La tecnologia per smascherare le truffe alimentari e per tutelare il vero Made in Italy. Dopo la recente creazione di Lapka, il sensore per iPhone che scova il falso biologico (in un Paese come l’Italia, dove circa il 10% del “biologico” è costituito da prodotti fasulli), è in arrivo la macchina per identificare l’origine dei pomodori. Vediamo di che si tratta.
Pomodori, olio, formaggi, prosciutti, funghi, tartufi, pesce: tutti prodotti vanto del Made in Italy. Peccato solo che non è mai chiaro al consumatore quando questi prodotti sono realmente italiani e quando non lo sono. L’olio extravergine sembra sempre italiano ma poi si scopre che l’Italia è il maggior importatore mondiale di olive e di olio (che provengono per il 74% dalla Spagna, per il 15% da Grecia, per il 7% dalla Tunisia) e che le importazioni di olive e di olio di oliva in Italia sono praticamente triplicate negli ultimi vent’anni (+163%). Poi si guarda bene in etichetta, e si scopre – seminascosta dietro bandiere italiane e innumerevoli riferimenti all’italianità del prodotto – la scritta “miscela di oli comunitari” o “miscela di oli comunitari e extracomunitari”, fino alla recente “legge salva olio” del governo Monti che potrebbe forse costituire una svolta almeno parziale rispetto a questa situazione.
Anche i prosciutti che compriamo normalmente nei negozi e nei supermercati sembrano sempre o quasi sempre italiani, se non fosse che secondo i dati della Coldiretti almeno tre su quattro dei prosciutti venduti in Italia sono in realtà prodotti con maiali allevati all’estero. I funghi che compriamo sono sempre “italiani” ma intanto le importazioni di funghi dalla Cina sono cresciute del 317% in un anno. I tartufi sono un vanto del Made in Italy, eppure le importazioni di tartufi in Italia sono quasi raddoppiate nei primi mesi del 2012. E analoghe “zone d’ombra” si riscontrano continuamente anche per il pesce e per i formaggi (clamoroso in particolare il caso del pecorino rumeno finanziato con soldi pubblici italiani).
La situazione dei pomodori è molto simile a quelle appena descritte. Le passate di pomodoro che acquistiamo hanno sempre loghi e simboli che richiamano a un’italianità del prodotto e ci sembrano sempre italiane. Il problema è che negli ultimi dieci anni le importazioni di pomodori dalla Cina sono in pratica quadruplicate (+272%). Di fatto i produttori italiani acquistano o pomodori cinesi che poi lavorano in Italia per ottenere la passata, oppure acquistano addirittura acquistano passata di pomodoro cinese e si limitano a “rilavorarla”, in genere aggiungendo semplicemente acqua e sale. Una sola volta la magistratura italiana ha condannato il titolare di un’industria conserviera perché commercializzava come italiano un concentrato di pomodoro proveniente dalla Cina (condanna per il reato di “vendita di prodotti industriali con segni mendaci”). Per il resto l’andazzo continua come se niente fosse (ed è aggravato dal un problema etico enorme in termini di diritti umani, dato che molti prodotti alimentari cinesi che importiamo sono stati raccolti o lavorati nei Laogai, i campi di concentramento cinesi).
In questo contesto si inserisce l’invenzione della macchina per scovare l’origine dei pomodori. Un’invenzione che si basa su un progetto della Stazione Sperimentale per l’Industria delle Conserve Alimentari (SSICA), Azienda Speciale della Camera di Commercio di Parma, con il sostegno della Fondazione Cariparma e con il coordinamento del Dott. Antonio Trifirò. Il progetto, denominato “Caratterizzazione dei macro e microelementi minerali nel pomodoro per l’identificazione della zona d’origine”, si basa sulla tecnica della “zonazione”, già ampiamente utilizzata in agricoltura per valutare l’idoneità di una zona a determinate coltivazioni. La tecnica consiste in una mappatura dei componenti organici e minerali presenti nel terreno. I loro contenuti, insieme a specifici rapporti isotopici, consentono di datarlo e caratterizzarlo sulla base di un semplice principio: dato che gli organismi vegetali assorbono il proprio nutrimento dal terreno, a una diversa composizione minerale del terreno corrisponderà un diverso contenuto di metalli nel prodotto che cresce in esso. A questo punto è stata creata un’apposita apparecchiatura che permette la separazione simultanea dei singoli isotopi dei diversi elementi minerali e la loro identificazione nel pomodoro, di cui si può quindi ricostruire l’origine (o quantomeno escluderne l’origine italiana se il pomodoro è straniero).
(Luigi Torriani)