Il recente accordo tra Unione Europea e Marocco sulla riduzione delle tariffe doganali e la parziale liberalizzazione del commercio agroalimentare sta già avendo – come ampiamente previsto a suo tempo da tutte le associazioni di categoria – degli effetti catastrofici sull’agricoltura dei Paesi dell’Europa mediterranea. Ma soprattutto si basa sull’istituzionalizzazione di una forma di concorrenza sleale fondata su una gravissima disparità di condizioni legislative e produttive. Vediamo di che si tratta.
L’accordo è stato approvato dal Parlamento europeo (369 voti a favore, 225 contrari, 31 astensioni) nel febbraio del 2012, ed è entrato in vigore il primo di ottobre. Questo, in sintesi, l’accordo: meno 55% per le tariffe doganali sui prodotti agricoli e di pesca marocchini in entrata (dal 33% attuale) e il 70% in meno per i dazi in uscita sui prodotti agricoli e di pesca dell’Ue in 10 anni (rispetto all’1% attuale). In pratica si sta andando verso la liberalizzazione del commercio tra Unione Europea e Marocco, cioè verso l’importazione in Europa di prodotti agricoli marocchini a tariffe doganali bassissime o nulle. Mentre quindi i dazi in uscita verso il Marocco saranno ridotti (del 70%) soltanto entro dieci anni, e peraltro non è chiaro con quale giovamento per l’agricoltura europea, i dazi in entrata per i prodotti marocchini sono già stati sensibilmente ridotti.
Con effetti catastrofici per l’agricoltura italiana. Mentre infatti gli agricoltori e i pescatori italiani devono fare i conti con prezzi pagati all’origine sempre più bassi e con costi di produzione sempre più alti (si pensi, per esempio, al caro gasolio per i pescherecci, all’impatto del caro benzina su campi e serre, e all’aumento dei prezzi del cibo per gli animali), nel frattempo si importano dal Marocco dei prodotti alimentari che – liberati dai dazi – vengono smerciati a prezzi sempre più bassi. Tutto questo in un Paese come l’Italia, dove gli alimentari costano il 6% in più della media Ue.
Non è difficile capire quale può essere l’impatto dell’accordo con il Marocco in questo contesto. A proposito di questo accordo il presidente di Coldiretti Sicilia Alessandro Chiarelli ha parlato di “fine dell’agricoltura siciliana”, perché i prezzi sempre più basse di arance, limone, e altra frutta e verdura importata dal Marocco costringeranno i produttori siciliani a scendere sempre di più con i prezzi, in una corsa al ribasso che rischia di diventare ben presto insostenibile rispetto al costo della filiera in Italia. Mentre l’importazione dal Marocco di pomodori a prezzi sempre più bassi ha determinato un crollo dei prezzi riconosciuti agli agricoltori italiani su livelli che secondo la Coldiretti “rischiano di far sparire la produzione di pomodori Made in Italy”.
Qual è il problema? Che ci lamentiamo per la fine dei nostri privilegi e l’avvento di un libero mercato con nuovi concorrenti? In realtà non ha nessun senso parlare di liberalizzazione dei commerci e di libero mercato in una situazione in cui i concorrenti non sono sottoposti alle stesse regole e agli stessi standard. Il caso dei pomodori (illustrato dalla Coldiretti in un recente comunicato stampa) è a questo proposito particolarmente emblematico: in Marocco nella coltivazione dei pomodori si possono utilizzare degli antiparassitari come il bromuro di metile che consentono un significativo incremento dell’efficienza e della produzione ma che sono vietati dall’Unione Europea perché danneggiano l’ambiente. Nessun teorico del liberalismo economico (o liberismo) potrebbe sensatamente parlare di libera concorrenza dove c’è un tale squilibrio nelle regole e nelle condizioni produttive.
Più in generale: sono troppo diverse le condizioni legislative tra Europa e Marocco. In Marocco il lavoro non è praticamente tutelato a livello sindacale, ci sono sistematiche violazioni dei diritti umani nel Sahara Occidentale, non esistono tutta una serie di norme in materia di sicurezza alimentare e di sicurezza sul lavoro, e i costi produttivi e del lavoro sono infinitamente più bassi rispetto a quelli europei, “con buona pace” – come ha scritto la Coldiretti – “dell’etica, della coerenza e della reciprocità delle regole produttive”. A questo proposito l’eurodeputato del Pd Rosario Crocetta ha recentemente sintetizzato la situazione in questi termini: “l‘accordo tra Ue e Marocco è basato sulla tutela di interessi e poteri economici forti, in cui vengono privilegiati gli interessi delle industrie del centro-nord europeo a danno dell’agricoltura meridionale”.
(Luigi Torriani)
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