È stata approvata il 6 febbraio 2013 dal Parlamento Europeo (con 502 voti a favore, 137 contrari e 27 astensioni) la nuova Riforma della Politica Comune della Pesca (PCP), che va a sostituire l’attuale PCP (che risale al 2002) e che entrerà in vigore a partire dal 2014. Vediamo di che si tratta.
Il problema fondamentale della pesca in Europa è il sovrasfruttamento degli stock ittici: si pesca troppo, più di quanto i nostri mari sono in grado di sostenere, e si pesca male (le forme di pesca intensiva tuttora praticate in Europa sono estremamente dannose per i fondali e per gli ecosistemi marini). I pesci a rischio estinzione sono in continua crescita, e la situazione è sempre più critica.
Quaclosa per fermare questa tendenza è già stata fatta, in particolare l’introduzione della patente a punti per la pesca (ma dopo qualche mese positivo, le infrazioni sono poi riprese a “buon” ritmo…) e il fermo pesca nell’Adriatico. I pescatori italiani sono esasperati da questo inasprimento di regole e sanzioni, anche perché il settore è già provato dal calo delle vendite, dall’introduzione dell’iva al 10% sul gasolio dei pescherecci e dal potenziamento della concorrenza per effetto della liberalizzazione dei commerci con il Marocco (un altro aspetto problematico è la mancanza di una vera tutela del pesce Made in Italy nelle etichette, anche su questo fronte qualcosa di recente si è mosso, dall’introduzione del marchio “Solo Pesce Italiano” alla nascita del consorzio del tonno rosso italiano “Mare Nostrum Tuna“).
Anche se il malessere dei pescatori è certamente comprensibile in questo frangente così difficile, è chiaro che se non si frena adeguatamente lo sfruttamento dei mari la stessa pesca è destinata a crollare con il crollo degli stock ittici nei nostri mari. Il problema non riguarda solo l’Italia ma tutta l’Europa. I Paesi che pescano di più (dati Ue) sono la Danimarca (17% delle catture comunitarie), la Spagna (15%), il Regno Unito (12%), e la Francia (9%), i pesci più catturati sono sgombro, spratto e aringa, mentre la specie a maggior rischio di estinzione è il tonno rosso. Il 47% degli stock ittici dell’Atlantico e oltre l’80% degli stock ittici del Mediterraneo sono soggetti a pesca intensiva.
In questo contesto si inserisce la Nuova Riforma della Politica Comune della Pesca approvata il 6 febbraio dalla Ue (qui il testo completo, qui i video della seduta plenaria del 6 febbraio, qui il video della conferenza stampa dopo il voto), che si pone come obiettivo di ricostituire adeguatamente gli stock ittici dei nostri mari entro il 2020 e che prevede – in sintesi – questi tre punti:
1) Stop alla pesca intensiva fermando i “rigetti”
Quasi un quarto del totale del pescato finisce rigettato, cioè è scaricata a mare quella parte di esemplari non desiderati o troppo piccoli. I “rigetti” sono formati quasi totalmente da pesci ormai morti e, per fermare questa pratica dannosa, i deputati hanno votato per obbligare i pescherecci a sbarcare tutte le catture, anche per facilitare il controllo, secondo uno specifico calendario per ogni specie, a partire dal 2014. I pesci più piccoli sbarcati, per esempio, saranno destinati a usi diversi dal consumo umano. Saranno gli Stati membri ad assicurarsi che i pescherecci rispettino il divieto di rigetto.
2) Stop alla pesca intensiva rispettando il rendimento sostenibile massimo
Dal 2015, agli Stati membri sarà impedito di stabilire quote di pescato troppo elevate per essere sostenibili. I pescatori dovranno rispettare il “rendimento massimo stabilito”: non si potrà catturare più di un certo numero di esemplari di una certa specie di quanti se ne possano riprodurre in un anno. Si aspetterà la ripresa degli stock ittici nel 2020 per innalzare i livelli del rendimento massimo stabilito e mantenerli in seguito. La ripresa degli stock ittici nel 2020 significherà più pesce, battute di pesca più ricche e quindi più lavoro nel settore (si dovrebbero avere a disposizione 15 milioni di tonnellate di pesce in più e si potranno creare fino a 37.000 nuovi posti di lavoro nel settore ittico).
3) Pianificazione a lungo termine per sostituire le trattative sulle quote annuali
La riforma si baserà su piani di gestione degli stock ittici per assicurarsi che la pesca rimanga sostenibile. Se si adotterà un approccio a lungo termine, si potranno migliorare le previsioni dell’andamento del mercato, che dovrebbero aiutare l’industria a investire meglio e pianificare correttamente. I piani pluriennali saranno basati su dati scientifici più accurati e affidabili, che gli Stati membri saranno obbligati a raccogliere e rendere disponibili.
(Luigi Torriani)