Di fronte all’ormai cronico calo dei consumi interni, è l’export – in continua crescita – a fare da ancora di salvezza per l’agroalimentare italiano. Ma i numeri delle esportazioni potrebbero crescere ulteriormente se si riuscisse a combattere efficacemente il fenomeno dell’Italian Sounding, del falso Made in Italy sui mercati esteri. Uno scandalo che fa perdere al nostro Paese circa 60 miliardi di euro all’anno.
Il Made in Italy è e resta, a dispetto della Crisi che stiamo attraversando, un marchio vincente. Lo dimostrano la continua crescita dell’export negli ultimi anni, e il crescente fenomeno dell’acquisto di marchi e aziende agroalimentari italiane da parte di investitori esteri. Il problema, quando un brand funziona, è il costo delle imitazioni e delle contraffazione che questo brand subisce. È il cosiddetto Italian Sounding (da non confondersi con il falso Made in Italy in Italia, che è un altro problema, peraltro non meno grave): cibi e bevande presentati con un marchio dalle sonorità italiane ma che non hanno un’origine italiana: il Parmesao brasiliano, il Regianito argentino, il Parmesan statunitense, le penne Napolita, il Brunetto, il Napoli Tomato, il Daniele Prosciutto, il Parma Ham, la Tinboonzola australiana, la Cambozola in Germania, Austria e Belgio, il Prosec, il Parmeson cinese, la “Palenta” della Croazia (al posto della Polenta), il “San Marzano-Arrabbiata Sauce” degli Stati Uniti, la “Bella famiglia Tomato Bruschetta” degli Stati Uniti, il “Romulo” della Spagna (un olio con immagine della lupa capitolina che allatta Romolo e Remo…), la “Pasta Alfredo San Remo” dell’Australia, il “Finocchiono Milano’s” degli Stati Uniti (un salame), la “Basilicata Pizza Polla Cipolla” dell’Olanda, il “Salam Napoli” della Romania, il “Gorgonzola Cheese Bel Gioioso” del Wisconsin”, ecc.
Ci sarebbe da ridere per queste pacchiane e grottesche imitazioni di prodotti italiani, se non fosse che l’Italian Sounding ci fa perdere 60 miliardi di fatturato all’anno e circa 300.000 posti di lavoro. Il nuovo ministro dell’Agricoltura Nunzia De Girolamo è intervenuta sulla questione nell’ambito di un’iniziativa dell’Eataly di Roma in vista di Expo 2015. Queste le parole del ministro De Girolamo: “questo é il Paese della bellezza e del gusto, ma non quello della consapevolezza, del turismo, della velocità, della difesa e della valorizzazione di ciò che abbiamo. L’Expo é dunque una grande occasione non solo per esportare ciò che abbiamo, o fare del turismo, ma per pensare in grande, e fare anche autocritica. Chi vogliamo essere come Paese? Dove andiamo? Eataly é l’idea di un imprenditore coraggioso, che nasce da una idea in fondo banale: i prodotti italiani rappresentano anche la storia di una comunità, raccontano il Paese, con i suoi valori e le tradizioni. E devono fare valore economico. Il mio ministero non è stato in passato valorizzato ma deve tornare al centro del sistema produttivo. Lancio dunque una proposta al ministro Bray, che mi dispiace non essere presente stasera: l’agricoltura deve camminare con la cultura. Apriamo dunque musei e luoghi del patrimonio, fondiamoli con la cultura del cibo, mettiamo in rete tutto ciò che è bellezza e gusto. Noi non sappiamo difendere l’Italia e i prodotti italiani, perdiamo 60 miliardi con la contraffazione, l’italian sounding. Io voglio essere ricordata come il ministro del made in Italy. Possiamo farcela. Basta piangersi addosso, la politica faccia la politica e dia risposte subito. Io non sarò un tecnico ma ho buona volontà e amo l’Italia ed è una sfida che voglio raccogliere“.
(Luigi Torriani)