Il settore ittico è tuttora un comparto fondamentale dell’economia italiana, con 13.000 imbarcazioni, 17 milioni di giorni di pesca e una produzione annua di circa 200.000 tonnellate di pesce (i pesci più venduti sono, in quantità, le acciughe, con 54.312 tonnellate, seguite da vongole, sardine, naselli, gamberi bianchi, seppie, pannocchie, triglie, pesce spada, sugarelli; in valore il nasello, con 90,5 milioni di euro, seguito da acciughe, seppie, gamberi bianchi, scampi, pesce spada, gamberi rossi, vongole, pannocchie, sogliole). Vediamo, sulla base dei dati Ismea Gfk-Eurisko quale è stato l’andamento del settore ittico italiano nel 2012.
Il periodo è difficilissimo in generale per l’agroalimentare, che è ormai sostenuto in buona parte dall’export, mentre sul mercato interno le famiglie italiane hanno tagliato le spese alimentari per 11 miliardi di euro tra il 2007 e il 2012, con un ulteriore peggioramento nel 2012 (e la spesa alimentare, dopo le spese per i figli, è stata la voce di spesa meno sacrificata dalle famiglie italiane!). E in questo contesto già di per sé scoraggiante, il settore ittico ha dovuto fare i conti con alcuni ulteriori (e specifici) problemi, dal caro gasolio all’introduzione dell’iva al 10% sul gasolio dei pescherecci, la liberalizzazione dei commerci con il Marocco, la crescita dei pesci a rischio estinzione, l’introduzione di regole più severe come la licenza a punti, il fermo pesca nell’Adriatico, e il vecchio problema della trasparenza delle indicazioni in etichetta (su quest’ultimo fronte, cioè sul fronte della difesa del Made in Italy, il 2012 vede comunque la nascita del marchio “Solo Pesce Italiano” e del consorzio “Mare Nostrum Tuna“).
In una situazione così complicata i dati Ismea Gfk-Eurisko (dati 2012, esclusi novembre e dicembre) mostrano un calo nelle vendite di pesce, ma non un crollo. Il calo medio delle vendite di pesce fresco è del -3,4%, dunque più pronunciato rispetto ad altri alimenti (la carne è a -0,4%, la frutta è a -1,9%, il vino è a -3%, mentre crescono le uova a +0,4%, e la pastasciutta – “piatto della Crisi” – a +1,1%), ma sicuramente meno grave rispetto a quello che si poteva temere. Il calo dei consumi ha comunque avuto un effetto sui prezzi di pesci, molluschi e crostacei, che sono rimasti al di sotto dell’inflazione e che in certi casi sono addirittura diminuiti (-3% per le cozze, -1% per le seppie, -0,4% per i polpi). Non dimentichiamo comunque che il prezzo degli alimentari in Italia è del 6% più alto rispetto alla media Ue, e i prezzi di pesci, molluschi e crostacei (non tutti, per esempio non le cozze, le acciughe e pesci azzurri) sono tendenzialmente più alti rispetto al prezzo della carne (a parte filetti e tagli pregiati, che infatti vendono sempre di meno).
Non tutte le specie ittiche scendono comunque allo stesso modo nelle vendite. La media, come si è detto, è un calo del -3,4%, che per le cozze è -3%, per naselli e merluzzi -4%, e per i polpi -7%. Gli unici pesci che hanno aumentato le vendite nel 2012 sono le trote (+7%) e il salmone (addirittura +14%)
(Luigi Torriani)