Le tasse non finiscono mai. La discutibilissima tassa sul junk food che il governo Monti ha intenzione di varare sarebbe una batosta senza precedenti per molti colossi dell’alimentare. Che non ci stanno. Il titolare di Amica Chips Alfredo Moratti, intervistato da Il Giornale, minaccia: se arriva davvero la tassa sul junk food “vendo tutto a una multinazionale e me ne vado dall’Italia”.
Con l’espressione junk food (“cibo spazzatura”) si indicano tutti quei cibi e quelle bevande che hanno un elevato contenuto calorico e sono al tempo stesso privi di qualsiasi sostanza nutritiva importante (quindi merendine, patatine, dolciumi industriali confezionati, snack, prodotti da fast food, bevande gassate e zuccherate). Prodotti che contengono quantità eccessive di grassi cattivi (saturi e idrogenati) o di zuccheri, senza apportare alcun beneficio in termini alimentari. Il Ministero della Salute, negli ultimi mesi, si è mosso molto sul fronte della lotta ai cibi junk food, considerati responsabili dell’obesità, e quindi dell’aumento delle patologie cardiovascolari e di altre malattie che in Italia finiscono poi in buona parte a carico del Servizio sanitario nazionale. Al Ministero della Salute hanno prima cercato un accordo con gli imprenditori per ridurre le quantità di zuccheri e grassi idrogenati, poi hanno pensato a un’etichettatura nutrizionale obbligatoria entro il 2016, infine hanno ripescato la vecchia idea di una tassa sui “prodotti-spazzatura”.
Che cosa comportrebbe, in concreto, la tassa italiana sul junk food, l’ha spiegato a Il Giornale Alfredo Moratti, il titolare di Amica Chips, l’azienda mantovana nota – tra l’altro – per la famosa pubblicità delle patatine con Rocco Siffredi. La tassa comporterebbe il pagamento di un euro per ogni chilo di prodotto. Nello stabilimento di Amica chips a Castiglione delle Stiviere (Mantova) si producono 75 tonnellate di patatine al giorno, per cui la tassa sarebbe di 75.000 euro al giorno. Una cifra importante anche per un’azienda in buona salute come Amica Chips, che esporta in 21 Paesi fino all’Indonesia, con un grande business anche nei Paesi islamici (Egitto, Arabia Saudita, Tunisia, Giordania), 210 dipendenti nell’azienda mantovana, che fattura 70 milioni di euro l’anno ed è seconda nella classifica nazionale degli snack salati, dietro la San Carlo (poi ci sono sedi anche in Spagna e in Inghilterra).
Chiarissimo il messaggio lanciato da Alfredo Moratti a Il Giornale: “pagare un’imposta aggiuntiva di 75mila euro al giorno? Piuttosto vendo tutto. Guardi, il discorso è semplice: i tecnici sono dei grandissimi (bip). Renato Balduzzi, il ministro della Salute, non capisce un (bip). Adesso hanno veramente rotto i (bip). Vogliono rendersi conto sì o no, questi (bip), che gli operai guadagnano poco e a noi costano troppo? Lo sanno che il 20 per cento dei miei dipendenti ha dovuto far ricorso alla cessione del quinto dello stipendio per mantenere la famiglia? Io li mando a (bip), vendo a una multinazionale e vado a pescare. Si rende conto? Hanno ventilato una tassa di un euro su ogni chilo di prodotto finito. Per noi vorrebbero dire 75.000 euro al giorno. In aggiunta agli oltre 4 milioni, fra imposte dirette e indirette, che già siamo costretti a versare ogni anno. Una follia“.
(Luigi Torriani)
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