Con la pubblicazione, il 9 aprile 2013, del rapporto di Greenpeace “Api in declino. Le minacce agli insetti impollinatori e all’agricoltura europea“, si torna a parlare del problema della morìa delle api legata all’utilizzo nelle pratiche agricole di pesticidi e insetticidi neonicotinoidi. E il recente studio dell’American Bird Conservancy“The Impact of the Nation’s Most Widely Used Insecticides on Birds” mette in luce gli effetti letali dei pesticidi neonicotinoidi anche sugli uccelli.
Qui su Universofood avevamo già scritto tempo fa sulla questione della morìa delle api e sul finanziamento di 3,2 milioni di euro stanziato dall’Unione Europea agli Stati membri per realizzare studi sulle cause e sui possibili rimedi delle perdite enormi che si sono verificate negli ultimi anni nelle colonie di api (soprattutto le colonie di api nelle vicinanze di coltivazioni intensive soggette all’uso massiccio di insetticidi, come mais, vite e melo). La pubblicazione di un nuovo Rapporto di Greenpeace riporta ora all’attenzione dell’opinione pubblica la questione.
Prima di tutto il Rapporto di Greenpeace (qui il testo inglese completo, qui una sintesi in italiano) ci ricorda l’importanza fondamentale delle api, un’importanza che molto spesso trascuriamo. Dalle api non dipende soltanto la produzione di miele, propoli e cera, ma tutta la produzione agricola. Spiega Greenpeace: “la prossima volta che vediamo un’ape ronzarci intorno ricordiamoci che la maggior parte del cibo che mangiamo dipende in modo significativo dall’opera delle api e degli altri insetti impollinatori. Senza l’impollinazione effettuata dagli insetti circa un terzo delle colture a scopo alimentare dovrebbe essere impollinato con altri mezzi, oppure avremmo una produzione di cibo significativamente inferiore. Senza dubbio le colture più nutrienti e apprezzate della nostra dieta – molta frutta e verdura, insieme ad alcune colture utilizzate come foraggio nella produzione di carne e prodotti lattiero-caseari – sarebbero duramente colpite da un calo numerico degli insetti impollinatori: in particolare la produzione di mele, fragole, pomodori e mandorle ne soffrirebbe. Fino al 75% delle nostre colture subirebbe comunque una riduzione di produttività. La stima più recente dei benefici economici a livello globale legati all’impollinazione a circa 265 miliardi di euro (…). Oltre alle coltivazioni, anche le piante selvatiche (si stima dal 60 al 90 per cento) dipendono dall’impollinazione mediata dagli insetti per riprodursi. Di conseguenza anche altri servizi ecosistemici e gli habitat naturali che li forniscono dipendono – direttamente o indirettamente – dagli insetti impollinatori. (…) Se il declino degli impollinatori selvatici continua corriamo il rischio di perdere una parte consistente della flora mondiale”.
Secondo Greenpeace è ormai acclarato che la maggiore minaccia alle api e agli insetti impollinatori è l’uso massiccio di pesticidi e insetticidi tossici ( i cosiddetti “neonicotinoidi”, che sono gli insetticidi più recenti, introdotti negli anni ’90 e oggi utilizzati nella gran parte delle coltivazioni intensive) in agricoltura. Prodotti che determinano sulle api effetti fisiologici (malformazioni, alterazione del tasso di sviluppo, cioè del tempo richiesto per raggiungere lo stadio adulto), interferenze sulla capacità di approvvigionamento del cibo, disturbi del comportamento alimentare (in particolare ridotte capacità olfattive), alterazione dei processi di apprendimento, (capacità di riconoscere i fiori e l’arnia, orientamento), minore capacità di resistenza a malattie e parassiti, morte.
L’Italia ha già vietato temporaneamente nel 2008 (con proroga successiva fino al 30 giugno 2013) i prodotti fitosanitari usati nella concia delle sementi e contenenti quattro sostanze attive: clothianidin, thiamethoxam, imidacloprid, fipronil. Più in generale, secondo Greenpeace, andrebbe fortemente limitato l’uso dei seguenti sette insetticidi in agricoltura: imidacloprid, thiamethoxam, clothianidin, fipronil, clorpirifos, cipermetrina, deltametrina (qui la scheda completa degli insetticidi, con l’uso agricolo e gli effetti). Secondo Greenpeace “le ricerche scientifiche sono chiare: il potenziale danno di questi pesticidi supera di gran lunga i presunti benefici di una maggiore produttività agricola legata al loro ruolo nel controllo dei parassiti“.
Nel frattempo, proprio in questi giorni, è stato pubblicato uno studio commissionato dall’American Bird Conservarcy e intitolato “The Impact of the Nation’s Most Widely Used Insecticides on Birds” (“L’impatto sugli uccelli degli insetticidi più utilizzati del Paese”). Lo studio, scritto dal tossicologo ambientale Pierre Mineau e dalla manager dell’American bird conservancy pesticides program Cynthia Palmer, spiega che gli insetticidi neonicotinoidi hanno effetti gravissimi non solo sulle pi ma anche sugli uccelli. Secondo lo studio dell’American Bird Conservarcy un solo seme di mais trattato con un pesticida neonicotinoide è sufficiente per un passero, e anche un piccolo chicco di grano o di colza che ha subito un trattamento con uno dei neonicotinoidi più vecchi, l’imidacloprid, può avvelenare un uccello. E basterebbe meno di un decimo di un seme di mais, trattato con uno qualsiasi dei neonicotinoidi registrati, al giorno, durante la stagione di deposizione delle uova, per influire negativamente sulla riproduzione degli uccelli.
(Luigi Torriani)