Dopo il terremoto del 20 maggio la stima, per l’agroalimentare, era stata di 200 milioni di euro di danni. Adesso, con l’ulteriore devastante sisma che ha colpito di nuovo l’Emilia Romagna martedì 29 maggio, i danni per il settore alimentare sono più che raddoppiati: si parla di 500 milioni di euro di danni. Una batosta epocale che sta mettendo in ginocchio il comparto produttivo della cosiddetta Food Valley, il distretto produttivo (province di Ferrara, Modena, Reggio Emilia, Bologna e Mantova) che da solo vale il 10% del Pil agricolo e che vanta alcuni tra i più prestigiosi marchi dell’agroalimentare italiano, su tutti il Parmigiano Reggiano, il Grana Padano, l’Aceto Balsamico di Modena e il Prosciutto di Parma.
Il primo bilancio della Coldiretti parla di 500 milioni di euro di danni, con la distruzione di caseifici, stabilimenti di lavorazione della frutta, cantine, acetaie di invecchiamento dell’aceto balsamico, magazzini di stagionatura dei formaggi Grana e Parmigiano, case rurali, stalle, fienili, macchinari, oltre alle centinaia di animali morti. Solo per l’aceto balsamico si stimano danni per 15 milioni di euro, mentre i macelli del Prosciutto di Parma sono praticamente fermi. Ma sono i formaggi i prodotti più colpiti dal sisma, con circa un milione di forme di Parmigiano Reggiano e di Grana Padano che sono state danneggiate cadendo a terra per la rottura delle cosiddette “scalere” (le scaffalature per la stagionatura). Sono rovinate a terra, precisamente, 633.700 forme di Parmigiano Reggiano e e 360.000 forme di Grana Padano. Per il Parmigiano Reggiano il danno è stimato in 150 milioni di euro, per il Grana Padano in 70 milioni (dati dei Consorzi di Tutela).
Il primo problema ora è quello delle strutture collassate (stalle, fienili, caseifici, magazzzini) che vanno al più presto ricostruite, ma non è l’unico. Le forme giovani che erano ancora entro i pochi mesi di stagionatura sono praticamente irrecuperabili, se non per essere destinate alla fusione o all’utilizzo come semplice formaggio generico da grattugia (a parte circa 3.000 forme danneggiate che la Coldiretti ha messo direttamente in vendita negli ultimi giorni, facendo leva sulla solidarietà della gente). Poi c’è il problema degli animali, che o sono morti o – se sopravvissuti – hanno ormai ritmi biologici alterati dallo sciame sismico (le mucche rifiutano di alimentarsi adeguatamente e non dormono, per cui la produzione di latte cala fino a oltre il 10-15%). Peraltro circa il 20% degli allevamenti colpiti manca della fornitura adeguata di cibo per gli animali a causa del crollo di molti magazzini che contenevano fieno e foraggi. Inoltre il terremoto ha causato un serio rischio idrogeologico nei territori colpiti. Gli importanti danni agli impianti idraulici e le frane impediscono il regolare deflusso delle acque portando alla totale sospensione del servizio irriguo per un’area della provincia modenese di circa 26.000 ettari (da Novi di Modena a Carpi, Campogalliano e Soliera, cioè in un territorio fondamentale per la frutticoltura, per la produzione del Parmigiano Reggiano e per la presenza di numerose risaie). Unica “consolazione” è che il Consiglio dei Ministri ha prorogato a settembre – per le azieende agricole delle aree terremotate – il pagamento di tutti i versamenti tributari e previdenziali, Imu compresa. Una misura dovuta che è stata più volte richiesta dalla Coldiretti e che farà slittare a dopo l’estate circa 150 milioni di euro di pagamenti.
(Luigi Torriani)