Il marchio Made in Italy è leader nel mondo nel settore degli oli extravergine di oliva (oltre che in molti altri comparti dell’agroalimentare), e il consumo pro capite di olio extravergine di oliva in Italia è il più alto al mondo (14 chili annui circa). Ma molto spesso si tratta di olio ottenuto in Italia da aziende italiane attraverso la lavorazione di olive di importazione. Una situazione che potrebbe finire con la nuova legge ‘salva olio’ voluta dal governo Monti e già approvata all’unanimità da Camera e Senato. Vediamo di che si tratta.
L’Italia è il Paese leader al mondo per l’agroalimentare e l’enogastronomia, ma molto spesso il prodotto alimentare è “italiano” soltanto sulla carta. Gli esempi in questo senso si sprecano, dai formaggi (con il caso clamoroso del pecorino rumeno finanziato con soldi pubblici…) alle passate di pomodoro (“italiane” ma prodotte con pomodori cinesi) ai prosciutti (almeno tre su quattro sono spacciati per nostrani ma sono in realtà ottenuti con maiali allevati all’estero) ai tartufi (venduti come italiani, in realtà importati dall’Africa), fino al biologico (che sempre più spesso è un falso Bio).
In questo contesto l’olio extravergine non fa eccezione, ed è anzi uno dei casi più eclatanti di falso Made in Italy. D’altronde quando si parla di olio in Italia c’è sempre qualche conto che non torna. All’apparenza si tratta sempre di olio italiano, ma c’è un lievissimo dettaglio: l’Italia risulta essere il massimo importatore mondiale di olive e olio (che arrivano per il 74% dalla Spagna, per il resto per lo più da Grecia e Tunisia), e le importazioni di olive e olio d’oliva in Italia sono quasi triplicate negli ultimi vent’anni (+163%).
Dov’è il trucco? Semplicemente si importano olive straniere e le si trasforma in olio in Italia mescolandole con (poche) olive italiane, oppure si importano oli stranieri in genere di bassa qualità (e di basso costo), li si mescola con minime percentuali di olio italiano e si vende il prodotto con marchio italiano in etichetta. Si può fare? Sì, anche se in questi casi bisogna scrivere in etichetta (naturalmente a caratteri minuscoli) che il prodotto in questione è “una miscela di oli comunitari” o “miscela di oli comunitari e extracomunitari”. Un’indicazione che in genere non viene nemmeno notata dall’acquirente medio, anche perché si accompagna all’utilizzo di nomi e immagini (stavolta a caratteri cubitali) che suggeriscono un’italianità al 100% del prodotto.
Con l’approvazione (dicembre 2012) di una nuova legge ‘salva olio’ questa situazione scandalosa trova finalmente un argine nelle leggi italiane. La norma, proposta dai senatori Colomba Mongiello (Pd) e Paolo Scarpa (Pdl) è stata approvata all’unanimità da tutti i gruppi parlamentari sia alla Camera sia al Senato (un bel passo avanti, visto quanto succedeva fino a pochi mesi fa con l’olio nei ristoranti di Camera e Senato…), e prevede – in sintesi – quanto segue: mettere in etichetta indicazioni fallaci “che evocano una specifica zona geografica di origine degli oli vergini di oliva non corrispondente alla effettiva origine territoriale delle olive” diventa reato di contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine (articolo 517-quater del codice penale); per i marchi che evocano una specifica zona geografica che non coincide con l’effettiva origine delle materie prime scatta il ritiro, e sono previste sanzioni accessorie, con l’interdizione per cinque anni dal realizzare attività di comunicazione commerciale e attività pubblicitaria aventi per oggetto oli di oliva e il divieto di ottenere, a qualsiasi titolo, contributi, finanziamenti o mutui agevolati da parte di istituzioni nazionali e/o europee, per chi sia stato oggetto di condanna per reati nel settore; si inaspriscono i controlli, con il rafforzamento degli istituti processuali e investigativi (intercettazioni, ecc.); contro il segreto sulle importazioni agroalimentari viene poi garantito il diritto d’accesso alle informazioni concernenti l’origine degli oli di oliva detenute dalle autorità pubbliche a tutti gli organi di controllo e alle amministrazioni interessate; si migliora la leggibilità delle etichette (dimensioni dei caratteri) e si completa l’intervento già anticipato dal Parlamento con una norma precedente sul valore probatorio del panel test, al fine di garantire la corrispondenza merceologica e la qualità degli oli di oliva e punire la non conformità dei campioni degli oli di oliva vergini alla categoria dichiarata in etichetta; si fissano limiti più restrittivi per il contenuto di etil esteri degli acidi grassi (Eeag) e di metil esteri degli acidi grassi (Meag) e vengono rese note le risultanze delle analisi che sono pubblicate ed aggiornate mensilmente in una apposita sezione del portale internet del Ministero delle Politiche Alimentari e Forestali; si prevede infine in etichetta anche un termine minimo di conservazione non superiore a 18 mesi dalla data di imbottigliamento, e si prevedono specifiche modalità di presentazione degli oli di oliva nei pubblici esercizi, imponendo l’obbligo di idonei dispositivi di chiusura o di etichettatura con sanzioni connesse alla violazione delle relative disposizioni.
Questo il commento del Presidente della Coldiretti Sergio Marini: “siamo molto soddisfatti. Questo risultato rappresenta un passo straordinariamente importante nella direzione della trasparenza e della lotta alla contraffazione sugli oli extravergini di oliva a tutela dei produttori e dei cittadini. L’unanimità nell’approvazione della legge da parte di tutti i gruppi parlamentari sia al Senato che alla Camera e il parere positivo del Governo stanno a significare che la norma è stata fortemente condivisa, e da parte nostra va un forte ringraziamento a tutti coloro che hanno permesso, nonostante i non pochi bastoni tra le ruote, una conclusione positiva entro la fine della legislatura”.
(Luigi Torriani)
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