È ufficiale: dal primo gennaio 2013 scatta l’obbligo di una percentuale minima di succo naturale del 20% in tutte le bevande analcoliche con frutta. Una decisione del governo Monti che sostituisce l’ipotesi iniziale di introdurre una tassa sulle bibite gassate e zuccherate e che ha un duplice scopo: salvaguardare la salute dei consumatori ma anche – e forse soprattutto – dare una mano all’agricoltura e al settore ortofrutticolo italiano.
Un fatto è certo: l’abuso di bevande gassate e zuccherate è dannoso per la salute. E da anni in Italia ci si sta avvicinando al modello americano, cioè si consuma sempre meno frutta (calo del 22% delle vendite di frutta e verdura negli ultimi dieci anni) e sempre più bibite e junk food. La correlazione tra questo stile alimentare e l’aumento dell’obesità nel nostro Paese è evidente ed è stata più volte sottolineata con preoccupazione dalle autorità sanitarie italiane.
Per porre un argine a questo andazzo si era pensato in un primo tempo di far leva sulle cosiddette fat tax, cioè di varare delle nuove tasse per il cibo spazzatura e per le bevande gassate e zuccherate. Un’ipotesi che ha provocato molte polemiche e che è stata poi accantonata dal governo Monti. Ha prevalso l’idea di innalzare la quantità minimo di succo di frutta contenuto nelle bibite dal 12 al 20%. Un provvedimento che è stato approvato all’interno del decreto legge sulla sanità (disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del paese mediante un più alto livello di tutela della salute; il via libera del Consiglio dei Ministri è arrivato il 5 settembre 2012) e che entrerà in vigore a partire dal primo gennaio del 2013. Una misura legislativa fortemente sostenuta dal ministro della Salute Renato Balduzzi che tutela la salute dei consumatori e che darà sicuramente una mano al settore ortofrutticolo italiano in un periodo di Crisi drammatica come quello che stiamo vivendo.
Queste le dichiarazioni del ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali Mario Catania: “l’innalzamento del limite minimo di succo naturale contenuto nelle bevande analcoliche che richiamano il nome di un frutto, da me fortemente voluto e contenuto nel decreto legge varato ieri dal Consiglio dei Ministri, rappresenta un risultato importante per i consumatori e per il mondo dell’agricoltura. Questa misura, infatti, imporrà ai produttori di aumentare dal 12 al 20% la quantità di succo naturale contenuto in tutte le bevande analcoliche vendute in Italia, che richiamano nel nome o nella descrizione un frutto. Si tratta di una misura che certamente avrà ricadute molto positive per i nostri produttori, soprattutto quelli di agrumi, ma rappresenta anche un importante passo avanti nell’ottica della tutela dei consumatori perché mette a loro disposizione un prodotto più ricco di frutta”.
Queste le parole del presidente di Fedagri-Confcooperative Maurizio Gardini: “ Accogliamo con molta soddisfazione la decisione di innalzare il contenuto di succo naturale di frutta dal 12 al 20% nelle bevande analcoliche assunta dal Governo. Si tratta di una decisione che arrecherà indubbi benefici sia ai consumatori sia alla filiera produttiva italiana. Ora auspichiamo che il comparto agrumicolo del nostro Paese possa trovare davvero un giovamento dalla nuova norma”.
Grande soddisfazione infine alla Coldiretti, che da anni chiedeva l’innalzamento della quantità minima di frutta nelle bevande e che commenta ora il provvedimento del governo Monti con questo comunicato stampa: “finalmente si dice basta alle aranciate senza arance. Ben cinquantamila chili di vitamina C in più all’anno contro l’influenza saranno bevuti dai 23 milioni di italiani che consumano bibite, grazie all’aumento del 20 per cento del contenuto minimo di frutta previsto dalla nuova norma. Come richiesto da anni dalla Coldiretti, il provvedimento praticamente raddoppia il contenuto di frutta nelle bibite fissato fino ad ora al 12 per cento, con la presenza di circa duecento milioni di chili di arance in più. Finalmente si inverte una tendenza e si inizia a dire basta alle aranciate senza arance che ingannano i consumatori costretti a pagare l’acqua come la frutta e che stanno facendo sparire il frutteto italiano, con gravi perdite economiche ed occupazionali. La norma concorre a migliorare concretamente la qualità dell’alimentazione e a ridurre così le spese sanitarie dovute alle malattie, dall’influenza all’obesità. Ed è peraltro fondamentale l’impatto economico sulle imprese agricole: l’aumento della percentuale di frutta nelle bibite potrebbe salvare oltre diecimila ettari di agrumeti italiani con una estensione equivalente a circa ventimila campi da calcio, situati soprattutto in regioni come la Sicilia e la Calabria. In ogni caso: consumare più frutta significa ridurre le malattie collegate direttamente all’obesità che sono responsabili del 7 per cento dei costi sanitari dell’Unione europea, ato che l’aumento di peso è un importante fattore di rischio per molte malattie come i problemi cardiocircolatori, il diabete, l’ipertensione, l’infarto e certi tipi di cancro”.
(Luigi Torriani)
… secondo me è anche probabile che il passaggio dal 12 al 20% di succo comporterà un aumento del prezzo delle bibite e … tanto per cambiare … pagherà il consumatore finale …