, mentre chi non le ha adottate finora troverà anche in futuro mille scappatoie per evitarle”
IL CRITERIO DELLA SUPERFICIE PER ETTARI E L’ ‘AGRICOLTORE ATTIVO’
Oggi i finanziamenti alle imprese agricole non sono perfettamente proporzionali alla quantità di ettari coltivati. In Italia l’entità dei finanziamenti si basa anche sulla produttività e sulle rese storiche di ogni settore dell’agricoltura e dell’allevamento (per cui a parità di superficie il finanziamento può essere diverso: ad esempio un ettaro coltivato a tabacco riceve aiuti oltre i 2000 euro, mentre un’area di pascolo di montagna supera di poco i 200 euro). La nuova Pac prevede, a partire dal 2014 ed entro il 2019, che tutti gli Stati membri sostituiscano questo meccanismo con un nuovo sistema di pagamenti uniformi per ettaro (tutte le superfici agricole avranno diritto a un uguale pagamento di base, su livello nazionale< oppure a livello regionale e per aree omogenee).
A seguito delle proteste di alcuni Stati, tra cui l’Italia, che sottolinevano il rischio di creare nuove rendite fondiarie, premiando chi ha tanta terra anche se non la lavora, si è pervenuti a queste aggiunte: possono beneficiare dei finanziamenti solo gli “agricoltori attivi” (chi fa di professione l’agricoltore, chi lavora e vive di agricoltura) e sono gli Stati membri a definire gli aventi diritto; c’è una lista negativa obbligatoria di coloro che non possono beneficiare dei pagamenti diretti, che comprende aeroporti, servizi ferroviari, acquedotti, servizi immobiliari, sportivi e ricreativi, campeggi, con discrezione per gli Stati membri di ampliare la lista; all’interno del territorio nazionale nessun agricoltore può ricevere un aiuto al reddito inferiore al 60% della media nazionale, la perdita massima non può superare il 30% del sostegno ricevuto oggi.
ALTRE MISURE
Inoltre la nuova Pac prevede: per incentivare l’accesso dei giovani alla professione agricola, ai produttori di meno di 41 anni viene destinato il 25% in più dei pagamenti diretti spettanti per ettaro; il regime delle quote per lo zucchero resta valido fino a settembre 2017 e non fino al 2015 come previsto in precedenza; sul vino resta valido fino al 2030 l’attuale sistema che prevede i diritti d’impianto, cioè l’autorizzazione per poter coltivare vite, con un aumento massimo della superficie vitata dell’1%.
(Luigi Torriani)