Il fenomeno dell’Italian Sounding si arricchisce di un nuovo capitolo: i cheese kit, kit per “creare” in casa i più importanti formaggi italiani, dal Parmigiano Reggiano alla Mozzarella alla Ricotta al Pecorino Romano.
L’Italian Sounding, cioè il falso Made in Italy sui mercati esteri, fa perdere al nostro Paese 300.000 posti di lavoro e 60 miliardi di fatturato ogni anno. E c’è un recente “salto di qualità” del fenomeno: la vendita di kit per “produrre” direttamente a casa propria i grandi prodotti dell’agroalimentare italiano (le virgolette sono d’obbligo, perché ovviamente quello che viene prodotto mischiando un po’ di polveri sul tavolo della propria cucina è tutto fuorché Parmigiano Reggiano). Mentre fino a poco tempo fa ci si limitava – si fa per dire – a vendere formaggi non italiani chiamandoli Parmesan o Regianito (qui un ampio elenco di prodotti taroccati dai nomi sempre più improbabili), oggi si vendono polveri per realizzare prodotti che non sono nemmeno formaggi.
Il fenomeno è iniziato tempo fa con i wine kit, di cui abbiamo parlato più volte qui su Universofood (raccontando l’inizio dello scandalo, poi l’ intervento dell’Unione Europea, poi la diffusione dei kit su Amazon, infine il divieto scattato nel Regno Unito). In sintesi: si tratta di vino in polvere venduto all’interno di scatole (wine kit), ciascuna delle quali contiene un liquido (mosto concentrato) e diversi tipi di sostanze e polveri (tra cui: il lievito per la fermentazione, la bentonite per la chiarificazione del vino, il metabisolfito di potassio, il sorbato di potassio come antifermentativo, il liquido chiarificatore, e talvolta anche segatura per dare un sentore di legno). Mescolando il liquido e le polveri e seguendo le istruzioni si ottengono, in circa 5 giorni, 30 bottiglie di una bevanda che viene presentata in etichetta come vino, con tanto di nomi e simboli dei grandi vini come Chianti, Valpolicella, Frascati, Primitivo, Gewurztraminer, Barolo, Lambrusco, Montepulciano.
Ora è la volta dei cheese kit, confezioni che contengono recipienti, colini, garze, termometri, piccole presse e lipasi ed altre polveri, e garantiscono di ottenere in circa 30 minuti, aggiungendo latte e seguendo le istruzioni, i grandi formaggi italiani come il Parmigiano Reggiano, la Mozzarella, la Ricotta e il Pecorino Romano. Su Amazon – a questo link – sono visibili diversi cheese kit normalmente in vendita. Per esempio un’azienda inglese vende kit per la produzione di Parmigiano e di Romano al prezzo di 102,38 sterline (pari a circa 120 euro) e kit per la Mozzarella Cheese al prezzo di 25 sterline (30 euro circa). Nel libretto di istruzioni si legge che “la Mozzarella Cheese non è il formaggio più facile da fare e richiede un po’ di pratica per perfezionare l’operazione di estensione della cagliata. Se i vostri primi due tentativi sono deludenti non fatevi scoraggiare. Sarete ricompensati”. In Australia è in vendita al prezzo di 81 dollari australiani, (circa 57 euro) un kit per preparare “Parmigiano”, che consente anche – solo con piccole variazioni nella miscelazione degli ingredienti! – di ottenere formaggio “Romano”, peraltro senza nemmeno specificare se il latte deve essere ovino o bovino. Negli Stati Uniti è in commercio il “30 Minute Mozzarella Ricotta Kit”, al prezzo di 24,95 dollari (18 euro circa): con 3,75 litri di latte, acido citrico, caglio, acqua e sale e alcune semplici regole per lavorare la cagliata si ottengono “mozzarelle” e “ricotte”. E sempre negli Stati Uniti è in commercio il “Basic Cheese Making Kit”, che costa 29,95 dollari (22 euro circa) e promette di realizzare ben otto diversi tipi di “formaggi”.
In occasione del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione di Cernobbio la Coldiretti ha chiesto l’immediato intervento delle autorità nazionali e comunitarie per cercare di fermare o almeno di arginare lo scandalo dei cheese kit. Che è uno scandalo perché si utilizzano i nomi dei formaggi italiani. Ognuno è libero di vendere ciò che vuole – se non pone problemi di sicurezza e non è pericoloso per la salute del consumatore. Ma è grave e inaccettabile che si utillizzino – per degli improbabili miscugli di polveri – i nomi “Mozzarella”, “Parmigiano” e “Ricotta”.
(Luigi Torriani)
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