L’estate 2012 è stata l’estate nera del turismo italiano (a parte una relativa tenuta degli agriturismi), con “un ritorno ai flussi turistici e ai modelli di vacanza degli anni Settanta” (parole del Presidente della Fipe Lino Stoppani). E al calo delle strutture ricettive si è accompagnato un vero e proprio crollo della produzione agricola.
I dati Istat sulla produzione industriale in Italia a luglio 2012 (dati diffusi il 12 settembre) sono tutt’altro che incoraggianti. Ma sono pessimi in particolare per l’agricoltura, che oltre che con la Crisi ha dovuto fare i conti anche con gli effetti devastanti dell’ondata di caldo anomala dell’estate 2012. Secondo le prime stime di Coldiretti si parlava di almeno un miliardo di danni legati al caldo e alla siccità, ma il dato è in continua crescita.
Questi, nel dettaglio, i numeri diffusi dalla Coldiretti sulla base dei dati Istat (confronto tra luglio 2012 e luglio 2011): i raccolti nazionali di soia calano del 40%; la produzione di pomodori scende del 35%, i raccolti di mais del 30%, mentre la produzione di pere è a -22%, di girasoli a -20%, di mele a -13%, di vino a -5%.
Numeri drammatici che la Coldiretti commenta in questi termini: “si tratta -degli effetti negativi dell’andamento climatico sfavorevole, che ha provocato danni diretti ed indiretti per circa tre miliardi di euro all’agricoltura nazionale, con pesanti effetti sull’indotto in termini economici ed occupazionali. Il caldo e la siccità che hanno tagliato i raccolti estivi ed autunnali rischiano infatti di lasciare senza lavoro molti dei duecentomila giovani impegnati nelle attività di raccolta di frutta, everdura e nella vendemmia, ma anche di aumentare la dipendenza dall’estero in un Paese come l’Italia che già importa oltre il 30 per cento del proprio fabbisogno alimentare. Una prospettiva che conferma l’importanza che l’Italia difenda il proprio patrimonio agricolo e la propria disponibilità di terra fertile”.
Nel frattempo dai dati Eurobarometro risulta che il 46% degli italiani è preoccupato che la produzione di cibo possa essere a medio termine non sufficiente a soddisfare il fabbisogno di tutta la popolazione, e l’84% ritiene che si dovrà produrre più cibo in futuro, per essere meno dipendenti dalle importazioni. Eppure, incredibilmente, la vendita dei terreni agricoli dello Stato, che porterebbe nuove terre all’agricoltura italiana e nuove possibilità di produzione agricola, continua ad essere rimandata…
(Luigi Torriani)