Continua lo scandalo della carne di cavallo, che dilaga in tutta Europa e raggiunge anche il mercato italiano. Uno scandalo che pone gravi problemi di sicurezza alimentare e che riporta in primo piano la questione delle etichette alimentari e il problema delle filiere troppo lunghe e non tracciabili.
La scorsa settimana abbiamo raccontato le origini e la prima parte della vicenda horsegate, lo scandalo della carne di cavallo. In sintesi: in Irlanda e Gran Bretagna sono stati scoperti dei prodotti surgelati (in particolare lasagne, spaghetti alla bolognese e hamburger) in vendita nell’ambito della Gdo (catene di supermercati Tesco, Iceland, Lidl, Aldi) che erano etichettati come prodotti a base di carne bovina ma che erano in realtà realizzati con percentuali di carne di cavallo tra il 60% e il 100%; lo scandalo è poi dilagato in tutta Europa con prodotti contenenti carne equina spacciata per bovina che sono stati scoperti e sequestrati anche in Germania, Svizzera, Francia, Norvegia, Danimarca, Repubblica Ceca (con la scoperta – in quest ultimo Paese – di carne di cavallo nelle polpette Ikea).
Ora lo scandalo ha toccato anche l’Italia. La Nestlé ha ritirato dai negozi e supermercati italiani e spagnoli i ravioli e tortellini di manzo Buitoni, ma le analisi dell’Istituto zooprofilattico sperimentale di Torino hanno dato esito negativo: non ci sono tracce di carne di cavallo, per cui i prodotti vengono reimmessi sul mercato. Nel frattempo però i Nas hanno sequestrato 2.400 confezioni di lasagne alla bolognese surgelate (confezione Primia da 600 grammi, lotto n. 12326 con scadenza 23 maggio 2014) e 6 tonnellate di macinato sempre della ditta Primia di san Giovanni in Persiceto (Bo). Questa volta le analisi risultano positive, ci sono tracce di carne di cavallo nelle lasagne, e il prodotto in questione non sarà quindi reimmesso sul mercato. Nel frattempo proseguono in tutta Italia i controlli dei Nas. E dopo la scoperta di carne di cavallo nelle polpette Ikea in repubblica Ceca, di cui si è detto sopra, la vendita delle polpette Ikea è stata temporaneamente bloccata in 14 Paesi, compresa l’Italia.
Qual è il pericolo per la salute? Il problema riguarda innanzitutto la violazione delle norme di etichettatura che obbligano a indicare in etichetta la specie animale da cui proviene la carne usata come ingrediente (art. 5 legge 109/1962) , nel senso che la carne contenuta nei prodotti incriminati è stata etichettata come carne di manzo, mentre si tratta – in parte – di carne di cavallo. Ma la portata dello scandalo va ben oltre e pone anche gravi interrogativi in termini di sicurezza alimentare. Nella legislazione italiana e in tutte le legislazioni europee c’è una rigida distinzione tra cavalli sportivi (per ippica e equitazione) e cavalli destinati all’alimentazione umana. I cavalli sportivi “in pensione” non possono mai essere destinati alla macellazione per alimentazione umana perché sono stati sottoposti in genere a trattamenti farmacologici, oltre che – non di rado – “imbottiti” di ormoni e steroidi. Il sospetto è che nei prodotti alimentari ritirati dal mercato ci possa essere anche della carne di cavalli sportivi. Un sospetto che in Gran Bretagna è già diventato realtà, perché la Fsa (l’Autorità di controllo alimentare britannica) ha già scoperto in alcune carcasse di cavallo destinate all’alimentazione umana una positività al fenilbutazone, un potente antinfiammatorio somministrato ai cavalli sportivi e pericoloso per la salute umana (può provocare anemia plastica e disordini del sangue, e avrebbe secondo alcuni anche una possibile correlazione con l’insorgenza di tumori). Questo problema, peraltro, non riguarda soltanto la carne di cavallo spacciata per carne di manzo ma riguarda ovviamente anche la carne che è correttamente etichettata come “di cavallo” (secondo i dati della Coldiretti gli italiani sono tra i massimi consumatori europei di carne equina, con un quantitativo medio di 1 chilo a testa per un totale di 42,5 milioni di chili, e circa 30 milioni di chili di carne di cavallo, asino o mulo sono stati importati in Italia nel 2012, provenienti per quasi la metà dalla Polonia, per il resto da Francia, Spagna e Romania).
Come si è arrivati a tutto questo? Il problema fondamentale è quello della filiera lunghissima e non tracciabile. Lo stesso amministratore delegato dell’azienda bolognese Prisma si è difeso in questi termini: “noi la carne la comperiamo, non la produciamo. Ci arriva già confezionata. La comperiamo come carne di manzo. Abbiamo la documentazione, con le previste analisi e certificazioni che abbiamo già consegnato al Nas”. E una difesa analoga hanno portato avanti le aziende britanniche incriminate. Ma da dove arriva questa carne? I rappresentanti delle catene di supermercati britannici hanno detto di aver acquistato i surgelati incriminati dall’azienda francese di piatti pronti Comigel, la Comigel ha detto di aver comprato la carne utilizzata per i piatti pronti dall’azienda francese Spranghero, Spranghero ha dichiarato di aver comprato la carne da un intermediario cipriota, l’intermediario cipriota l’avrebbe acquistata da un trader olandese, il trader olandese l’avrebbe comprata da fornitori rumeni. Più lunga e “misteriosa” è la filiera più aumentano le possibilità di frode, e in questo caso la filiera è lunghissima. Peraltro – come fa notare la Coldiretti in un recente comunicato stampa – in tutti i grandi scandali alimentari degli ultimi anni, la lunghezza e scarsa trasparenza della filiera balza sempre all’occhio, dall’emergenza mucca pazza del 2001 allo scandalo aviaria del 2003, la carne alla diossina nel 2008, il latte cinese alla melanina nel 2010, fino alla mozzarella blu dell’estate 2011 (sempre prodotta con latte di importazione) e al più recente ritorno del rischio metanolo nei vini importati dall’Europa dell’Est. Forse per i consumatori è il caso di tornare a privilegiare una filiera più corta e più controllabile, con prodotti alimentari italiani di qualità, come la Coldiretti va predicando da anni, e non solo per ragioni nazionalistiche ma anche e soprattutto per motivi di sicurezza alimentare.
Infine c’è un problema di etichette alimentari a livello europeo. Dopo la scandalo della mucca pazza è diventato obbligatorio indicare in etichetta la provenienza della carne di manzo. Ma continua a non essere obbligatorio indicare in etichetta la provenienza degli alimenti utilizzati nella preparazione di: carne di maiale e salumi, carne di coniglio e di cavallo, frutta e verdura trasformata, derivati del pomodoro diversi dalla passata, formaggi, derivati dei cereali (pane, pasta), carne di pecora e agnello, latte a lunga conservazione. Tuttavia il Regolamento Ue n. 1169/2011 approvato nel novembre 2011, prevede l’obbligo di indicare in etichetta l’origine delle carni suine, ovine, caprine e dei volatili, ed entrerà in vigore il 13 dicembre 2014 (ed entro la stessa data si prevede uno studio di fattibilità per le altre carni come il coniglio e per latte e formaggi).
(Luigi Torriani)