L’eccezionale ondata di caldo dell’estate 2012, la peggiore degli ultimi duecento anni insieme al 2003, non sarà ricordata soltanto per i disagi che ha causato agli italiani ma anche – e soprattutto – per i danni all’agricoltura. Un miliardo di euro di danni secondo la Coldiretti.
Oltre alla crisi, che ha portato alla chiusura di 50.000 aziende agricole italiane nel 2011, e 13.000 nei primi mesi del 2012, l’agricoltura italiana ha subito quest’anno altre due grandi mazzate inaspettate. La prima è il terremoto emiliano di fine maggio, che ha causato danni per 705 milioni di euro all’agricoltura e al settore agroalimentare. Poi è arrivato il caldo estivo assolutamente inusuale, con danni all’agricoltura che la Coldiretti stima in un miliardo di euro circa. Un’estate dunque da dimenticare, sia per il caldo sia per il vero e proprio crollo del turismo (e anche perché la vendita dei terreni agricoli dello Stato continua incredibilmente ad essere rimandata…).
A causa del caldo e della siccità sono andati persi: il 50% dei raccolti di pomodori nel Sud Italia, il 30% dei raccolti nazionali di mais, il 40% dei raccolti di soia, il 20% delle coltivazioni di barbabietola da zucchero e girasole, oltre a un calo del 10% nella produzione di latte legato allo stress da afa delle mucche. Un’ecatombe che la Coldiretti commenta in questi termini: “siamo di fronte ad effetti dei cambiamenti climatici nei confronti dei quali occorre intervenire con interventi finanziari per affrontare l’emergenza ma anche con misure strutturali come le opere per la conservazione dell’acqua e il necessario potenziamento degli invasi per l’avvenuta modifica della distribuzione della pioggia”.
E il maltempo degli ultimi giorni di agosto e dei primi di settembre? Potrebbe salvare i raccolti di tartufi e funghi (le condizioni ottimali per la crescita dei funghi sono terreni umidi senza piogge torrenziali, una buona dose di sole e 18-20 gradi di temperatura all’interno del bosco) ma arriva troppo tardi per tamponare adeguatamente i danni del caldo sull’agricoltura. Spiega Coldiretti: “le precipitazioni di questa fase sono importanti per spegnere gli incendi e ripristinare le scorte idriche nei terreni, negli invasi, nei laghi e nei fiumi a secco in vista delle prossime semine e per salvare alcune colture in campo, ma in generale arrivano troppo tardi e rischiano peraltro di aggravare i danni, soprattutto se accompagnate da grandine, come previsto. Se la pioggia è intensa i terreni secchi non riescono ad assorbire l’acqua, che cade violentemente e tende ad allontanarsi per scorrimento, con il pericolo di frane e smottamenti. Mentre la grandine provoca danni irreparabili alle colture in campo, come le uve pronte per la vendemmia”. Unica consolazione il boom delle vendite di frutta per via del caldo torrido…
(Luigi Torriani)