Il fenomeno dell’ Italian Sounding conduce talvolta a situazioni grottesche e paradossali. Come in Canada, dove un’azienda canadese ha registrato il marchio “Parma”, per cui il vero prosciutto di Parma italiano deve essere venduto in Canada con un altro nome, “Prosciutto originale”, mentre il falso prodotto italiano (quello canadese) viene venduto con il nome di prosciutto di Parma! In questi giorni – addirittura – l’azienda canadese è riuscita, nella piena legalità, a scippare perfino il logo originale del prosciutto di Parma (la corona ducale).
Nonostante la crisi, l’export agroalimentare italiano funziona. E nel 2011 segna anzi un +9% rispetto al 2010 (dati Istat), raggiungendo il record storico dei 30 miliardi di fatturato. In particolare per i vini italiani il 2011 è stato un anno eccezionale per le esportazioni, con l’export che ha ormai saldamente oltrepassato i consumi interni rendendo i nostri vini i più bevuti nel mondo. Lo stesso vale per i formaggi, con il sorpasso sui formaggi francesi e un 2011 da primato per le esportazioni.
Ma i fenomeni del falso Made in Italy e della concorrenza sleale che i prodotti italiani di eccellenza sono costretti a subire in tutto il mondo non accennano a diminuire. E al momento non sono fenomeni illegali ma ‘truffe legali’, assolutamente consentite dalle legislazioni dei diversi Paesi interessati (con poche eccezioni, come il nuovo accordo tra la Comunità Europea e gli Stati Uniti per il riconoscimento di una tutela rafforzata al Prosecco). Clamoroso e incredibile è in particolare il caso del prosciutto di Parma in Canada. Questi, in sintesi, i fatti: la società Maple Leaf Foods (la magiore industria alimentare canadese) da diversi anni ha registrato il marchio “Parma”, per cui sul mercato interno può regolarmente commercializzare i suoi prosciutti con questo marchio; nel frattempo il vero prosciutto di Parma Dop, essendo il marchio “Parma” già registrato in Canada, deve essere venduto su quel mercato con un altro nome (il nome scelto è “Prosciutto originale”); sugli scaffali dei supermercati e dei negozi canadesi, quindi, nella zona dei prosciutti il cliente trova il “Prosciutto originale” (che in realtà è il Parma Dop italiano) e vicino trova il “Prosciutto di Parma” (che in realtà è prosciutto candese); negli ultimi anni, tuttavia, il Consorzio prosciutto di Parma aveva ottenuto dalle autorità canadesi il riconoscimento di “autorità pubblica”, potendo così impedire (legge canadese sui marchi, sezione 9) la registrazione della sua immagine, il logo della corona ducale con la scritta “Parma”; in questi giorni però la Corte federale di Ottawa, dopo ricorso della Maple Leaf Foods, ha deciso che “effettivamente il Consorzio non può essere considerato secondo la legge canadese come un’autorità pubblica”, quindi perde il beneficio di godere della sezione 9 della legge sui marchi, quindi non può più bloccare la registrazione della propria immagine; da adesso in poi, nei negozi canadesi, avremo dunque un prosciutto canadese che si chiama “prosciutto di Parma” e che ha anche il logo identico a quello del vero Parma Dop italiano.
Un’autentica follia che viene commentata in questi termini dalla Coldiretti: “il fatturato del cibo Made in Italy taroccato ha raggiunto nel mondo i 60 miliardi di euro, più del doppio del valore delle esportazioni originali di prodotti agroalimentari nazionali. La situazione del prosciutto di Parma in canada è una situazione paradossale, ma anche altrove la situazione è pessima. E a livello internazionale si stima che siano falsi più di due prodotti di tipo italiano su tre in commercio. La pirateria agroalimentare nel mondo utilizza impropriamente parole, colori, località, immagini, denominazioni e ricette che richiamano al nostro Paese per alimenti che non hanno nulla a che fare con la realtà produttiva nazionale. I Paesi dove sono più diffuse le imitazioni sono Australia, Nuova Zelanda e Nord America, ma a preoccupare sono anche i paesi emergenti come la Cina, dove il falso Made in Italy è arrivato prima di quello originale e rischia di comprometterne la crescita. Ad essere colpiti, insieme al prosciutto di Parma, sono i prodotti più rappresentativi dell’identità alimentare: dal Parma salami del Messico al Parmesao del Brasile fino al Parmesan diffuso praticamente in tutto il mondo. Il problema – continua la Coldiretti – riguarda tutte le categorie merceologiche come i pomodori San Marzano coltivati in Usa, lo Spicy thai pesto statunitense, l’olio Romulo con tanto di lupa venduto in Spagna, il Chianti prodotto in California, ma anche una curiosa mortadela siciliana dal Brasile, un salami calabrese prodotto in Canada, un barbera bianco rumeno e il provolone del Wisconsin. Bisogna combattere un inganno globale per i consumatori che causa danni economici e di immagine alla produzione italiana sul piano internazionale, cercando un accordo sul commercio internazionale nel Wto per la tutela delle denominazioni dai falsi. Ma è anche necessario fare chiarezza a livello nazionale ed europeo dove occorre estendere a tutti i prodotti l’obbligo di indicare in etichetta l’origine dei prodotti alimentari”.
(Luigi Torriani)