Di fronte alla Crisi la tentazione può essere quella di attivare delle politiche protezionistiche. È il caso dell’Argentina, che ha bloccato le importazioni di prosciutto da Italia, Spagna e Brasile. Una mazzata per il nostro Paese, che solo nel 2011 ha esportato in Argentina 264 tonnellate di salumi. Infuriata la Coldiretti, che parla di “misure ingiustificate, in contrasto con le regole dell’Organizzazione mondiale del commercio”.
L’export agroalimentare italiano è in continua crescita, e nel 2011 ha segnato il record storico di 30 miliardi di fatturato. In questo contesto volano in particolare le esportazioni dei vini e dei formaggi, ma anche quelle dei salumi (dati Coldiretti), in particolare del San Daniele (+2% nel 2011) e del Prosciutto di Parma (export complessivo a +4% nel 2011, con un +80% in Australia, +33,8% in Centro e Sud America, +15,7% in Giappone). Si aggrava tuttavia il problema dell’Italian Sounding, con il caso clamoroso del Prosciutto di Parma in Canada (il finto “Parma” canadese viene venduto con nome e logo del Parma italiano, mentre quest’ultimo deve essere venduto con un altro nome, “Prosciutto originale”!).
In questo contesto l’Argentina, Paese che ha importato nel 2011 264 tonnellate di salumi italiani, ha annunciato il blocco totale delle importazioni di prosciutto dai tre principali Paesi esportatori: Italia, Spagna e Brasile. In pratica è stato stipulato un accordo tra il Segretario del commercio interno Guillermo Moreno e i produttori argentini di carne suina: questi ultimi aumenteranno la produzione nazionale, mentre il governo impedirà l’ingresso di salumi stranieri.
Che fare? Il Brasile è già passato alla ritorsione bloccando le importazioni dall’Argentina di alcuni prodotti alimentari, tra cui mele, farina di grano e vino. Più difficile la situazione di Italia e Spagna, che non sono Paesi confinanti con l’Argentina e che non sono certo giganteschi mercati di sbocco per le merci argentine. Infuriata la Coldiretti, che parla di “misure protezionistiche del tutto ingiustificate” e di “decisione in contrasto con le regole dell’Organizzazione mondiale del commercio”. Una decisione che in ogni caso avrà pesanti ripercussioni sulle nostre aziende, e contro la quale – al momento – non c’è nulla di concreto che si possa fare. Anzi: la politica italiana, negli ultimi mesi, tutto ha fatto tranne che proteggere le produzioni nazionali. Prima è saltato fuori lo scandalo del pecorino rumeno, un pecorino spacciato come Made in Italy ma in realtà prodotto in Romania con tanto di finanziamenti pubblici italiani (essendo un prodotto di Lactitalia Srl, società partecipata dello Stato italiano). Poi è arrivato l’accordo sulle liberalizzazioni del commercio tra Unione Europea e Marocco, una batosta per l’agricoltura dei Paesi mediterranei. Nel frattempo, in Argentina, ci bloccano le esportazioni…
(Luigi Torriani)