La crisi degli Ogm in Europa va avanti da tempo. Con la multinazionale tedesca Basf che dopo aver annunciato l’arrivo delle patatine fritte Ogm, ha fatto marcia indietro e addirittura ha abbandonato la produzione europea per concentrarsi esclusivamente sul mercato americano. In Europa gli Ogm non funzionano, i cittadini non li vogliono e la condanna è bipartisan. In questo contesto ha suscitato una valanga di condanne unanimi l’apertura a sorpresa del ministro Clini allo sviluppo della ricerca e della coltivazione degli Ogm in Italia. E sono tutti infuriati per la provocazione del ministro, che ha accostato gli Ogm a prodotti tipici italiani come il riso Carnaroli, il pomodoro San Marzano, il basilico ligure, la vite Nero D’Avola, la cipolla rossa di Tropea.
Tutto parte da un’ intervista al Ministro dell’Ambiente Corrado Clini uscita il 15 marzo sul Corriere della Sera. Clini spiega prima di tutto che per la prima volta in sede di Unione Europea gli Stati membri, da sempre a maggioranza contrari agli Ogm, si sono spaccati, che cresce il fronte di chi apre agli organismi geneticamente modificati, e che “alcuni Paesi, fra cui l’Italia (e la Spagna e la Svezia e l’Ungheria), hanno accolto la proposta della presidenza danese, ovvero: il fatto che la Ue possa concedere sì le autorizzazioni agli Ogm, ma che poi ogni singolo Stato membro ha il potere esplicito di vietarle al suo interno”. Ma il ministro Clini è andato ben oltre questo semplice annuncio esprimendo una personale posizione fortemente favorevole agli Ogm, e affermando che “in Italia la posizione contro gli Ogm è bipartisan e da sempre compromette, in generale, la ricerca sull’ingegneria genetica applicata all’agricoltura, e alla farmaceutica, e anche a importanti questioni energetiche”, e che questa chiusura agli Ogm configura “un grave danno” per l’economia italiana. Infine – e questo è stato forse il passo dell’intervista che più ha fatto infuriare gli operatori di settore – Clini ha parlando di un “paradosso“, descrivendolo in questi termini: “la paura nei confronti degli organismi geneticamente modificati riguarda principalmente la possibilità che venga alterata la tipicità dei nostri prodotti agricoli. (…) [Ma] senza l’ingegneria genetica oggi non avremmo alcuni fra i nostri prodotti più tipici. Il grano duro, il riso Carnaroli, il pomodoro San Marzano, il basilico ligure, la vite Nero D’Avola, la cipolla rossa di Tropea, il broccolo romanesco: sono stati ottenuti grazie agli incroci e con la mutagenesi sui semi”.
Su quest’ultima affermazione è durisimo il commento di Coldiretti: “con le sue considerazioni superficiali e scorrette il Ministro dell’Ambiente Corrado Clini vuole forse affossare il basilico ligure, il riso Carnaroli, il pomodoro San Marzano, la Cipolla Rossa di Tropea e la vite nero d’Avola, che non mancheranno di subire gravi danni economici sul mercato dalle sue dichiarazioni. Da un Ministro tecnico ci si attenderebbe maggiore rigore scientifico e soprattutto attenzione sull’impatto di certe dichiarazioni su un sistema produttivo così importante per la crescita del Paese”. Sconcertato per il provocatorio accostamento tra Ogm e riso Carnaroli (varietà di riso ottenuta nel 1945 dall’incrocio tra Vialone nano, che ha un alto contenuto di amilosio e garantisce la tenuta in cottura, e il Lencino, riso lungo, grosso e molto perlato) anche il presidente del Consorzio di tutela e valorizzazione varietà tipiche di riso italiano, Piero Vercellone, che ha dichiarato: “il nostro consorzio dal 1997, anno della sua fondazione, si è prodigato nel tutelare le varietà storiche del nostro riso rispettando dei parametri agricoli di tradizione, e i nostri agricoltori sono i veri custodi di questa biodiversità. I concetti affermati dal Ministro hanno gravi ripercussioni sull’opinione pubblica e l’agricoltore che con sacrifici economici continua a coltivare il Carnaroli, proprio per salvaguardare una tipicità del nostro territorio, si trova ancor più svantaggiato con una perdita in termini di prestigio e valore del prodotto stesso“. Una durissima condanna delle parole di Clini arriva anche dal Consorzio del Basilico genovese Dop, che risponde così alla provocazione del Ministro: “il basilico genovese Dop è il frutto dei fattori naturali e umani della zona di origine, ovvero delle condizioni pedoclimatiche e delle conoscenze tecniche dei coltivatori locali. Affermazioni di questo genere non riservano il dovuto rispetto al frutto del lavoro di generazioni di agricoltori che hanno reso famosa nel mondo una produzione straordinaria e vanificano il lavoro di informazione capillare e seria portato avanti dal Consorzio di tutela. Le affermazioni di Clini dimostrano purtroppo l’approssimazione con la quale vengono trattati e diffusi argomenti che meriterebbero grande attenzione”.
