L’Italia ha il primato europeo delle segnalazioni di cibi contaminati, è un Paese dove le agromafie hanno un giro d’affari 12,5 miliardi di euro, e “dove la lotta alla contraffazione e alla pirateria rappresenta per le Istituzioni un’area di intervento prioritaria tanto quanto il contrasto all’evasione fiscale”, come recita un recente comunicato stampa della Coldiretti. Anche il 2012 si conferma all’ “altezza” della situazione (se così si può dire…), con oltre dieci milioni di chili di cibi e bevande sequestrate dalle forze dell’ordine.
Una cosa è certa: in Italia non si può mai essere certi su ciò che si beve e si mangia. Anche volendo sorvolare su tutte le operazioni di stampo mafioso e sulle truffe più gravi, alcuni dati dovrebbero senz’altro farci riflettere: le passate di pomodoro, spacciate per italiane, sono spesso prodotte con pomodori cinesi (e al momento si registra in materia una sola condanna penale), i funghi sono spesso anch’essi cinesi, l’olio “italiano” è in realtà ottenuto da olive di importazione, i formaggi “italiani” derivano dalla lavorazione di latte straniero, i tartufi “italiani” sono venduti a peso d’oro ma spesso non sono italiani, i “prosciutti” italiani nel 75% dei casi sono di importazione, le recensioni ai ristoranti sono false, e i tanto decantati prodotti biologici sempre più spesso sono un falso biologico. D’altronde anche il ragionier Fantozzi sarebbe colto da un “leggero sospetto” di fronte a dati come l’aumento del 317% delle importazioni di funghi dalla Cina, l’aumento del 17% delle importazioni di pomodori e derivati dalla Cina, il primato mondiale dell’Italia nell’importazione di olio, l’importazione di 67 milioni all’anno di tonnellate di cosce di maiale a fronte di una produzione interna di 24,5 milioni, il fatto che le importazioni di tartufi siano raddoppiate nell’ultimo anno, e altre simili “lievissimi” dettagli che pure non impediscono di vendere praticamente la quasi totalità di questi prodotti come autentico Made in Italy.
In questo contesto i sequestri alimentari da parte delle forze superano nel 2012 i 10 milioni di chili. E il problema non si pone soltanto sul piano della morale e del senso civico, ma si colloca anche – con numeri impressionanti – sul piano economico: dalle contraffazioni e frodi alimentari derivano danni all’agroalimentare italiano per 164 milioni di euro al giorno. Senza contare gli incalcolabili danni di immagine al vero Made in Italy (si pensa forse che spacciare vinacci per Doc e Docg e vendere pomodori cinesi come italiani non influisca sull’immagine e sul brand dei grandi prodotti italiani, per fare un esempio tratto dalla cronaca più recente?). Poi ci sono problemi non indifferenti di sicurezza alimentare: il recente boom nell’import di alcolici dall’Europa Est ha riportato a galla il pericolo metanolo, l’uso di latte straniero di scarsa qualità è alla base dello scandalo delle mozzarelle blu, e gli oli ammuffiti e di pessima qualità sono sempre più frequenti da quando sono aumentate le importazioni.
Infine non si può tacere l’aspetto dell’inganno e del raggiro subito dai consumatori. Secondo una recente indagine Coldiretti / Swg per il 60% le frodi più gravi sono quelle alimentari, per gli effetti negativi che possono avere sulla salute (seguono le truffe fiscali, condannate in massimo grado dal 40% degli italiani, le truffe finanziarie con il 26% di “preferenze”, e le truffe commerciali come la contraffazione dei marchi per il 25%). Inoltre: per il 57% degli italiani le frodi alimentari dovrebbero essere punite con la sospensione dell’attività, per il 22% addirittura con l’arresto, per il 18%con una multa salata. Eppure il cittadino è sostanzialmente impotente (e spesso ignaro) di fronte alle frodi. A meno di voler usufruire di alcune recentissime tecnologie, come il sensore per iPhone Lapka che scova il falso biologico. Ma c’è anche un evidente problema di trasparenza e chiarezza delle etichette alimentari, un problema che quest’anno si è addirittura aggravato, quando il Parlamento Europeo ha bocciato l’etichetta “No ogm” per la carne (ed era un’etichetta facoltativa, nemmeno obbligatoria…). Per tacere di quando è lo Stato stesso ad avallare spudoramente le truffe ai danni dei consumatori (come nel caso clamoroso del pecorino rumeno finanziato con soldi pubblici).
(Luigi Torriani)