Anche in questi mesi, come ogni estate, in Italia si svolgono la gran parte delle sagre (8 su 10 sono tra giugno e settembre). Un fenomeno con molti aspetti positivi dal punto di vista dell’aggregazione sociale, ma che presenta spesso tratti di concorrenza sleale nei confronti dei bar e dei ristoranti. E la Fipe (Federazione Italiana Pubblici Esercizi) prosegue (per il momento invano) con le proteste.
Lo scorso anno, qui su Universofood, avevamo parlato del dibattito parlamentare sulla questione sagre all’interno del decreto semplificazione del governo Monti. La questione si ripresenta puntuale ad ogni estate, in un Paese – l’Italia – in cui si svolgono oltre 32.000 sagre (in media 4 per ogni comune!), per un fatturato di circa 700 milioni di euro e un totale di 250.000 giornate di attività, e in cui 8 sagre su 10 si svolgono tra giugno e settembre, con una durata maggiore grazie alla bella stagione e quindi con una copertura oraria pari al 90% del totale annuo e un fatturato oltre i 500 milioni di euro. Questi numeri fotografano un quadro di concorrenza spietata nei confronti dei pubblici esercizi (bar, ristoranti, trattorie), una concorrenza spesso sleale, perché generalmente nelle sagre non vengono rispettati gli stessi requisiti che devono rispettare i pubblici esercizi in materia di obblighi normativi e fiscali (regole igienico-sanitarie, regole sul lavoro, tasse).
Il problema è particolarmente grave nelle zone turistiche, i cui bar e ristoranti potrebbero e dovrebbero lavorare molto soprattutto d’estate. In Toscana, per esempio, ci sono ogni anno circa 5.000 sagre (quasi tutte d’estate) per un volume d’affari di 110 milioni di euro, al punto da sottrarre a bar e ristoranti circa il 25% del fatturato. A questo proposito Aldo Cursano, vice presidente vicario di Fipe e presidente di Fipe Toscana, ha dichiarato: “c’è un problema di equità che viene prima di tutto. Nel momento in cui cittadini e imprese sono chiamati ad uno straordinario supplemento di responsabilità che richiede pesanti sacrifici, non è più tollerabile che ci siano aree di privilegio come quelle di cui godono feste di partito, circoli privati, associazioni di promozione e sagre. Non è più tempo di figli e figliastri in cui qualcuno si fa in quattro per presidiare il territorio, creare lavoro e ricchezza e qualcuno, invece, entra nel mercato solo quando è più conveniente senza rispettare le regole igienico-sanitarie, del lavoro e fiscali. Stesso mercato, stesse regole è un principio elementare di democrazia economica che faremo di tutto perché sia rispettato. In questo quadro si inserisce la nostra segnalazione all’Antitrust e la denuncia alla Commissione europea per l’apertura di una procedura di infrazione nei confronti dello Stato italiano per aiuti di Stato a favore degli enti non commerciali. Ma è arrivata l’ora che anche i sindaci si assumano le proprie responsabilità cominciando con il regolamentare in modo serio lo svolgimento delle sagre”.
E secondo l’Agenzia delle entrate “in alcune località le sagre assumono caratteristiche talmente strutturate e talmente ripetitive nel tempo che le strutture logistiche (tendoni, cucine, capannette, etc.) non vengono mai rimosse. In conseguenza di ciò, tra una sagra ‘autorizzata’ e l’altra, tali strutture vengono spesso utilizzate su richiesta e dietro corrispettivi, per eventi privati quali matrimoni, compleanni, comunioni e quant’altro dando luogo a fenomeni stagionali di vera e propria ristorazione sommersa“.
(Luigi Torriani)
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