Continua la crescita dell’agroalimentare sul fronte dell’export. Con il sorpasso – ad agosto – sui mezzi di trasporto (auto, moto, camion).
Mentre sul mercato interno la spesa alimentare sta crollando (ponendo tra l’altro seri problemi di sicurezza alimentare e toccando ormai anche la Gdo), nelle esportazioni il Made in Italy agroalimentare tiene e anzi cresce. È un tema che abbiamo trattato più volte qui su Universofood: nel 2011 l’export agroalimentare ha raggiunto il record storico di 30 miliardi (con un +9% in valore sul 2010), nel 2012 si sono toccati i 31 miliardi (+2% sul 2011), e il 2013 (caratterizzato tra l’altro da un’ottima vendemmia, che sta portando a un nuovo boom nelle vendite di vini italiani) è iniziato con un’ulteriore crescita, soprattutto nei Paesi extra Ue, e in particolare sul fronte dei nuovi mercati asiatici. Secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Istat: nei primi otto mesi del 2013 l’export agroalimentare è a +6% rispetto allo stesso periodo del 2012 (proseguendo con questo trend al termine dell’anno si toccherà un nuovo record a 34 miliardi), e ad agosto è arrivato il sorpasso dell’export agroalimentare sull’export dei mezzi di trasporto (2454 milioni contro 2072 milioni).
Questo il commento della Coldiretti: “tutto questo dimostra che l’Italia e il suo futuro, dopo le delusioni della grande industria, sono legati alla capacità di tornare a fare l’Italia, cioè di essere l’Italia della grande creatività, delle piccole e medie imprese agricole, artigiane, manifatturiere che poi sanno crescere e conquistare il mondo. C’è una Italia del buon cibo e di quell’agroalimentare che sa incontrare i bisogni profondi dei consumatori e dei cittadini, del turismo, dell’arte, della cultura, della bellezza, dell’innovazione intelligente. E’ questa l’Italia futura, quella per cui il territorio è una miniera di opportunità, il cui modello di sviluppo è compatibile con la salvaguardia di un capitale umano e sociale unico al mondo e con la sapiente ricerca della felicità e dello stare bene insieme”.
Ma si può fare molto di più. Resta infatti, e si aggrava ogni anno, il problema dell’Italian Sounding, del falso Made in Italy sui mercati esteri (cibi e bevande non italiani venduti con marchio dalla sonorità italiane e con etichette che richiamano a un’italianità del prodotto: Parmesan, Regianito, Cambozola, Prosec, Brunetto, Parma Ham,…). Un fenomeno – quello dell’Italian Sounding – che fa perdere al nostro Paese circa 300.000 posti di lavoro e 60 miliardi di fatturato all’anno.
(Luigi Torriani)