Al di là di tutte le possibili analisi, c’è un dato quanto mai esplicito e inequivocabile sulla crisi dell’agroalimentare italiano: nel 2011 in Italia hanno chiuso oltre 50.000 aziende agricole, su un totale di circa 829.000 imprese iscritte al registro delle Camere di Commercio. In pratica oltre il 6% delle aziende agricole italiane hanno chiuso i battenti nell’ultimo anno. E la Coldiretti – che ha lanciato l’allarme – è tutt’altro che ottimista per il 2012. Che è iniziato malissimo.
L’allarme è stato lanciato dalla Coldiretti in un comunicato stampa, e poggia su un’analisi effettuata sulla base dei dati Movimprese relativi al 2011. Dati che parlano di oltre 50.000 aziende agricole che hanno chiuso nel 2011. Questa ecatombe ha cause strutturali che dipendono dalla crisi economica e dal cambiamento (al ribasso, tranne che per i discount, i cibi biologici e i Famer’s Market, che crescono) della spesa alimentare degli italiani, cambiamento analizzato da Coldiretti nella recente prima indagine su Gli italiani e l’alimentazione nel tempo della crisi. La contrazione dei consumi ha raggiunto in Italia livello sempre più preoccupanti, con i consumi interni in continuo ribasso che vengono soltanto parzialmente compensati da un export agroalimentare che è invece in continua crescita, soprattutto per i vini (mentre il settore vinicolo, in Italia, è sempre più oberato dalla burocrazia).
Ma i problemi non dipendono soltanto dal calo dei consumi. Altri gravissimi difetti del mercato italiano sono il falso Made in Italy e le agromafie, che alterano completamente la concorrenza togliendo enormi fette di mercato agli imprenditori italiani che rispettano le regole. E l’ultimo anno è stato segnato anche una serie di tendenze congiunturali che di certo non hanno aiutato. Prima di tutto la psicosi da Escherichia Coli, che ha determinato un giugno tragico nelle vendite, con un calo medio del 20% nei consumi di ortofrutta e con il 90% di cetrioli invenduti nelle fasi di massima emergenza. Poi l’estate pessima del settore ortofrutticolo, con la continua diminuzione del prezzo pagato dalla Gdo ai produttori, segnando il culmine di una tendenza che peraltro dura da anni (le pesche e le nettarine nel 2011 sono state pagate agli imprenditori agricoli la metà rispetto a dieci anni fa). Gli imprenditori agricoli del Centro Italia che vendono latte di pecora vendono ormai sottocosto, e i ritardi nei pagamenti da parte della Grande Distribuzione sono ormai cronici.
E il 2012 è iniziato malissimo. Con lo sciopero dei tir che ha portato allo spreco di 100.000 tonnellate di cibo con 200 milioni di danni per la filiera agroalimentare, e con il maltempo che secondo Coldiretti ha danneggiato l’agroalimentare italiano per una cifra che si aggira attorno ai 500 milioni di euro. Infine – ultima ma non certo ultima per importanza – è arrivata l’Imu, una stangata da un miliardo di euro per il settoe agricolo italiano. Questo il commento di Coldiretti: “a preoccupare per il 2012 oltre che gli effetti del maltempo e della crisi dei mercati, anche l’applicazione della nuova Imu che se non sarà adeguata alle specificità del settore sulla base delle conclusioni del tavolo fiscale rischia di avere un impatto insostenibile su terreni agricoli e fabbricati rurali, dalle stalle ai fienili fino alle cascine e ai capannoni necessari per proteggere trattori e attrezzi, andando a tassare quelli che sono, di fatto, mezzi di produzione per le imprese agricole”.
(Luigi Torriani)