L’Islanda ha reintrodotto la caccia alle balene nel 2006 e quest’anno ha ripreso a forti ritmi le catture, con un piano – sostenuto dal governo islandese – che prevede per l’estate del 2013 la caccia di 180 balenottere comuni. Vediamo qual è la situazione attuale della caccia alla balena in Islanda e nel mondo.
La caccia alle balene (per approfondimenti: Giancarlo Costa, “Storia della baleneria“, Mursia; Philip Hoare, “Leviatano ovvero la balena“, Einaudi; Roff Smith, “Gli ultimi balenieri vichinghi” in National Geographic Italia giugno 2013, pagg. 92-115) è stata vietata da una moratoria internazionale del 1986, per fermare un sovrasfruttamento che durava da un secolo e che rischiava di condurre in pochi anni i cetacei all’estinzione. Già nel 1946 era stata creata la Commissione Baleniera Internazionale (IWC, International Whaling Commission) per regolamentare il settore fissando quote massime, ma ancora nel 1964 le catture annue avevano raggiunto la preoccupante cifra di 82.998. Da allora non si è mai più arrivati a questi numeri, e nel 1986 – come detto – la Commissione Baleniera Internazionale ha ufficialmente messo al bando la caccia alla balena.
Ma con eccezioni e deroghe per alcuni Paesi, e precisamente: Giappone, Norvegia, Islanda, Danimarca (Groenlandia), Russia, U.S.A. (Alaska), Canada, St. Vincent e Grenadine. Per un totale di catture annue (dato 2011) di 1539 balene, così ripartite: Giappone 540, Norvegia 533, Danimarca (Groenlandia) 203, Russia 128, Islanda 58, U.S.A. (Alaska) 51, Canada 3, St. Vincent e Grenadine 2, più 21 catture illegali in Corea del Sud. Nei casi di Danimarca (Groenlandia), Russia, U.S.A. (Alaska), Canada e St. Vincent e Grenadine la caccia è autorizzata come “caccia tradizionale”, quota prevista per i cacciatori tradizionali delle zone artiche e per la popolazione caraibiche di St. Vincent e Grenadine. Nel caso del Giappone la caccia è autorizzzata ufficialmente come “caccia a scopo di ricerca scientifica”, anche se di fatto in Giappone la carne di balena viene poi consumata. Nei casi di Norvegia e Islanda la caccia è autorizzata come “caccia a scopo commerciale”, cioè per vendere e mangiare la carne.
In Norvegia la caccia alle balene è stata reintrodotta nel 1993 con autorizzazione dell’IWC ed è ecologicamente sostenibile, perché la popolazione di balenottere minori dell’Atlantico del Nord è stimata oggi in 130.000 individui, la Norvegia può pescarne una quota massima annuale di 1286 esemplari, e peraltro di fatto si ferma intorno alle 500 catture annue, al punto che Roff Smith ha scritto che “la pesca norvegese è considerata più che sostenibile. Quelli destinati all’estinzione sono i balenieri” (“Gli ultimi balenieri vichinghi” in National Geographic Italia giugno 2013, pag. 107).
Poi c’è il caso dell’Islanda, che ha reintrodotto la caccia alle balene nel 2006, e che nel 2013 prevede un forte aumento delle catture, che erano una cinquantina all’anno e che secondo un pianno sostenuto dallo stesso governo islandese dovrebbero essere per l’estate 2013 circa 180, destinate – in parte – ad essere vendute sul mercato giapponese. Immediatamente sono partite le proteste di Greenpeace, che condanna il piano islandese dal punto di vista ecologico ma anche economico: “l’Islanda ha ripreso a cacciare le balene nonostante il bando alla caccia commerciale dell’IWC (International Whaling Commission – Commissione Baleniera Internazionale). La prima vittima è un maschio di balenottera comune lungo più di 20 metri, macellato nel porto di Hvalfjörður, vicino Reykjavik. I balenieri islandesi hanno in programma di cacciare fino a 180 balenottere comuni quest’estate, un piano sostenuto dal governo islandese. La balenottera comune – che a dispetto del nome non è affatto comune – è una specie inserita nella Lista Rossa delle specie minacciate d’estinzione elaborata dall’IUCN (International Union for Conservation of Nature). La ripresa della caccia coincide con l’alta stagione per il whale watching e questo ha portato a una forte protesta dell’industria turistica islandese secondo cui l’osservazione delle balene porta maggiori benefici economici di quanti la caccia potrà mai portarne. Nel 2008 circa 115.000 persone sono andate in Islanda per praticare il whale watching e più del 20 per cento di loro pensa che questa sia una ragione importante per fare un viaggio in Islanda, spendendo così anche milioni di dollari. Altre 115.000 persone hanno sottoscritto la promessa di visitare l’Islanda se smetterà di cacciare le balene (fonte Greenpeace 2011). L’immagine dell’Islanda rischia di essere fortemente danneggiata dalla caccia alle balene. Nei Paesi Bassi il gruppo Avaaz ha recentemente raccolto 1,1 milioni di firme con una petizione che chiede al governo olandese di non permettere più il trasferimento di carne di balena islandese nei porti del Paese. Tanto più che la caccia non ha alcun senso da un punto di vista economico: le balene catturate in Islanda sono tutte per il mercato giapponese, che è completamente collassato. La carne di quelle catturate nel 2010 è finita nel cibo per cani in Giappone”.
(Luigi Torriani)