Innumerevoli, e bipartisan, sono poi i commenti critici alle parole di Clini giunti dal mondo politico italiano. Il ministro delle Politiche agricole, Mario Catania, ritiene che quelle di Clini siano soltanto “valutazioni personali” e che in ogni caso “non è conforme agli interesi del nostro sistema agroalimentare un’apertura agli Ogm”. Anche il Pd, attraverso il capogruppo alla Camera Dario Franceschini, relega quella di Clini a “opinione personale” e spiega che “l’agricoltura italiana deve puntare sulla qualità e l’eccellenza e non sugli ogm. E sarà così”. Ermete Realacci, responsabile green economy del Pd, parla addirittura di dichiarazioni “sconcertanti e fuorvianti”, e aggiunge: “è vero che molti dei prodotti agricoli che finiscono nelle nostre tavole sono varietà figlie di incroci e selezioni nei secoli e che la ricerca in campo agroalimentare è una strada da perseguire, ma altra cosa è aprire il fronte alle produzioni transgeniche che non hanno nulla a che fare con la qualità e la forza economica dei nostri prodotti agricoli”.
Per il sindaco di Roma Gianni Alemanno “è sbagliato dare segnali a favore degli Ogm. Io stimo molto il ministro Clini ma non condivido questa scelta di sostenere o comunque di aprire dei varchi per gli Ogm nell’agricoltura e in altri settori”. Mentre Giorgia Meloni, deputato Pdl ed ex ministro della Gioventù, chiarisce he in ogni caso quello degli Ogm è “un tema sul quale non spetta a un governo tecnico decidere. Per queste cose ci vuole un mandato degli italiani”.
Di fronte a questo fuoco incrociato il ministro Clini ha poi fatto una parziale marcia indietro, spiegando che “resta fermo il divieto degli Ogm in Italia ma è insensato frenare la ricerca”. Questo il commento di Coldiretti nell’ultimo comunicato stampa: “il passo indietro del Ministro Corrado Clini è giustificato dai numeri e comunque nessuno ha mai fermato la ricerca tanto che in Italia non è stata mai vietata. In Europa sono coltivati con organismi geneticamente modificati (Ogm) appena 114.290 ettari di terreno, pari a molto meno dello 0,001 per cento della superficie agricola totale europea che è di 160 milioni di ettari, secondo una analisi della Coldiretti sulla base dei dati dell’International Service for the Acquisition of Agri-biotech Applications (ISAAA). Dati che evidenziano che le superfici sono rimaste praticamente stabili negli ultimi cinque anni nonostante le pesanti pressioni delle multinazionali sui poteri ‘salvifici’ del biotech. Inoltre su un totale di 27 paesi europei sono solo 8 quelli dove si coltivano gli Ogm: in 6 è stato è coltivato mais biotech (Spagna, Romania, Slovacchia, Portogallo, Polonia, e Repubblica Ceca) e in tre paesi (Germania, Svezia e Repubblica Ceca) patata ‘amflora’ da seme. La contrarietà delle Istituzioni della stragrande maggioranza dei paesi Europei e degli agricoltori è dovuta all’atteggiamento contrario dei cittadini europei, come dimostra l’ultimo sondaggio Eurobarometro dal quale emerge che una netta maggioranza del 61 per cento, in aumento rispetto al 57 per cento del 2005, è molto contraria ai cibi geneticamente modificati. Tale percentuale è più alta in Italia dove il 71 per cento degli Italiani ritiene che i cibi biotech siano meno salutari di quelli tradizionali, secondo monitoraggio effettato dalle indagini Coldiretti/Swg. Il fatto che la percentuale sia rimasta sostanzialmente stabile nel tempo dimostra che si tratta di un convincimento fortemente radicato nella popolazione. Una agricoltura che guarda al mercato deve rispondere ai bisogni dei cittadini che chiedono di consumare alimenti sani, senza modificazioni genetiche, in un ambiente non contaminato. E il successo del cibo italiano sta proprio nell’aver investito nella distintività e nel legame con il territorio che sono tutto il contrario della omologazione promossa dal biotech”.
(Luigi Torriani)