Il futuro dell’agricoltura italiana, e più in generale dell’economia italiana, passa anche attraverso la capacità di un progressivo ricambio generazionale e di un rinnovamento almeno parziale del tessuto imprenditoriale (oltre che politico…) del Paese. Qualcosa su questo fronte si sta muovendo, ma i conti ancora non tornano.
In una recente intervista televisiva il fondatore di Slow Food Carlo Petrini ha individuato nella questione anagrafica e generazionale il problema in prospettiva più grave dell’agricoltura italiana, e per invitare i giovani italiani a “tornare ai campi” è partito da questa considerazione: “la situazione è drammatica perché l’età media dei nostri agricoltori è di 60 anni e noi non mangeremo computer, noi abbiamo bisogno di qualcuno che torni alla terra“. In questo senso si muove da anni anche la Coldiretti, che ha anche lanciato un vademecum su “Come aprire un’azienda agricola oggi” e che ogni anno assegna i premi Oscar Green alle giovani imprese agricole più innovative.
Qualcosa in questa direzione si sta cominciando a intravedere. Per la prima volta nel 2012 sono diminuiti gli immigrati impiegati nei campi (immigrati che pure in agricoltura sono indispensabili e spesso sottostimati, ma la loro alta percentuale rispetto alla manodopera italiana purtroppo indicava e indica una concezione diffusa dell’agricoltura come lavoro di “basso livello” da evitare ai nostri figli), mentre sono cresciuti gli italiani impiegati nel settore agricolo. I laureati che lavorano in agricoltura in Italia sono raddoppiati negli ultimi dieci anni, mentre sale anche il numero di donne alla guida di imprese agricole (+3% nel 2012).
Ma i conti continuano a non tornare, non solo per l’agricoltura ma più in generale per la questione anagrafica nell’economia italiana. Secondo un’elaborazione Coldiretti su dati Unioncamere (si veda anche il documento “Natalità e mortalità delle imprese italiane nell’anno 2012” ) si scopre che il 2013 inizia in Italia con 22.373 imprese condotte da under 35 in meno rispetto al 2012 (-3%), e la quota di imprese giovanili (cioè condotte da under 35) sul totale si attesta su un misero 11,4%. Nel 2012 sono state aperte 131.349 imprese guidate da under 35, ma 60.876 giovani imprenditori hanno chiuso la loro attività, e l’alto numero di imprese che hanno superato la soglia dei 35 anni (di età dell’imprenditore) porta a un saldo negativo -22.373 imprese giovanili. Ad oggi le imprese guidate da under 35 in Italia sono 675.053, di cui il 35% nel settore del commercio e dei servizi di alloggio e ristorazione, il 25% nel manifatturiero e nelle costruzioni, e soltanto l’8% in agricoltura. Una percentuale – quest’ultima – che potrebbe aumentare considerevolmente se si vendessero una buona volta i terreni agricoli di proprietà dello Stato con diritto di prelazione riservato ai giovani imprenditori. Dalla vendita dei terreni agricoli dello Stati si potrebbero ricavare infatti fino a 43.000 nuovi posti di lavoro in agricoltura per i giovani italiani, oltre a circa 6 miliardi in più che entrerebbero nelle casse dello Stato. Ma siamo in Italia e ovviamente si continua a rimandare…
(Luigi Torriani)