In un opuscolo pubblicitario diffuso in Italia nel 2012 in allegato al settimanale Famiglia Cristiana (che naturalmente non ha responsabilità nella vicenda) si vantavano le proprietà idratanti della Coca Cola e la “caffeina sicura” e si davano informazioni fuorvianti su ingredienti e proprietà della bevanda. Lo Sportello del Consumatore di Genova ha presentato ricorso, e ora – a settembre 2013 – l’Antitrust ha imposto a Coca Cola di rimuovere le informazioni scorrette contenute nell’opuscolo.
Le polemiche e le controversie attorno alla Coca Cola sono sempre più frequenti, e più volte ne abbiamo scritto qui su Universofood, dalle tracce di alcool contenute nella bevanda con i problemi che ne conseguono nel mondo islamico, ai sospetti sui rischi cancerogeni della Coca Cola, fino allo spot ingannevole “bere Coca Cola durante i pasti“.
Mentre proseguono i dibattiti politici sulla legislazione riguardante le bibite gassate e zuccherate, un nuovo caso scuote la multinazionale di Atlanta in Italia. In un opuscolo pubblicitario uscito lo scorso anno con famiglia Cristiana l’Antitrust – che si è attivata dopo una segnalazione dello Sportello del Consumatore di Genova – ha ravvisato “informazioni nutrizionali fuorvianti, non chiare e incomplete sulla Coca Cola e i suoi ingredienti”, e in particolare dei riferimenti alla “comprovata sicurezza” della caffeina, al valore idratante e nutrizionale della bevanda, e all’ininfluenza della Coca Cola per chi soffre di diabete di tipo 2. La società ha imposto a Coca Cola di rimuovere dall’opuscolo, nel caso dovesse essere ripubblicato, tutte le informazioni ingannevoli, pena altrimenti una multa fino a 5 milioni di euro e l’ordine di sospensione dell’attività di impresa fino a 30 giorni. Nel frattempo l’Antitrust ha anche bocciato una campagna pubblicitaria che nel 2011 e 2012 accreditava l’idea che alcune gomme da masticare potessero sostituire il lavare i denti dopo i pasti. La Perfetti Van Melle Italia Srlus e la Perfetti Van Melle Spa devono versare pr queste pubblicità una sanzione, rispettivamente, di 150.000 e di 30.000 euro.
Immediato è arrivato il durissimo commento del segretario generale dell’Unione Nazionale Consumatori Massimiliano Dona (che invita tutti i consumatori a segnalare spot ingannevoli tramite mail info@consumatori.it oppure su Twitter attraverso l’hashtag #cosedanoncredere): “insieme alla crisi economica, viviamo una grave crisi di correttezza commerciale resa evidente dalla crescente frequenza degli interventi dell’autorità antitrust. È gravissimo che siano proprio i leader del settore a macchiarsi sempre più frequentemente di questi inganni alle spalle dei consumatori, imprese dalle quali sarebbe lecito attendersi un atteggiamento etico verso il mercato e che invece dimostrano di non sapere cosa sia la responsabilità sociale di impresa, quella Csr che è spesso sbandierata nei bilanci sociali, ma che poi in concreto non esiste. È la peggiore risposta che potremmo aspettarci in tempo di crisi. Se anche certe big companies sono in difficoltà, non possiamo però tollerare che la risposta sia un permanente inganno ai danni dei consumatori: dalle campagne sui finanziamenti per l’acquisto delle auto, agli spot della telefonia, sembra proprio che la pubblicità abbia rinunciato a dare informazioni veritiere. Ma quello che queste aziende trascurano è che i consumatori stanno perdendo fiducia negli spot e dunque sempre più spesso rinunciano a fare acquisti non solo per colpa dei budget limitati, ma anche per una crescente diffidenza“.
Questa la risposta di Coca Cola, in una nota ufficiale: “il procedimento in oggetto si è chiuso positivamente a seguito dell’accoglimento delle modifiche proposte dalla nostra azienda da parte dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm), che conseguentemente non ha emesso alcuna sanzione. Abbiamo accolto con favore questa conclusione perché coerente con il nostro impegno ad essere chiari in tutte le comunicazioni al consumatore. L’opuscolo “Cosa c’è in Coca-Cola” usato in Italia nel 2012 è stato pensato come una guida utile per i consumatori che volevano saperne di più circa gli ingredienti utilizzati nella Coca-Cola. Riteniamo che la nuova versione di tale opuscolo, valutata positivamente dall’Agcm, continui a perseguire efficacemente quest’obiettivo”.
Una risposta che ha spinto il segretario generale dell’Unione Nazionale Consumatori Massimo Dona a tornare sulla vicenda in questi termini: “è sconcertante l’atteggiamento di alcune grandi aziende che vogliono avere sempre ragione. Invece di tacere anche per rispetto dei consumatori traditi da messaggi pubblicitari scorretti, il management di Coca-Cola ha pensato bene di avventurarsi in una difesa impossibile: sostenere che l’esito del procedimento davanti all’Autorità Garante della Concorrenza sia un buon risultato, persino una conferma della correttezza commerciale dell’azienda. È vero che non c’è stata sanzione, ma questo perché (è bene spiegarlo ai non addetti ai lavori) l’azienda ha ammesso l’ingannevolezza di alcuni messaggi ed ha scelto la procedura degli “impegni”, una sorta di patteggiamento per evitare la condanna con l’impegno appunto di modificare per il futuro la propria comunicazione. Devo rilevare che Coca-Cola manca di buon gusto spingendosi fino al ridicolo per difendersi pubblicamente di fronte all’evidenza di un comportamento scorretto. Se l’azienda fosse stata socialmente responsabile, invece, mi sarei aspettato una seria verifica interna della comunicazione commerciale e del marketing pubblicitario che si dimostra schizofrenico come ho già rilevato in passato, evidenziando che dopo la campagna invernale fondata su bottiglie di formato più grande, abbiamo assistito a quella estiva che promuoveva i formati più piccoli in una prospettiva di minor apporto calorico”.
(Luigi Torriani)
coca cola zero calorie è pubblicità ingannevole. stanno martellando, ma in realtà sono 1000 cal per lattina da 33cl (1 Kcal)
in tanti paesi ha dovuto dire “zero zuccheri” perchè non è vero che ha zero calorie.