Il marchio Bio oggi funziona, e il crescente successo dei prodotti biologici si accompagna a una pesantissima crisi degli Ogm in Europa. Il problema è sapere cosa si acquista veramente, ed evitare di acquistare come “biologici” prodotti extraeuropei di dubbia qualità. Dal primo luglio 2012 la legge aiuta finalmente i consumatori, stabilendo l’obbligo del marchio comunitario per tutti gli alimenti biologici prodotti in Italia e negli altri Stati dell’Unione Europea.
Il fatturato dei prodotti biologici in Italia è triplicato negli ultimi dieci anni, passando da meno di un miliardo di euro del 2000 agli oltre tre miliardi di euro attuali. E nel primo bimestre del 2012 la vendita di prodotti alimentari biologici è cresciuta di un ulteriore 9% (rispetto allo stesso periodo del 2010). Eppure di recente l’immagine del marchio Bio ha avuto qualche appannamento, dalla questione dell’arsenico al maxisequestro di falsi prodotti biologici del dicembre 2011 fino a tutte le numerose denunce di Altroconsumo sulle truffe nel comparto del biologico italiano. Un classico problema è quello della mancanza di trasparenza sulla provenienza della materia prima. Ed è un problema generale dell’agroalimentare italiano, dai pomodori cinesi venduti come italiani al pecorino rumeno finanziato con soldi pubblici, i falsi prosciutti Made in Italy, il falso olio italiano, i falsi tartufi italiani, ecc.
Dal primo luglio 2012, per i prodotti biologici, qualcosa cambia (in meglio). È entrato in vigore l’obbligo di presentare in etichetta il marchio comunitario per tutti gli alimenti biologici preconfezionati prodotti in Italia e negli altri Stati dell’Unione Europea, con l’obiettivo di distinguerli da quelli importati da Paesi extracomunitari. Da ora in poi gli italiani che acquistano alimenti biologici possono verificare al colpo d’occhio se il prodotto è europeo o extraeuropeo. Come? Semplicemente guardando se sulla confezione è presente il logo biologico dell’Ue (“Logo di produzione biologica dell’Unione europea”, dal Reg. CE n. 271/2010), che è una “foglia europea” con dodici stelle bianche su fondo verde brillante con al centro una cometa. E nel campo visivo del logo devono figurare anche il numero di codice dell’organismo di controllo e il luogo di produzione delle materie prime agricole. Inoltre (solo in Italia, per disposizione politica nazionale): i prodotti ottenuti in Italia devono avere altre indicazioni aggiuntive (il codice di controllo deve essere preceduto dalla dicitura “Organismo di controllo autorizzato dal Mipaaf”, e deve essere indicato il numero di codice attribuito dall’OdC all’operatore: “Operatore controllato n. xxxx”). Attenzione però: il logo comunitario è obbligatorio solo per i prodotti biologici confezionati, mentre è facoltativo per i prodotti biologici non confezionati. Infine: continuano ad essere ad essere ammessi in etichetta, oltre al marchio Ue, anche altri loghi nazionali, regionali o privati.
Ma quali sono i criteri che un prodotto deve soddisfare per avere il logo biologico Ue? Le garanzie da rispettare sono le seguenti: almeno il 95% degli ingredienti agricoli sono stati prodotti con metodo biologico (solo in questo caso può comparire la parola “biologico” o “Bio” nella denominazione di vendita dell’alimento); il prodotto è conforme anche alle regole del sistema di controllo e certificazione approvato da ogni singolo Stato membro dell’Unione Europea;
il prodotto proviene direttamente dal produttore (se sfuso) o è preparato in una confezione sigillata; il prodotto porta il nome del produttore, del preparatore o del venditore e il numero del codice dell’organismo di certificazione che ha effettuato il controllo dell’ultima operazione prima dell’immissione in vendita.
(Luigi Torriani)