Sono stati pubblicati i dati definitivi per il 2012 dell’import e export di olio di oliva (elaborazioni Ismea e Coldiretti su dati Istat). Numeri positivi, che segnalano finalmente un calo delle importazioni e una crescita delle esportazioni, e quindi uno storico ridimensionamento (sia pure lento e graduale) del fenomeno del falso olio Made in Italy.
Il problema del falso olio Made in Italy è, in sintesi, il seguente: negli ultimi vent’anni le importazioni di olio d’oliva in Italia sono quasi triplicate (+163%), al punto che l’Italia è ad oggi il maggiore importatore mondiale di olive e olio, che provengono per il 74% dalla Spagna, per il 15% dalla Grecia e per il 7% dalla Tunisia; nel frattempo l’olio che acquistiamo ha sempre o quesi sempre marchio italiano e simboli tricolori; la scritta in etichetta, minuscola e quasi invisibile, riporta nella gran parte dei casi la dicitura prevista dalla legge “miscela di oli comunitari” (o “comunitari e extracomunitari”); di fatto l’olio ci sembra italiano ma deriva dalla lavorazione in Italia di olive per lo più importate dall’estero, oppure è una mescolanza di oli stranieri (in genere di basso costo e bassa qualità) e minime percentuali di olio italiano).
Naturalmente non è sempre così, ci sono anche i veri oli extravergine al 100% italiani. Ma il fenomeno del falso olio Made in Italy si è diffuso sempre di più negli ultimi anni e determina un grave danno economico ai veri oli italiani, oltre che un inganno a danno dei consumatori. Di fatto – come si è detto – il consumatore può capire se l’olio che acquista è davvero al 100% italiano oppure no guardando attentamente l’etichetta: se l’olio non è al 100% italiano l’etichetta deve obbligatoriamente riportare la dicitura “miscela di olio comunitari” o “miscela di oli comunitari e extracomunitari”. Il problema è che questa dicitura è seminascosta e scritta in caratteri minuscoli, mentre sulla bottiglia campeggiano ben visibili nome, logo e immagini italiani e che richiamo in tutti modi possibili e immaginabili all’italianità del prodotto. Per fare chiarezza il Parlamento ha approvato di recente la cosiddetta Legge Mongiello o Legge salva olio Made in Italy, che vieta di mettere in etichetta indicazioni fallaci “che evocano una specifica zona geografica di origine degli oli di oliva non corrispondente alla effettiva origine territoriale delle olive” e migliora la leggibilità delle etichette aumentando la dimensione minima dei caratteri. La legge avrebbe dovuto entrare in vigore al 31 gennaio 2013, ma è al momento sospesa dall’Unione Europea fino a novembre 2013.
Nel frattempo arrivano però dei dati (elaborazioni Ismea e Coldiretti su dati Istat) sull’import/export 2012 (qui i dati completi dal 1996 al 2012) che segnalano una crescita delle esportazioni e un calo delle importazioni di olio di oliva in Italia. Nel 2012 le importazioni di olio di oliva nel nostro Paese sono scese complessivamente del 4,2% in quantità (599.000 tonnellate contro le 625.000 tonnellate – record di sempre – del 2011), e addirittura sono scese del 20% in quantità nel mese di dicembre, non a caso in concomitanza con le fasi finali dell’iter di approvazione della legge Mongiello; in valore le importazioni di olio sono scese del 4,5% (dai 1.209 milioni del 2011 ai 1.154 milioni del 2012); nel frattempo l’export di olio è salito del 3,5% in quantità (dalle 402.000 tonnellate del 2011 alle 416.000 del 2012, record di sempre) e del 2,5% in valore (dai 1.237 milioni del 2011 ai 1.269 milioni del 2012); l’import/export 2012 si chiude quindi in valore co un surplus di 115 milioni di euro, mentre in quantità restano maggiori le importazioni ma il disavanzo si riduce di 40.000 tonnellate; in particolare scende – del 12% l’import di olio dala Spagna, primo fornitore dell’Italia, mentre crescono le esportazioni di olio italiano negli Usa (primo Paese acquirente con 133.000 tonellate, +5,3% in quantità e +4% in valore rispetto al 2011) e in Germania (secondo Paese acquirente con 48.000 tonnellate, +6,6% in quantità e +3,2% in valore rispetto al 2011).
(Luigi Torriani)